Di tutti perché di Dio

Un milione e mezzo di persone a Roma per il “loro” Wojtyla.
Wojtyla

Qual è il Giovanni Paolo II che piace di più a chi s’è avventurato a Roma nel giorno della beatificazione? Quello che abbraccia con tenerezza il bambino come un vecchio nonno affettuoso, o quello che inveisce contro i mafiosi, furente come un profeta? Quello che gioca con il bastone come fosse la bacchetta del musicista, o quello che batte la mano sul leggio, con stizza, perché incapace di articolare una parola? Il globetrotter nelle piazze e negli stadi, attorniato dalle folle e sotto i riflettori dei media, o quello disteso per terra, immobile e silenzioso in preghiera nell’oscurità della sua cappella?

 

Sta forse qui il fascino d’una santità che il giorno della beatificazione, come in quello della morte, ha attirato milioni di persone: la sua umanità vera, capace di relazioni sincere, fiorita nelle più differenti espressioni; e insieme la sua spiritualità forte, mai imposta ma che da sempre traspare proprio nella sua umanità. E dunque un uomo libero, senza complessi che, come ha detto Benedetto XVI, «ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici».

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