Domande di senso fra reale e virtuale

Nell’era del “metaverso”, la linea di confine fra i due mondi va assottigliandosi, aprendo nuove domande su come vivere il presente per costruire il futuro.
Bambino con visori (AP Photo/Ahn Young-joon)

Diversamente da tutte le specie animali che si sono evolute adattandosi all’ambiente circostante, noi umani abbiamo ribaltato la scena e adattato l’ambiente a noi, inventando – grazie alle abilità tecniche e al nostro ingegno – strumenti in grado di colmare le nostre carenze biologiche e di potenziare le nostre capacità. Ad un certo punto, però, è diventato sempre più difficile controllare il nostro stesso modo di agire e ci siamo ritrovati paradossalmente derubati del nostro potere da parte di quelle tecnologie create invece per accrescerlo. La crisi ecologica in atto lo testimonia. Al di là degli evidenti effetti sull’ambiente esterno, il carattere pervasivo delle nuove tecnologie ha influenzato anche il nostro modo di essere e di relazionarci con gli altri, aggiungendo nuove possibilità e innumerevoli benefici, ma anche generando tanti interrogativi.

Il Metaverso
Il mondo digitale e iper-connesso nel quale viviamo ci ha portato a sperimentare nuove forme di comunicazione e socializzazione. Oggi – dopo qualche decennio di sviluppo e sotto la spinta di investimenti miliardari dei giganti del web (Facebook, Google, Microsoft e altri attori del panorama digitale) – ci spinge verso qualcosa di nuovo, il Metaverso: una sorta di universo virtuale, creato digitalmente e accessibile attraverso Internet. L’idea, nata verso la fine del secolo scorso come narrazione futuristica, e sviluppata negli anni con successi a fasi alterne, è tornata a rimbalzare sui media dopo la dichiarazione di Mark Zuckerberg (fondatore di Facebook) di volerne promuovere lo sviluppo. Il Metaverso può essere visto come un nuovo salto dell’evoluzione tecnologica che porta Internet a diventare un luogo non solo da navigare, ma da abitare, nel quale poter costruire mondi, situazioni, relazioni, condizioni sociali e culturali nelle quali ognuno può ri-formarsi e trovare nuove definizioni di sé, definendo un nuovo livello di realtà e sperimentando in prima persona ciò che finora era riservato alla fantascienza digitale.

Mondi virtuali
Immaginiamo di indossare un visore e proiettarci a leggere il nostro libro preferito mentre solchiamo l’oceano in barca a vela, per poi iniziare una sessione di lavoro esaminando insieme ai nostri colleghi l’ultimo prototipo disegnato dal nostro team come se fosse realmente davanti a noi. Il tutto restando in poltrona. Sono possibilità già accessibili, anche se non ancora diffuse. Il Metaverso parte da queste opportunità e ne allarga gli orizzonti, replicando la realtà e spingendola oltre i limiti della fantasia. Sarà necessario ancora qualche anno prima di capire se gli investimenti su questo fronte daranno vita a un nuovo fenomeno di massa, ma il ponte verso i mondi virtuali – in cui ognuno potrà entrare e uscire come adesso si passa da un social all’altro – sembra ormai pronto per essere attraversato.

World Trade Center Oculus (AP Photo/Mark Lennihan)

Domande di senso
Questo ponte, però, ci collega a una sponda dai contorni non ben definiti, un territorio col quale non abbiamo piena dimestichezza e del quale non abbiamo esperienza pregressa. Siamo al centro di un cambiamento d’epoca e, col senso di smarrimento che caratterizza la fine dell’epoca moderna, corriamo il rischio di vedere sorgere un futuro distopico, caratterizzato cioè da condizioni di vita negative. Un futuro in cui la dimensione propriamente umana venga progressivamente sostituita con altri modi di intendere l’esistenza. Le nuove tecnologie, infatti, ci hanno già portato a ripensare e rivalutare alcuni concetti – come quello di “spazio relazionale” – che rispetto al passato sono scivolati verso nuove definizioni. La nostra stessa comprensione della realtà si sta dilatando fino ad inglobare ciò che finora aveva posto solo nel virtuale, con i sogni, le fantasie, le utopie futuristiche. Se, ad oggi, i social network contano più di 4,5 miliardi di utenti attivi (www.datareportal.com – ottobre 2021), diventa inevitabile porsi domande di senso e pensare agli effetti collaterali che la smaterializzazione digitale rischia di provocare sulla società e sull’educazione, perché nel virtuale il nostro spazio d’azione si dilata senza un confine preciso, anche dal punto di vista etico.

Trasferire i valori
Se è vero che il futuro si costruisce a partire dal presente, occorre riflettere sul fatto che, col tempo, l’artificiale ha eroso lo spazio del naturale, sostituendosi ad esso e aprendo contesti nuovi in cui proiettare i nostri comportamenti, al di là di ogni controllo e giudizio. La distinzione fra reale e virtuale tende ad assottigliarsi e la linea di orizzonte è coperta dalla foschia esistenziale tipica del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, con la tendenza a cercare un distacco dalla realtà per scoprire nuovi approdi. Come un Cristoforo Colombo dell’era digitale, Zuckerberg, con il suo Metaverso, sembra volerci portare alla scoperta di un nuovo mondo, nel quale trovare nuove risorse e possibilità, e dal quale ripensare la nostra storia, il nostro destino, la nostra realizzazione. Ma le nuove rotte aperte nella grande info-sfera che è il mondo in cui viviamo rischiano di farci naufragare e perdere il senso della realtà. Trasferire in tutto o in parte le nostre vite in un mondo virtuale significa trasferirvi anche i nostri valori, e se questi non vengono educati e custoditi di qua, difficilmente lo saranno di là. E viceversa. Il vero approdo a cui speriamo di arrivare dopo avere navigato in tutti i Metaversi possibili, è quello in cui abita un’umanità in grado di vivere all’altezza delle sfide del proprio tempo e capace di una nuova comprensione e valorizzazione del mondo reale.

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