Dopo il referendum. Far politica senza essere un partito

Ripartire da una legge elettorale condivisa, dalla democrazia interna ai partiti chiamati a riscoprire i loro ideali autentici. Attraversare i conflitti rimanendo dentro le contraddizioni delle divisioni. La sfida del Movimento politico per l’unità nell’intervista al presidente Silvio Minnetti
Silvio Minnetti

Nel pieno della campagna referendaria sulla riforma costituzionale, bocciata poi il 4 dicembre dalla maggioranza dei votanti, su cittanuova.it abbiamo pubblicato e rilanciato l'appello del presidente del Movimento politico per l’unità Italia, Silvio Minnetti, ad affrontare questo momento della democrazia in maniera responsabile e attiva senza dar fuoco a una tradizionale divisoria guerra tra guelfi e ghibellini, ma rivolgendo lo sguardo alla ricostruzione di un tessuto di convivenza civile dal 5 dicembre in poi. Una prospettiva sempre più necessaria davanti alle sfide della crisi di governo aperta con le dimissioni di Renzi.

A Minnetti abbiamo rivolto qualche domanda per capire come si pone il Mppu in questa fase della politica italiana.

 

Il vostro appello non era un invito generico al dialogo, il Movimento non è uno spazio neutro, cioè solo una stanza di compensazione per facilitare il dialogo tra le parti. Come è andata?

Abbiamo fatto un forte invito al dialogo su Città Nuova che ha svolto un serio lavoro di informazione durante la lunga campagna referendaria dando spazio, nel merito della riforma costituzionale, alle ragioni del Sì e del No. Nonostante l’appello del Movimento politico per l’unità, ha prevalso la politicizzazione dello scontro rispetto a chi invitava, come noi, a un confronto sereno e razionale solo nel merito degli articoli della legge.

Errore fatale è stato la personalizzazione precoce del voto confermativo di una legge approvata dal Parlamento, che ha avuto la capacità di coagulare tanti No, pur essendo politicamente inconciliabili tra loro. Accanto alle ragioni legittime e argomentate dei costituzionalisti sulla disarmonia e forzature della riforma, il voto da destra e sinistra per mandare a casa il Premier, il voto di pancia di chi si è sentito “dimenticato” dalle politiche governative: i giovani, il ceto medio impoverito, il Sud, i lavoratori esclusi dal mercato del lavoro, i milioni di poveri assoluti e relativi. Tuttavia non possiamo dimenticare che il 40% degli elettori ha confermato la riforma.

 

Di fronte alle scelte difficili ma necessarie del post referendum, quali sono i punti determinanti secondo voi per tenere assieme rappresentanza e governabilità?

Il Mppu è uno spazio per attraversare i conflitti con il metodo della fraternità, che garantisce libertà e pari dignità delle posizioni, ascolto reciproco, messa in discussione delle proprie idee, maturazione di un pensiero  complesso dal  punto di vista dell’unità del Paese in un mondo unito e per il bene di tutti. Non è uno spazio neutro o una stanza di compensazione sindacale tra centro, sinistra, destra e movimenti che si definiscono oltre la destra e la sinistra. Il Mppu sceglie l’unità del corpo sociale e politico come unico criterio per valutare, discernere e orientare la cittadinanza attiva.

I punti fondamentali per tenere assieme rappresentanza e governabilità sono: 1) una legge elettorale condivisa, sulle regole del gioco della casa comune, per assicurare nel voto imminente una maggioranza armonica tra Camera e Senato, stabilità del governo eletto dai cittadini, rappresentanza in un sistema politico tripolare. Stiamo creando spazi di ascolto reciproco su questo tra parlamentari ed esperti a Montecitorio; 2) una legge sui partiti, ai sensi dell’art. 49 della Costituzione, per garantire trasparenza dei finanziamenti, legalità e democrazia interna nella selezione della classe dirigente; 3) ricostruzione delle culture politiche intorno a ideali e valori, in stretta collaborazione con la società generativa e dei corpi intermedi, per non ridursi a meri cartelli di interessi per la pura conquista del potere senza garantire stabilità di governo; 4) una narrazione politica collettiva, e non personale di un leader solitario, capace di interpretare i bisogni reali dell’Italia, a partire dagli ultimi, dagli esclusi, da chi arranca nella vita quotidiana.

 

E ora, quale percorso ritenete percorribile in Italia?

La lunga transizione italiana verso una vera Seconda Repubblica o Terza, come alcuni dicono, finirà solo se le forze politiche dei tre schieramenti saranno capaci di guardare oltre gli interessi elettorali di “bottega”, di ascoltare una società in crisi da decenni e il grido di dolore che viene da milioni di cittadini “dimenticati”. Occorre pertanto elaborare seri programmi di governo e alleanze stabili tra forze politiche, anche trasversali nell’emergenza, per uscire da una drammatica crisi economica e finanziaria e dalla prima crisi politica della globalizzazione, dopo Brexit, elezione di Trump, “Terza guerra mondiale a pezzi”, rischio deflagrazione dell’Unione europea, nazionalismi e populismi vari.

 

In questi ultimi anni vi siete esposti nel merito su alcune questioni di rilevanza costituzionale, dalla guerra (articolo 11) alla questione dell’azzardo incentivato (articolo 41 sulla libertà d’impresa). Qual è stata la vostra esperienza? Come si può agire in maniera efficace pur essendo consapevoli di poter muovere una minoranza che agisce secondo coscienza, senza contropartite elettorali o gruppi di interesse? Si può fare politica così? 

Si può fare politica così pur non essendo un partito. Si può prendere posizione sulle ferite dell’umanità, a favore della pace contro il commercio di armi, della salute contro l’azzardo patologico, della libertà dal bisogno contro la povertà, dell’integrazione dei rifugiati contro la xenofobia. È un'esperienza pluriennale molto positiva, che ci mette dentro i conflitti sociali, e non in una comoda tribuna da spettatori, con una carica ideale, a fianco di movimenti e associazioni in rete, che già si muovono in questi campi da anni nel mondo cattolico e oltre, favorendo l’unità tra loro. Questa la nostra missione per incidere attraverso l’opinione pubblica anche nel voto in Parlamento, Consigli regionali e comunali, scelte di governo. Basta vedere i progressi, ancora insufficienti, sulla regolamentazione dell’azzardo. Questa è la nostra esperienza in 180 Slot Mob con tanti altri, con Alleanza contro la povertà, Economia disarmata, insieme a tutto il Movimento dei Focolari, di cui siamo espressione, Umanità Nuova, Aipec dell’Economia di Comunione, Associazione Città per la fraternità, scuole di partecipazione, AMU, Gen e Famiglie Nuove. È un modo di fare politica che entusiasma, in questo tempo di società liquida e passioni tristi, anche i giovani. Con loro torneremo il 14 marzo a ricordare Chiara Lubich, Igino Giordani e la pace per l’attuazione della legge 185 sul commercio di armi. Da non sottovalutare infine che questa esperienza ha dietro l’ispirazione ideale di Chiara Lubich, anche attraverso l’Istituto universitario Sophia, vere correnti di pensiero dell’unità nella diversità nel campo dell’economia civile e della fraternità universale di un nuovo umanesimo.

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