Differenza e condivisione e piena condivisione possono coesistere?

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La psicologia non lascia indifferen-ti. Ci sono opinioni diverse su di essa e sul suo ruolo, sia a livello popolare, che scientifico. Le persone che utilizzano le presta-zioni professionali degli psicologi li considerano indispensabili e preziosi. Chi non li conosce, inve-ce, li osserva perplesso, magari col timore di dover ricorrere prima o poi ai loro servizi. In questa situazione, anche le novità che giungono da qualche tempo da settori scientifici all’avanguardia hanno contribuito al dibattito sul futuro della psicolo-gia. Le tecniche di imaging, infatti, sono ormai in grado di mostrare l’attivazione delle diverse aree del cervello, sia in condizioni normali che patologiche, permet-tendo una analisi “oggettiva” dei vari casi clinici. Queste tecniche, unite ai progressi nella messa a punto di medicinali efficaci nella cura di malattie correlate a stati mentali alterati, fanno ritenere a qualcuno ormai “superata” la psicologia tra-dizionale. Altri, al contrario, osservano che il problema vero è rappresenta-to da quegli psichiatri che «danno soltanto medicine senza cercare di capire l’uomo», mentre solo la psicologia cerca di andare “alla ra-dice” dei problemi. Quella fin qui sommariamente schematizzata sembra una situa-zione “difficile”, eppure qualcosa di interessante si sta muovendo pro-prio nel mondo della psicologia, che sta facendo anzi da apripista. Nella nostra epoca “postmoderna”, in cui l’uomo sembra ripiegato narcisisticamente su se stesso, ormai “orfano” dell’altro, la psicologia asserisce, invece, che la mente è “relazionale” e che identità ed equilibrio psichico di ogni individuo sono basati sul rapporto con l’altro. In altre paro-le, la mente di ognuno esiste, si organizza ed evolve nella misura in cui stabilisce contatti con gli altri, cioè rapporti umani veri, capaci di farle sperimentare il reci-proco riconoscimento. Negli ultimi anni anche le neuro-scienze hanno dimostrato proprio questo: il nostro sistema nervoso è costruito per potersi “agganciare” a quello degli altri esseri umani, tanto da poter fare esperienza degli altri “come se” ci trovassimo nella loro stessa pelle. In pratica, quindi, il “centro di gravità” della psicologia si è deci-samente spostato dall’analisi interna al singolo individuo a quella dei rapporti interpersonali. Un approccio “monopersonale” alla psiche umana non è più sostenibile, mentre la reciproca relazione della nostra mente con la mente degli altri si rivela fonda-mentale e indispensabile per comprendere la vita psichica, sia nei suoi aspetti sani che in quelli patologici. Tuttavia, anche questo approccio intersoggettivo non è ancora sufficiente, da solo, a contenere la complessità e le potenzialità dell’individuo umano. In un’epoca in cui incombono guerre di religione e scontri fra civiltà diverse, occorre andare più oltre. E presto. La sfida che oggi attende la psicologia con-siste, allora, nel cogliere una particolare forma di reciprocità, poco esplorata, che rende possibile la “comunione” fra gli individui e che si radica sul dono di sé, sulla gratuità, sull’accoglienza senza condizioni. È questa la forma più “elevata” di relazione umana, dove la diffe- renza individuale e la condivisione piena coesistono insieme, inte-grandosi con armonia. E quali sono gli atteggiamenti mentali che rendono possibile questa relazione, quali le chiavi di lettura psicologiche che ci permet-tono di comprenderla in modo adeguato? Quali sono i limiti, i blocchi emotivi e gli elementi con-flittuali, che si oppongono alla comunione fra gli uomini? Paradossalmente, proprio la comunione potrebbe essere considerata, sul piano psicologico, la più elevata espressione della realizzazione in-dividuale? Domande interessanti, che ci inter-pellano, forse decisive per il futuro della nostra convivenza umana. Aspettiamo le risposte. UN APPUNTAMENTO DA NON PERDERE Nel febbraio 1999 l’Università di Malta ha conferito a Chiara Lubich la laurea h.c. in psicologia per aver sostenuto «una visione integrale della persona umana» e aver «fondato un model-lo di vita spirituale caratterizzato dall’equilibrio tra il rispetto dell’individualità della persona e la reciprocità dei rapporti interpersonali». Nell’ampia lauda-tio, il prof. Mark Borg, decano della fa-coltà, aveva affermato: «Chiara e i suoi seguaci hanno acceso una rivoluzione si-lenziosa, che non esiterei a definire “antro-pologica” viste le conseguenze personali e sociali che essa ha operato». Da allora, cioè da quasi un decen-nio, ha avuto inizio un intenso dialogo fra psicologia e spiritualità di comu-nione, un percorso di riflessione e di ricer-ca che in seguito è stato chiamato “Psicologia e comunione”. Due importanti eventi congressuali ne sono i frutti: il primo di essi, dal titolo “Verso un pieno umanesimo: orizzonti nuovi in psi-cologia”, ha avuto luogo nel giugno del 2002 e ha coinvolto oltre duecento par-tecipanti fra psicologi, psichiatri, neuropsi-chiatri infantili, operatori della salute mentale, provenienti dai principali continenti. Il secondo congresso, dal titolo “La realizzazione dell’individuo nella post- modernità. Il senso di sé e l’incontro con l’altro”, è previsto a Castel Gandolfo (Roma) dal 22 al 24 maggio 2008.

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