Mi sono entrati in casa i ladri e me l’hanno svuotata. Tornavo dalle vacanze felice e mi aspettava questa brutta sorpresa. Pure i mobili si sono portati via! In cucina non c’era più niente.
Non so se per prendermi in giro, hanno lasciato solo una sedia. Mi ci sono accovacciato sopra al centro di una camera vuota e ho pianto come un bambino. Dopo che ho versato tutte le lacrime che avevo in corpo, mi sono calmato.
Ho riaperto gli occhi a guardare la stanza desolata e ho provato malinconia per i ricordi che c’erano nella roba che mi avevano trafugato. Però, nello stesso tempo, nella calma dopo la tempesta, faceva capolino un sentimento rassicurante…
Che cose imprevedibili possono accadere mentre soffri! In un lampo m’è salita dalla pancia un’idea. Ho capito che c’era un gioiello che non avevano potuto rubare, la cosa più preziosa che ho, la pace! La rabbia dei primi momenti non s’era trasformata in odio, non mi aveva cambiato i connotati dell’anima.
La stanza era vuota, ma tutte le cose che avevo perso, comunque, erano in qualche modo rimpiazzabili. Mi sono chiesto se poteva esserci un aspetto positivo in questa disavventura e già farmi la domanda significava che c’era, lo capivo, lo sentivo.
La stanza era vuota e io mi sono visto misteriosamente come in una chiesa… Mi sono inginocchiato e ho iniziato a pregare per i ladri che mi avevano devastato casa. Non per giustificarli, dopo sono andato anche a fare la denuncia ai carabinieri, ma sentivo che non dovevo dargli il mio cuore. Il mio cuore è un cuore in pace, non volevo lasciarmi rubare anche quella. Ho pregato per loro perché trovino in qualche modo quello che ho trovato io, e che mi ha reso quello che sono.
Poi, piano piano, mi sono ricordato cosa sta succedendo nel mondo, le creature che stiamo perdendo ogni giorno per mano di una violenza brutale che ha preso il sopravvento. Ho iniziato a pregare più forte, con più cuore, e ho chiesto che a me e a tutti quelli che ripudiano guerra e violenza, non sia cavata da dentro la pace. Ho pregato per quelli di Gaza e per l’Ucraina. Ho pregato per i russi e siccome sono un’artista, ho pensato a Dostoevskij e a Tolstoj, che ho amato tanto, e gli ho chiesto una mano, che loro qual cosa sicuramente potranno fare, perché devono essere per forza in paradiso con gli angeli.
Alla fine, ho creduto che la vita non finisce qui, la vita ha che fare con l’eternità. Nella pace che ho alimentato pregando, mi sono ricordato dell’eternità, e ho capito cosa c’era di positivo in quello che mi era capitato. Questo povero e piccolo cuore è un luogo in cui la pace rende visibile qui, dove sono, l’eternità. Magari qualcuno che non l’ha mai incontrata e si è messo a rubare, la potrebbe vedere per la prima volta, come un giorno, per merito di qualcuno, è capitato anche a me.