Disabilità, abbattiamo insieme le barriere fisiche e mentali

Il 3 dicembre ricorre la Giornata internazionale delle persone con disabilità: un'occasione per ribadire il grande lavoro che occorre ancora fare per un'effettiva inclusione delle persone disabili, a partire dalle scuole. Troppe ancora le disparità economiche, sociali e lavorative, per non parlare della piaga delle violenze. Per approfondire, leggi l'inchiesta su Città Nuova di ottobre.

È dura la vita dei disabili nel nostro Paese: 3 milioni e 150 mila persone (il 5,2% della popolazione), di cui quasi un milione e mezzo sono ultrasettantacinquenni. Difficile spostarsi in autonomia a causa delle barriere architettoniche. Difficile avere relazioni e rapporti sociali a causa dei pregiudizi delle persone. Difficile avere le cure e l’assistenza a cui si ha diritto.

Avere una disabilità in Italia vuol dire superare, ogni giorno, un tratto di un percorso ad ostacoli, che limita la vita quotidiana sin da piccoli. Andare al parco può essere impossibile. Nelle scuole italiane solo 1 istituto su 3 è accessibile per chi ha problemi motori. Le maggiori difficoltà le vivono però gli alunni con disabilità sensoriali: solo il 2% delle scuole hanno tutti gli ausili senso-percettivi. Nell’anno scolastico 2019/2020 gli studenti disabili che sono andati a scuola sono stati quasi 300mila: 13mila in più rispetto all’anno precedente. Gli insegnanti di sostegno sono però spesso privi di formazione specifica, il numero di assistenti è carente, soprattutto nel Mezzogiorno, e mancano gli strumenti informatici nel 28% delle scuole. La pandemia ha purtroppo peggiorato la situazione. Tra aprile e giugno 2020 quasi 1 studente su 4 (oltre il 23%, circa 70mila alunni) non ha potuto seguire le lezioni.

Disabilità

Anche nel mondo del lavoro lo svantaggio per i disabili resta rilevante: nonostante gli aiuti economici statali e talvolta il sostegno del volontariato, le famiglie con disabili hanno un reddito annuo inferiore del 7,8% rispetto alle altre e il 28,7% soffre di deprivazione materiale, soprattutto al Sud.

C’è poi il tema dell’odio sociale. Secondo quanto denunciato dalla ministra Luciana Lamorgese alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, «le più recenti manifestazioni del fenomeno, a riprova della sua disumanità, hanno preso di mira persino le disabilità e la malattia. Per una società aperta e democratica sarebbe un errore sottovalutarne la portata disgregatrice e il pericolo per la convivenza civile».

Ci sono poi le violenze contro le donne. Secondo l’Istat «per le donne con problemi di salute o disabilità la situazione è più critica. La violenza fisica o sessuale raggiunge il 36% tra coloro che dichiarano di avere una cattiva salute, il 36,6% fra chi ha limitazioni gravi». I dati, reali, tuttavia, sarebbero molto più elevati. Secondo quanto è emerso dall’ultima ricerca condotta dalla Federazione italiana per il superamento dell’handicap (FISH), spiega il presidente Vincenzo Falabella, «alla fine dello scorso anno sul tema delle violenze nei confronti delle donne con disabilità, circa il 63% del campione delle donne con disabilità intervistate ha dichiarato di aver subito nel corso della propria vita almeno un abuso». E rivela: «si va dalla violenza psicologica, riscontrata nella metà dei casi, a quella sessuale, che ha coinvolto circa una persona disabile su tre, tra quelle intervistate. In tantissimi altri casi, poi, sono stati riscontrati atti di violenza fisica ed economica».

