Di qua e di là

Sulle rive opposte di uno stesso torrente vivevano, un tempo, due colonie di formiche. Non si sa come, dato che i due popoli non si erano mai incontrati, l’uno sapeva dell’esistenza dell’altro. Probabilmente era stato il Vento a diffondere la notizia di qua e di là dal torrente. Noi, per intenderci, chiameremo i due villaggi: Oltretorrente-di-qua e Oltretorrente-di-là, anche se, voi lo capite bene, il qua e il là sono relativi, dipende da dove ci si mette. Una gran parte dell’educazione delle giovani formiche, a Oltretorrente- di-qua, come a Oltretorrente- di-là, era consacrata allo studio e alla conoscenza dell’altro popolo. Conoscenza che tendeva a inculcare nei giovani sentimenti di avversione, di diffidenza, di paura nei confronti dell’altro. Sui testi scolastici, non mancavano illustrazioni terrificanti del popolo nemico: formiche gigantesche, dallo sguardo feroce, dotate di corna appuntite, aculei velenosi, lingue biforcute. Questo a dimostrazione del fatto che razzismo e intolleranza sono uguali, da qualunque parte provengano. Potrei dilungarmi ancora a parlare dell’educazione scolastica dei due popoli ma, stringi stringi, tutto l’insegnamento scolastico impartito a Oltretorrente-di-qua come a Oltretorrente- di-là si può condensare in questa breve massima: Noi siamo i buoni, loro sono i cattivi. Una delle maestre più zelanti di Oltretorrente-di-qua era sicuramente l’anziana formica Calliope. E proprio a Calliope, che aveva consacrato tutta la sua vita a difendere i giovani dal nemico che stava al di là del torrente, doveva toccare in sorte un’alunna come la formichina Elettra! Elettra, infatti, non prendeva come oro colato tutte le parole della maestra. E poneva domande che ora mettevano in imbarazzo l’insegnante, ora la facevano decisamente innervosire. – Scusa maestra – chiedeva Elettra, alzando educatamente una zampetta -, ma come facciamo a essere sicuri che gli abitanti di Oltretorrente- di-là sono proprio così, come sono disegnati sul libro? Qualcuno è andato di là a vedere? – No, Elettra, nessuno è mai andato di là a vedere, ma io sono sicura che sono così perché così mi è stato insegnato e io (Calliope marcò bene quell’io) non ho mai messo in dubbio le parole della mia maestra. Il giorno in cui Elettra si permise di chiedere: Scusa, maestra, ma tu non hai mai sentito il bisogno di andare di là a vedere, con i tuoi occhi?, la nostra formichina si ritrovò fuori dalla porta dell’aula scolastica, con una bella nota di sospensione scritta in rosso sul suo diario. La cosa non la scoraggiò: sarebbe andata lei stessa, di là, a vedere! Elettra passò giorni e giorni, seduta sulla riva del torrente, a fissare quelle acque infide, a cercare di spingere lo sguardo sulla riva opposta dove tutto restava celato alla vista dalle alte erbe che crescevano in riva al torrente. Chissà – si domandava – se anche dall’altra parte c’è qualcuno che guarda di qua!. Finalmente, una mattina, Elettra ruppe gli indugi e, nuovo Cristoforo Colombo, ritta a prua di una fragile caravella fatta con una foglia di nocciolo, prese il largo tra le gelide acque del torrente. Le acque vorticose ebbero presto la meglio sulla fragile imbarcazione. La formichina lottò disperatamente per cercare di restare a galla con la sua barchetta, ma un vortice più grande degli altri prima la risucchiò e poi la sputò, senza tanti complimenti, su un grande masso, in mezzo al torrente. Inzuppata d’acqua fino al midollo, spaventata, stordita, Elettra cercò di issarsi sulla cima asciutta del masso, quando la zampetta di un formichino, fradicia quanto la sua, tremante quanto la sua, si protese verso di lei, per aiutarla. Elettra si ritrovò così in salvo e, istintivamente, abbracciò il suo salvatore. – Mamma mia, che paura ho avuto! – disse Elettra nel formichese di Oltretorrente- di-qua. – Mamma mia che paura ho avuto! – disse il formichino nel formichese di Oltretorrente- di-là. Accorgendosi di non parlare la stessa lingua, istintivamente e prudentemente essi si sciolsero da quell’abbraccio. E si studiarono, a debita distanza. Il formichino, che si chiamava Ascanio, a gesti, formulò la frase: – Tu… no… grande grande grande! Elettra scosse la testa e, di rimando, mimò la frase: – Tu… no… feroce! – Tu formica, come me! – esclamò felice Ascanio, nel formichese di Oltretorrente- di-là. – Tu formica, come me! – esclamò felice Elettra, nel formichese di Oltretorrente- di-qua. Ma questa volta si capirono. Per un gran bel pezzo, Elettra e Ascanio risero a crepapelle, liberi da ogni paura, da ogni tabù, da ogni barriera. La favola finisce come la più classica delle favole: Ascanio e Elettra si sposarono. Misero al mondo tante formichine alle quali insegnarono che non c’è peggior nemico di quello che coltiviamo nella nostra immaginazione.

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