Editoria e mancanza di fiducia nel futuro

Eventi come The Economy of Francesco o il Festival Nazionale dell’Economia Civile di Firenze testimoniano come numerosi giovani si impegnano in attività aziendali che mettono al centro la persona e la Casa comune, e che favoriscono un futuro sostenibile per l’umanità. Intervista a Monica Pairone e Gregorio Pellegrino dell’editrice Effatà

Monica e Gregorio sono due giovani sposi che gestiscono la casa editrice Effatà a Torino provando, nel loro quotidiano, a essere promotori di un cambiamento sociale ed economico che guardi al bene comune. Nella sfera affettiva, quello che li ha aiutati a scegliere la strada del matrimonio è stata la fiducia nel futuro, una progettualità condivisa e l’intenzione di diventare insieme qualcosa di utile per la società.

Nell’ambito lavorativo, la rete che si è creata con altri imprenditori dell’Economia di Comunione, anche tramite l’Associazione Italiana Imprenditori per un’Economia di Comunione (AIPEC) di cui sono soci, nonché con i giovani conosciuti nella realtà di Economy of Francesco è per loro molto importante nel momento di prendere scelte strategiche per l’azienda, in linea con i loro ideali.

Con la loro attività, si sforzano per la promozione di un’economia e una finanza più giusta, cercando di contribuire allo sviluppo di un modello di mercato più sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale e umano. Hanno imparato che «solo scoprendo la propria vocazione come persone singole, capendo il nostro senso nel mondo e coltivando le passioni vere, quelle che soddisfano appieno, un giovane può fare la differenza».

Secondo il rapporto giovani 2022, perdono rilevanza i progetti di vita familiare, tra cui convivere, sposarsi o avere un figlio. Come mai come voi due avete scelto la strada del matrimonio? Quali sono i vantaggi di partecipare socialmente nella realtà di oggi come sposi? 

Durante gli anni di fidanzamento – che per varie ragioni è stato un periodo lungo – abbiamo scoperto di condividere dei valori e degli ideali che ci hanno sempre fatto serenamente impegnare nella quotidianità, come singoli. Fin da subito ci siamo sentiti una bella squadra.

Oltre all’amore e al rispetto reciproco, ci hanno aiutati a prendere il volo la fiducia nel futuro, una progettualità condivisa e l’intenzione di fare di noi due, insieme, qualcosa di utile per il mondo. Abbiamo intravisto qualcosa di più che la nostra sola vita. Dirlo ora fa sorridere: quando eravamo ancora fidanzati, ci sembrava che prima o poi avremmo dovuto prendere una decisione molto più grande di noi. E ad un certo punto, ci siamo decisi a procedere verso questa avventura.

Sposandosi, ci si presenta per quelli che si è davanti ad una comunità: ci abbiamo messo la faccia. Il matrimonio è un atto pubblico, dove si prende consapevolezza di diritti e di doveri e dove si manifesta di fronte ad altre persone la propria volontà di assumersi, come cittadini, delle responsabilità, anche al servizio della comunità, della collettività.

A livello sociale, essere una famiglia può fare la differenza, perché anche solo in due si è maggiormente in grado di aiutarsi l’un l’altro e si può collaborare con maggiori energie e talenti anche con gli altri. Insieme si può essere generativi, nel più ampio significato del termine. Ma sono cose, che per la maggior parte dei casi, anche una persona da sola può mettere in campo. Quello che cambia forse, per tutti, in qualsiasi condizione di vita, è l’atteggiamento e la mentalità con cui si vive in società.

Com’è il vostro lavoro di gestione di una casa editrice? Come vi permette di realizzarvi personalmente e raggiungere i vostri obiettivi migliorando le vostre abilità? 

In generale il mercato editoriale è complesso, con una lunga filiera e con marginalità molto basse, stare in piedi è un gioco di equilibrio. In più l’editoria religiosa è in calo da oltre 10 anni, rendendo sempre più difficile operare: basti pensare che solo nel 2022 sono fallite due aziende editoriali più grandi di noi e nostre competitor.

In questo panorama complesso lavoriamo quotidianamente da una parte facendo molta attenzione ai numeri, pesando ogni scelta, controllando ogni spesa… dall’altra investendo in nuovi canali di vendita, nuove modalità di fruizione dei contenuti, nuovi mezzi per raggiungere i nostri lettori.