Eppure, ci sono tantissime persone ed organizzazioni che ogni giorno si impegnano per cambiare le cose. «Il percorso intrapreso in questi anni per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, sulla base anche dei principi contenuti nella Convenzione delle Nazioni Unite in materia – ha dichiarato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella –, ha consentito, con il prezioso aiuto delle famiglie, delle associazioni e delle strutture preposte, il raggiungimento di traguardi di autonomia importanti». Purtroppo, la crisi sanitaria legata alla pandemia ha compromesso in molti casi le occasioni di socialità delle persone con disabilità, rendendole più vulnerabili. «Si sono prodotte – aggiunge Mattarella – situazioni di vero e proprio isolamento ed esclusione sociale di giovani e adulti, i quali hanno sofferto particolarmente per le misure di contenimento della pandemia». Le istituzioni sono state chiamate a sostenere i nuclei familiari che convivono con la disabilità, gravati spesso da problemi economici e lavorativi, al fine di non lasciare nessuno da solo nell’affrontare un problema, quello della tutela della dignità umana, che è responsabilità di tutti.

«È con questo spirito – conclude il presidente della Repubblica – che va affrontata la ripresa, come sfida per la costruzione di una società più inclusiva, in cui il problema della disabilità non risulti un carico per i singoli, ma sia oggetto di attenzione e di intervento da parte dell’intera collettività. Così come alleviare la preoccupazione delle famiglie per il “dopo di noi” deve trasformarsi in un impegno per tutti quanti rivestono ad ogni livello posizioni di responsabilità. È necessario superare limiti e diffidenze per consentire alle persone con disabilità di vedere nel nostro Paese un esempio di altruismo e di appartenenza. La piena inclusione è il fine da perseguire con forza e determinazione, per porre le fondamenta di una società autenticamente democratica, aperta e senza ostacoli».

Ai disabili si rivolge anche papa Francesco, con un messaggio in cui dice loro «che la Chiesa vi ama e ha bisogno di ognuno di voi per compiere la sua missione al servizio del Vangelo. […] Avere Gesù per amico è la più grande delle consolazioni e può fare di ognuno di noi un discepolo grato, gioioso e capace di testimoniare come la propria fragilità non sia un ostacolo per vivere e comunicare il Vangelo. L’amicizia fiduciosa e personale con Gesù può essere la chiave spirituale per accettare il limite che tutti sperimentiamo e vivere in maniera riconciliata la propria condizione».

Papa Francesco bacia un bambino disabile durante la visita all’Istituto Serafico di Assisi

Nella Chiesa, che non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, spiega il papa, «tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. Purtroppo, ancora oggi molti di voi «vengono trattati come corpi estranei della società. […] Sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare», e «ci sono ancora molte cose che [vi impediscono] una cittadinanza piena». La discriminazione è ancora troppo presente a vari livelli della vita sociale; essa si nutre di pregiudizi, di ignoranza e di una cultura che fatica a comprendere il valore inestimabile di ogni persona. In particolare, considerare ancora la disabilità – che è il risultato dell’interazione tra le barriere sociali e i limiti di ciascuno – come se fosse una malattia, contribuisce a mantenere separate le vostre esistenze e ad alimentare lo stigma nei vostri confronti». Con discriminazioni anche dal punto di vista spirituale.

«So – conclude il papa – che alcuni tra voi vivono condizioni di estrema fragilità. Ma vorrei rivolgermi proprio a voi, magari chiedendo ai vostri familiari o a chi vi è più vicino di leggere queste mie parole o trasmettere questo mio appello, e chiedervi di pregare. Il Signore ascolta con attenzione la preghiera di chi confida in Lui… Non c’è nessuno così fragile da non poter pregare. Il tempo della pandemia ci ha mostrato che la condizione di vulnerabilità ci accomuna tutti: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme”. Il primo modo di farlo è proprio pregare. Possiamo farlo tutti; e anche se avremo bisogno di un sostegno, siamo sicuri che il Signore ascolterà la nostra invocazione».

Per approfondire: leggi l’inchiesta sulla disabilità sul numero di ottobre della rivista Città Nuova. In un’intervista, il presidente del Comitato italiano paralimpico (CIP), Lua Pancalli, afferma: «Lo sport ci insegna che, quando un individuo viene posto nelle condizioni di potersi esprimere al meglio, i limiti – siano essi fisici o culturali – possono essere superati».

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