Don Cosimino Fronzuto, una vita per l’unità

L'esempio di vita evangelica del parroco di Gaeta don Cosimino Fronzuto

Don Cosimino Fronzuto nacque a Gaeta il 5 settembre 1939. Viveva in una città di mare, ma non amava fare il bagno e aveva paura di andare in profondità. Un giorno, da bambino, volendo vincere questa difficoltà si tuffò e, per dimostrare che aveva toccato il fondo, mise la mano nella sabbia ritraendo, con grande meraviglia, un piccolo crocifisso di ferro.

La gioia fu grande e, seguendo il consiglio della mamma, lo appese a capo del letto. Innanzi a “Lui” recitava le preghiere della sera. Lo avrebbe preso con sé nei momenti più importanti del suo ministero sacerdotale, quando avrebbe dovuto seguire malati, moribondi o affrontare situazioni difficili. In quel tuffarsi nel vuoto, a distanza di tempo, avrebbe detto di rivedere il suo incontro con Gesù crocifisso.

Il 14 luglio 1963 fu ordinato sacerdote. Poco dopo conobbe il Movimento dei Focolari e vi aderì immediatamente. Fu nominato vice rettore del seminario diocesano, ma fu sollecitato dal vescovo, pressato da circostanze esterne, a lasciare l’incarico. Per il vescovo, mons. Gargiulo, fu un dolore, per don Cosimino una grande prova. Fu in questo periodo che scrisse una pagina bellissima, che tutti ritengono il suo credo, nella quale diceva, tra l’altro: «non devo scervellarmi ad indagare sul perché di questa decisione del vescovo, ossia questa volontà di Dio; devo amare tutti gli altri che in coscienza non posso qualificare né partigiani né nemici, né lascia fare indifferenti (né m’interessa qualificarli). (…)  Io credo che l’esperienza di Gesù abbandonato è indispensabile al cristiano per il suo amore a Dio, per la fecondità apostolica di questo suo amore (…)».

Il 10 settembre 1967 fu nominato parroco della parrocchia S. Paolo Apostolo, incarico che ricoprì fino alla fine della vita. Qualche anno dopo averlo nominato l’arcivescovo Gargiulo, che lo aveva rimosso dal seminario, per chiedergli perdono in maniera concreta, volle fare da chierichetto a don Cosimino durante la celebrazione di una santa Messa. Nacque tra i due un rapporto profondo, tanto che mons. Gargiulo, una volta in pensione, scelse di vivere i suoi ultimi anni con don Cosimino e gli altri sacerdoti focolarini nella casa canonica della parrocchia di S. Paolo. Attualmente, come aveva sempre desiderato, le sue spoglie riposano nella Chiesa di S. Paolo.

Durante il ministero pastorale esercitato in parrocchia, don Cosimino ebbe un suo stile pieno di amore e di attenzione verso tutti, in particolar modo verso gli ultimi (ragazze madri, ex carcerati, drogati, sfrattati, sbandati) e impostò la comunità puntando semplicemente, ma con forza e decisione, solo a vivere il Vangelo. Così non gli mancarono occasioni per prendere posizione anche nei confronti di tante realtà sociali lontane da una dimensione veramente umana e cristiana.

Scriveva: «Nel 1978-79 ci facemmo carico del problema della casa, che da noi era drammatico a causa del turismo e della presenza della Sesta Flotta Americana. Preparammo un documento, aperto al contributo di tutti, sulle responsabilità del cristiano di fronte a questa grave crisi dell’abitazione e lo diffondemmo. Nel 1983, di fronte al rifiuto che la città opponeva all’accoglienza dei terremotati di Pozzuoli, prendemmo posizione in chiesa e in piazza discutendo con tutti sulle esigenze della nostra professione di fede che ci impegna anche in campo sociale.

E tempo addietro abbiamo fatto sentire la nostra presenza ed espresso il nostro pensiero sulla vicenda di un discusso prigioniero di guerra[1] fino alla sua liberazione dal carcere militare, situato nella nostra zona». Una volta decide con la comunità di utilizzare tutti i fondi parrocchiali per aiutare una famiglia in difficoltà, la quale passa dalla miseria alla normalità. Anche la Rai si interessò alla comunità di S. Paolo e l’effetto fu … la conversione di qualche telespettatore.

Nel 1987 venne diagnosticato a don Cosimino un tumore intestinale. Questa malattia lo avrebbe portato in un anno e mezzo alla morte. Scrive: «in cielo vedrà Santa Teresa di Gesù Bambino, di seguito tanti e tanti santi e tutti i nostri … Gesù Risorto, Maria … ho pensato di vedere con più intensità di fede Gesù in ogni prossimo, così non avrò timore d’incontrare il volto di Gesù, ma sarà come una continuazione».

Il 25 giugno 1989 Giovanni Paolo II è in visita a Gaeta. Don Cosimino sta per morire, ma riesce ad incontrarlo. Poi avrebbe scritto: «il papa appena entrato ha fissato i suoi occhi dolcissimi nei miei e io i miei nei suoi. Lui non li staccava un istante da me. Io gli ho detto: “Santità, sono venuto per farle un dono, il dono della mia malattia. Io questo dono l’ho già fatto a Gesù e voglio farlo a Lei, perché ne faccia ciò che più serve per le opere di Sua Santità per la Chiesa” …. Lui mi ha baciato sulla fronte e ha fatto per andar via. Allora l’ho trattenuto ancora e gli ho detto: “Santità, sta facendo tutto bene, vada avanti senza nessuna paura” e Lui col capo assentiva e diceva: “grazie” tante volte».

Le sue ultime parole furono: “non ce la faccio più. Dio, Dio Amore, per te, solo per te, per te, per te…”. Così il 5 luglio 1989 si compie il suo santo Viaggio. Il giorno dopo sulla piazza antistante la chiesa parrocchiale di S. Paolo viene celebrato il funerale. Partecipano in silenzioso atteggiamento di preghiera più di 4000 persone.

La fama di santità di don Cosimino si è andata consolidando negli anni. Nel settembre 1990 nasce la Fondazione don Cosimino Fronzuto, recentemente il Comune di Gaeta ha voluto intitolargli la piazzetta antistante la Parrocchia S. Paolo, che ora si chiama Largo don Cosimino Fronzuto.

L’editto del 16 settembre 2022 dell’arcivescovo Luigi Vari di Gaeta è un passo decisivo per l’inizio della sua causa di beatificazione.

[1]              Il maggiore Walter Reder che scontava la pena all’ergastolo nel carcere di Gaeta per crimini di guerra essendo stato tra l’altro responsabile della strage di Marzabotto.

L’autore di questo articolo è il postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione di don Cosimino Fronzuto

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons