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Economia e politica in tempi incerti. Le ragioni di un dossier

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

Le ragioni del dossier che apparirà nel numero di ottobre di Città Nuova. Per andare oltre il fatalismo delle diseguaglianze inaccettabili e la concentrazione di potere economico e finanziario in sempre più ristrette élite

Un trader al lavoro nella Borsa di New York EPA/JUSTIN LANE

Il dossier in uscita come inserto del numero di ottobre 2025 di Città Nuova sarà incentrato sul rapporto tra economa e politica con l’intenzione di offrire alcuni spunti per rispondere ad una domanda centrale del nostro tempo.

Perché non esiste una forte reazione contro la spudorata ed esibita crescita delle diseguaglianze che conduce alla concentrazione di enormi capitali in ristrette élite?

Secondo il rapporto 2025 di Oxfam, «nel 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta, in termini reali, di 2.000 miliardi di dollari, pari a circa 5,7 miliardi di dollari al giorno, a un ritmo tre volte superiore rispetto all’anno precedente. Entro un decennio si prevede che ci saranno ben cinque trilionari. Il numero di persone che oggi vivono in povertà, con meno di 6,85 dollari al giorno, è rimasto pressoché invariato rispetto al 1990 e, alle tendenze attuali, ci vorrebbe più di un secolo per portare l’intera popolazione del pianeta sopra tale soglia.

In Italia il 5% più ricco delle famiglie italiane, titolare del 47,7% della ricchezza nazionale, possiede quasi il 20% in più della ricchezza complessivamente detenuta dal 90% più povero».

La pulsione “antiumanistica” che riduce la persona a cosa e l’assuefazione verso “il fatalismo economico” è al centro della profonda analisi proposta da Pierre Yves Gomez su “L’astuzia del capitalismo” Città Nuova 2025.

Nello sbandierato tramonto delle ideologie si è imposta di fatto, una narrazione dominante elaborata da 50 anni di lavoro incessante di think tank pervasivi come ha ricostruito Marco D’Eramo in “Domino, la guerra invisibile dei potenti contro i sudditi” Feltrinelli 2020.

Anche in ambienti insospettabili si riscontra «l’interiorizzazione del capitalismo finanziario globale come unico futuro pensabile del pianeta» con effetti devastanti sull’ambiente e sulla preparazione inevitabile allo scontro bellico. I nuovi record di spesa in armamenti certificate dal Sipri di Stoccolma fotografano la trasformazione progressiva dell’economia in assetto di guerra.

Senza l’orizzonte di una reale alternativa, «è più facile pensare alla fine dl mondo che alla fine del capitalismo», come ha detto il poliedrico pensatore Mark Fisher segnato da una fine tragica.

In questo scenario anche le forme di economia civile, comunque declinate, rischiano di rivelarsi attività di tipo consolatorio, Una nicchia “virtuosa” tollerata dal sistema perché incapace di mettere in crisi l’idolatria del denaro e “l’economia che uccide” denunciata da papa Francesco.

La stessa informazione, vera e approfondita, rischia di produrre depressione invece della reazione di una coscienza comune davanti all’ingiustizia.

Questo dossier, assieme all’intervista a Benedetto Gui nella rivista, vuole far emergere, quindi, la resistenza irriducibile dell’umano ad un destino che non è affatto inevitabile. Le cose nuove , le rerum novarum, esigono risposte creative e credibili.

 

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