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Il dramma della Siria dimenticata

di Bruno Cantamessa

- Fonte: Città Nuova

Bruno Cantamessa Autore Citta Nuova

La guerra è congelata da 3 anni. Per le “potenze” regionali e internazionali, Siria è una parola che fa sempre meno rima con siriani, ma si coniuga meglio con potere, controllo, armamenti e strategie; tutt’al più con profughi usati come merce di scambio o con mercenari. Il racconto del cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria da 14 anni, parla dei siriani di oggi e della loro vita

 

Siria
Una tra le decine di migliaia di vedove e mogli di militanti dell’IS che sono state detenute nel miserabile e illegale campo di al-Hol nel nord-est della Siria dopo che la coalizione guidata dagli Stati Uniti e le forze curde siriane hanno liberato l’IS dalla Siria nord-orientale nel 2019. (AP Photo/Baderkhan Ahmad)

È apparso nei giorni scorsi sul settimanale della Diocesi di Verona un accorato appello (non è il primo né sarà purtroppo l’ultimo) del cardinale Mario Zenari, da oltre 14 anni nunzio apostolico in Siria. «Oggi la situazione è più difficile di quando cadevano le bombe – racconta monsignor Zenari –. Manca tutto: dai medicinali al gasolio, buona parte della popolazione si accontenta di un paio di ore di elettricità al giorno. Una guerra che dura dal 2011 ha provocato più di mezzo milione di vittime, delle quali 20 mila erano bambini. Ci sono oltre 13 milioni di sfollati dalle proprie case, metà dei quali hanno varcato il confine. I giovani, soprattutto i più qualificati, se ne vanno all’estero a cercare fortuna. La mia Siria assomiglia ogni giorno di più a un gigantesco cimitero».

In realtà, ormai di Siria ce ne sono almeno tre, ognuna delle parti funzionale agli interessi di chi la controlla. La parte rimasta al regime di Assad è “utilizzata” dall’Iran (e da Hezbollah) e “tutelata” dalla Russia, che ha le sue basi militari lungo la costa mediterranea, quella navale a Tartus e quella aerea nei pressi di Latakia. La vasta zona parzialmente desertica ed est dell’Eufrate (ma ricca di pozzi di petrolio), che i curdi siriani hanno liberato dai miliziani dello Stato Islamico (2014-2019), è rimasta sotto il controllo dei militari curdi: Forze democratiche siriane (Sdf) e Unità di protezione del popolo (Ypg), armate e sostenute, pur fra alterne vicende, dagli Stati Uniti, che qui mantengono una presenza militare, anche se ridotta rispetto al passato. Nord e nordest, infine, sono da tempo occupati dalla Turchia, che vorrrebbe espandersi per “contrastare” (verbo improprio, le intenzioni sono piuttosto orientate verso: eliminare) i curdi a casa loro, ma è tenuta a bada, paradossalmente, sia da Usa che Russia; mentre nel nordovest (Idlib) si trovano i resti di numerose milizie, in gran parte filoturche e anche jihadiste, scacciate dal resto della Siria. Su tutto e tutti incombe infine l’incubo degli attacchi improvvisi e spesso anonimi dei caccia israeliani, occhiuti gendarmi anti-iraniani.

Situazione bloccata da tre anni in un’improbabile condizione di stallo. Così prosegue monsignor Zenari: «Da almeno tre anni non ne parla più nessuno [della Siria]. La pandemia, la crisi, le altre guerre… e così siamo sprofondati nell’oblio. In più, la complessa situazione mondiale si sta riflettendo su quel Paese, dove purtroppo convergono le attenzioni di molte potenze straniere, sulla pelle dei siriani. La soluzione di questa spaventosa crisi è solo politica, ma si allontana ogni giorno di più».

I siriani rimasti vivono in una ormai cronica condizione di povertà, in particolare i più vulnerabili come donne sole, bambini senza famiglia e persone disabili. La relazione 2022 dell’Unhcr sottolinea soprattutto la difficile condizione di molti bambini che abbandonano la scuola per lavorare e l’aumento dei matrimoni precoci (delle bambine), specialmente tra le famiglie più impoverite. A livello globale, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati constata che «i bisogni umanitari in Siria continuano a crescere. Più di 6,9 milioni di persone sono ancora sfollate all’interno del Paese e 14,6 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari e di altre forme di assistenza. Circa 5,9 milioni hanno bisogno di aiuto per soluzioni abitative sicure, e molti hanno ancora grandi difficoltà nell’accesso ai servizi di base, come l’istruzione e l’assistenza sanitaria».

A fronte di tutto ciò, l’Unhcr rivela che nel 2021 ha ricevuto il 7% dei 465,2 milioni di dollari, cioè 33 milioni circa, che ha stimato necessari al sostegno della popolazione.

Le “attenzioni” delle potenze straniere – come le chiama il nunzio Zenari – non riguardano certo i siriani e le condizioni drammatiche in cui vivono: per i potenti in causa i siriani sono qualcosa che sta fra “gli effetti collaterali” e “gli strumenti di pressione”. Per esempio, in un recente importante incontro (19 gennaio) a Washington tra il ministro degli Esteri turco Cavasoglu e il segretario di Stato Usa, Blinken, si è parlato anche di Siria. Ma in questi termini, come riferisce l’agenzia Agi: «Erdogan avrebbe voluto un’operazione di terra nel nord della Siria, piano riproposto più volte nei mesi scorsi e mai realizzato, anche per il no di Washington, che ha uomini sul territorio, oltre che di Mosca. Un doppio no che ha fermato i carri armati di Erdogan, che ora chiede garanzie sia al Cremlino che alla Casa Bianca, impegnatesi in passato a liberare il confine turco dai miliziani curdi Ypg».

Le parole accorate di monsignor Zenari non trovano sul campo vie d’uscita o diplomazie di approccio: ma nel dolore per il dramma della “sua” Siria, il nunzio esprime almeno una condivisione sinceramente umana.

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