Disabilità alla materna

Alla scuola materna del nostro bambino hanno inserito una bambina straniera, cieca dalla nascita. Per lei hanno modificato l’ambiente, in modo da renderlo più conoscibile attraverso il tatto. In più chiedono ai bimbi di giocare a turno con lei. Ci sembra che sia il nostro che altri bambini manifestino eccessiva considerazione della compagna: le portano giochi, la imitano chiudendo gli occhi… Non saranno troppo condizionati? Inoltre l’insegnante di sostegno, e la madre della bambina, ci sembrano poco attente ai bisogni dei nostri piccoli…. Una mamma preoccupata Partiamo dal primo punto: le modificazioni ambientali descritte rappresentano facilitazioni per l’apprendimento, di cui tutti i bambini frequentanti possono usufruire con vantaggio. L’esperienza di un rapporto con un coetaneo che appare diverso da loro è molto significativa per i bambini, che si adattano a lui, e per farlo cercano di capirlo sempre meglio. L’imitazione che possono fare del suo comportamento è un modo concreto, alla loro portata mentale, di rappresentarsi le sue difficoltà. Questo non significa generalmente che la responsabilità che i compagni di un bimbo disabile si assumono (quella di proteggerlo, guidarlo, aiutarlo) sia eccessiva per loro, anche perché è condivisa e non riguarda un bambino solo. La comunità scolastica vive in maniera collettiva l’esperienza della diversità e non c’è il rischio che a causa di questa esperienza alcuni bambini si sentano improvvisamente invisibili. È inoltre fondamentale l’apporto dei genitori che, dialogando coi loro figli, possono aiutarli a mettersi nei panni dell’altro mantenendo la loro identità. Questo moto dell’animo è particolarmente utile per una crescita psicologica sana, perché stimola risorse di flessibilità mentale ed allontana da rischi di egocentrismo. Circa la presenza dell’insegnante di sostegno e la continuazione del percorso scolastico dopo la materna, la scuola italiana cerca di rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze di integrazione, anche se non sempre può contare sulle risorse di personale necessarie. Tuttavia quanto dicevamo sull’accoglienza collettiva da parte della comunità scolastica mostra anche la differenza che c’è tra un percorso di apprendimento, che si svolge insieme ai coetanei, e quello riabilitativo, a cui in genere un bambino accede da solo. È vero che nel corso degli studi anche il piano degli apprendimenti si fa più individualizzato e necessita di ausili e metodi didattici personalizzati, ma l’esperienza di integrazione scolastica resta comunque un obiettivo da perseguire, sia per l’educazione all’autonomia del bambino disabile che per l’educazione alla solidarietà di tutti gli altri. spaziofamiglia@cittànuova.it

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