Don Giovanni

Musica di W.A.Mozart. Libretto di L. da Ponte. Direttore G. Gelmetti, regia G. Proietti. Orchestra e coro del Teatro dell’Opera di Roma. Né cinico come l’ultimo Karajan, né drammatico come in Muti, El Burlador de Sevilla di Gelmetti è la tragicommedia umana vista con uno sguardo di mitezza un poco malinconica. Perché il “dissoluto punito”, illuministicamente sicuro d’aver chiuso, sfidandolo, il Cielo, si aggira in verità inquieto alla ricerca di senso: attuale come non mai. Quirino Conti l’ambienta in un Settecento neoclassico di costumi e di luci, con la regia misurata (l'”invenzione” dello yo-yo) e rispettosa di Proietti. Così che Gelmetti può dosare le sonorità orchestrali dal flautato all’angosciante in sfumature nuove, servendo l’ottimo cast: Scandiuzzi protagonista scorrevole e chiaro, la coppia Devia-Gimenez a dar lezione di canto “alato” a Donna Anna e Don Ottavio; la coppia Cherici-Esposito a disegnare Masetto e Zerlina di giovanile vivacità; una tormentata Donna Elvira (A.Caterina Antonacci) e il Leporello di De Carolis, mago della scena e (quasi) della voce. Lo spettacolo è bellissimo da vedere e da sentire, perché Gelmetti usa una “tinta” morbida, velata appena da presagi di morte, com’è spesso in Mozart. Così che la catastrofe non è solo del “libertino”, ma di una civiltà. Anche se nel Finale il sorriso ritorna: in fondo la vita è teatro, e le cose vere sono da un’altra parte. Di qui, l’occhio di superiore indulgenza di Amadeus. Due parole con Roberto Scanduzzi Quarant’anni di cordialità: è sempre un piacere ritrovarlo. Scandiuzzi, verdiano doc, al suo secondo “Don Giovanni”. Come lo affronta? “S’è lavorato parecchio, ma con Gelmetti mi trovo bene, perché abbiamo dato una lettura di non-rottura, rispettosa del testo, curando l’italianità dell’espressione. A me piace aderire a ciò che hanno scritto Mozart e da Ponte (tantissimo materiale), per cui non serve inventarsi le cose: si rischia sempre di travisare. Per me poi Don Giovanni è un personaggio allettante – la voglia di esserlo credo sia dentro un po’ a chiunque -, e mi diverto molto in scena”. Lei resta comunque un “verdiano”. I ruoli preferiti? “Beh, credo che cambiare ruolo faccia bene alla voce per non crearsi delle muffe nel cervello. Comunque, quella verdiana è la mia tromba, rimango fedele a quello che mia madre mi ha messo in gola (ride ndr.). Fra i tanti, mi piace terribilmente il Padre guardiano guardiano della Forza, m’è sempre venuto benissimo, ha delle pagine stupende”. E Rossini? “Potrei magari fare il Mosè, ma il mio limite è il canto di agilità, non mi è facile. Ma questo limite ci rende umani!”. Progetti in cantiere? “Don Carlo a Monaco con Zubin Mehta, a Salisburgo per Romeo e Giulietta, una registrazione della Gioconda con Domingo diretta da Viotti”. E riposo? “Vacanza vera, no. Me la prenderò dopo il Faust, qui a Roma, il prossimo gennaio. Una volta anch’io sostenevo che bisognava fare un mese di lavoro e poi dieci giorni di stacco, ma quando si è in carriera è difficile cancellare gli impegni…”. Comunque, si mantiene giovane… “Il nostro è un lavoro che richiede tonicità, sei costretto ad autoringiovanirti. Per questo è bellissimo questo mestiere”. Eventi Dante a Ravenna “Sinfonia sulla Divina Commedia” con letture di brani (Monica Guerritore, Gabriele Lavia), proiezioni dalle incisioni di Doré, musiche per un duo pianistico di Liszt. Al Festival di Ravenna 11/7. A Ravello il 13, a Caserta il 15 e in tournée italiana sino al 2003. Informazioni: 06/745442

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