Queste competenze le abbiamo acquisite in un continuo studio di manuali (principalmente stranieri) sulla gestione proficua di una microimpresa e più nello specifico di una casa editrice; le nostre letture alla sera o durante le ferie sono spesso dedicate ad approfondire tematiche sfidanti: dal controllo di gestione, alla gestione finanziaria, al marketing, alla definizione di processi, ecc.

Mettere in pratica ciò che apprendiamo, adattarlo al nostro contesto e poi vederne i risultati è molto appagante. Agli occhi esterni sono piccoli cambiamenti, a volte impercettibili, ma per noi significano un grande risultato.

Come contribuite con il vostro impegno lavorativo nella costruzione di una società più giusta e inclusiva? 

Come operatori economici un aspetto importante del nostro impegno è il confronto sincero con gli altri editori, i nostri concorrenti. Entrambi siamo infatti impegnati nelle associazioni di categoria (Unione degli Editori e Librai Cattolici e Associazione Italiana Editoria) dove lavorando con i colleghi nei consigli direttivi cerchiamo di operare piccoli cambiamenti della filiera, che possano essere a beneficio di tutti.

Negli anni siamo riusciti a contribuire a far dialogare i diversi attori della filiera editoriale (editori, distributori, promotori, grossisti, librai) al fine di ridurre gli sprechi e aumentare le marginalità anche dei più piccoli, evitando di essere schiacciati dai grandi operatori di mercato. Con i nostri competitor non mancano occasioni di confronto, in cui ci si passa consigli e nuove conoscenze acquisite, con la consapevolezza che essendo tutti sulla stessa barca, sia importante progredire insieme.

Come operatori culturali la nostra attenzione nella selezione dei testi ha come obiettivo l’accrescimento di conoscenza e consapevolezza dei nostri lettori, non solo da un punto di vista contenutistico, ma anche da un punto di vista spirituale. Siamo convinti che questo possa essere un piccolissimo contributo al miglioramento della società.

Qual è il vostro contributo nella sfera sociale, di volontariato, ecc.?

La rete che si è creata con altri imprenditori dell’Economia di Comunione, anche tramite l’Associazione Italiana Imprenditori per un’Economia di Comunione (AIPEC) di cui siamo soci, nonché con i giovani conosciuti nella realtà di Economy of Francesco è per noi molto importante. In alcuni momenti in cui sono da prendere scelte strategiche per l’azienda, potersi confrontare con imprenditori con ideali affini ai nostri è per noi molto importante: condividere gioie e difficoltà, per non sentirsi soli.

All’interno di queste realtà dedichiamo parte del nostro tempo lavorativo e del tempo libero nella promozione di un’economia (e una finanza) più giusta. Pensiamo che il cambiamento possa avvenire solo dalla somma di due forze: una dal basso, tramite movimenti di massa che sensibilizzino l’opinione pubblica su questi temi; l’altra dall’alto, tramite l’azione della politica, al fine di stimolare il mercato verso modelli più sostenibili, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale e umano.

Tra le persone attorno a voi, percepite lo stesso impegno e desiderio di far parte del cambiamento? Cosa manca secondo voi per stimolare questa partecipazione o motivazione tra le nuove generazioni? 

Abbiamo una rete di amici con cui condividiamo gran parte dei valori che ci guidano, ma abbiamo anche molti amici che vedono il mondo in un’ottica diversa. Non per questo da parte loro c’è un minore apporto alla società.

Allo stesso tempo però constatiamo che molti giovani, anche professionalmente impegnati e culturalmente all’altezza di sfide importanti, ci sembra che lascino scorrere la vita senza desiderare di lasciare un segno, senza una volontà di cambiare il mondo. Chi si impegna per cambiarlo, allo stesso tempo, fa molta fatica.

Ci pare che manchi un sogno, che manchi la benzina alle idee dei più brillanti: come se ci fosse un deficit di fiducia nel futuro.

Abbiamo imparato che solo scoprendo la propria vocazione come persone singole, capendo il nostro senso nel mondo e coltivando le passioni vere, quelle che soddisfano appieno, un giovane può fare la differenza. Non saremmo arrivati sulla luna, senza qualcuno che l’ha sognata per davvero.

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