I grillini vincono il “derby del governo” in Sicilia

Strani accordi, ancora tutti da verificare, ai ballottaggi: da una parte l'intesa tra Pd e Forza Italia, dall’altra l’ipotetico sostegno dei grillini al candidato della Lega. Alta l’astensione

Qualcuno lo ha definito «il derby del governo». Il confronto tra Lega e 5 Stelle, in Sicilia, si è risolto a favore di questi ultimi. Un derby anomalo, in una terra che poco più di un anno fa aveva regalato una maggioranza stratosferica ai 5 Stelle che, però, nel tempo, sembravano aver dilapidato il patrimonio di fiducia che i cittadini avevano consegnato.

Ora, complici le elezioni amministrative, i grillini recuperano posizioni nella terra dove avevano fatto l’en plein. La Lega, che due settimane prima aveva avuto dei buoni risultati, aveva già fatto registrare una battuta d’arresto rispetto alle stime entusiastiche degli ultimi mesi. I risultati del voto confermano. Le situazioni locali sono tutte diversificate e giocano molti fattori, ma il trend è comunque significativo.

Per il resto, si registra una tenuta del centrosinistra e, in un caso, Gela, il successo arride, pur se di misura, a un’alleanza anomala tra il Pd e una parte di Forza Italia.

Partiamo da Caltanissetta, unico comune capoluogo di provincia, dove si era conclusa la stagione di Giovanni Ruvolo, sindaco progressista che non si è ricandidato. Vince Gambino, che sconfigge nettamente Michele Giarratana, che per la seconda volta fallisce l’appuntamento con la sindacatura. Nel 2014 era stato sconfitto al ballottaggio proprio da Ruvolo. Nella città del vicepresidente dell’Ars, Giancarlo Cancelleri, leader dei 5 Stelle in Sicilia, questo successo appare significativo, ma è pur vero che nella città nissena la Lega avrebbe appoggiato i grillini.

Lo stesso sarebbe accaduto a Gela, dove i 5 Stelle, pur lasciando libero il loro elettorato, avrebbero espresso una preferenza per il candidato leghista Giuseppe Spata, premiando invece, pur se sul filo di lana, Lucio Greco, sostenuto da un’alleanza anomala che vedeva insieme il Pd e una parte di Forza Italia. Prove tecniche di quell’alleanza tutta siciliana auspicata da Gianfranco Micciché che però, finora, ha fatto registrare una sonora bocciatura da parte della segretaria nazionale targata Nicola Zingaretti.

Ma di questi strani accordi, ancora tutti da verificare, si discuterà ancora a lungo. Da una parte c’è l’accordo tra Pd e Forza Italia, dall’altra l’ipotetico sostegno dei grillini al candidato della Lega. Ma del rapporto tra i due «alleati a confronto», si discuterà ancora a lungo. Un peso non indifferente avrebbero avuto anche le vicende del recente passato, comprese le elezioni precedenti.

Il secondo successo grillino si registra a Castelvetrano, la città del boss latitante Matteo Messina Denaro. Gli organi elettivi erano stati sciolti per infiltrazioni mafiose e le prime elezioni democratiche dopo il commissariamento premiano il candidato 5 Stelle. Il successo di Enzo Alfano è netto anche nei numeri con il 64,67 per cento, mentre l’avversario, Calogero Martire, non va oltre il 35,33.

A Mazara del Vallo, città che era guidata dall’ex presidente dell’Ars Nicola Cristaldi, esponente della destra storica, vince il candidato di centrosinistra Salvatore Quinci, che sconfigge il candidato della Lega Giorgio Randazzo (ex consigliere comunale di Diventerà Bellissima). Mazara è la città italiana con la più forte presenza di immigrati, la maggior parte dei quali sono arrivati in Italia alcuni decenni fa, con le prime ondate migratorie e vedono ormai la presenza di molti immigrati di seconda generazioni e tanti con cittadinanza italiana. Il settore della pesca ha dato lavoro a molti lavoratori del Maghreb. La città ha una forte storia di accoglienza, pur tra tante difficoltà, che viene confermata. Salvatore Quinci ha anche una storia da caposcout.

Infine Monreale: il nuovo sindaco è Alberto Arcidiacono, sostenuto da alcune liste civiche e dal movimento Diventerà Bellissima, fondato dal presidente della Regione, Nello Musumeci. Lo sconfitto è Piero Capizzi, sindaco uscente, espressione del centrosinistra. Il successo è netto e la percentuale supera il 55 per cento.

Il dato delle ultime amministrative fa registrare anche un altro elemento: due città rette dai 5 Stelle non hanno confermato il sindaco eletto cinque anni fa. Di più: questi non facevano più parte del movimento 5 Stelle e non partecipavano più alla competizione elettorale. Domenico Messinese, eletto a Gela, aveva abbandonato subito il suo gruppo, ricercando un’alleanza anomale, del tutto personale, con frange vicine al centrosinistra. Messinese era stato poi sfiduciato dal consiglio comunale e gela usciva da un commissariamento. Patrizio Cinque, sindaco di Bagheria, a lungo considerato dai grillini uno dei migliori primi cittadini, era stato espulso perché indagato per una vicenda riguardante alcune irregolarità amministrative di familiari. Cinque non si è ricandidato. Due settimane fa era stato eletto sindaco Filippo Tripoli, consigliere comunale uscente, a capo di una coalizione traversale che comprendeva frange del centrodestra ed il Pd. Il candidato del centrodestra è secondo, solo terza Romina Ajello, 5 stelle, ex assessore di Patrizio Cinque. E un anno prima, i 5 Stelle avevano perso anche la città di Ragusa, dove l’uscente Federico Piccitto non si era ricandidato (per scelta) e il candidato grillino era stato sconfitto al ballottaggio.

Un dato: in Sicilia, finora, i 5 Stelle non hanno mai riconfermato il sindaco uscente, anzi non lo hanno mai ricandidato. Un dato che fa riflettere e che potrebbe essere collegato anche alla “giovane vita” del movimento fondato da Beppe Grillo, che finora si è retto su una struttura super leggera, i meet up e che fatica a consolidare apparati e classi dirigenti. Ma anche a capitalizzare esperienze amministrative.

Centrodestra e centrosinistra non possono cantar vittoria. Se si eccettua il sindaco di Monreale, gli altri primi cittadini non hanno un partito unico di riferimento. Spicca il dato di alcune alleanze anomale tra frange di Pd e della destra. Un dato positivo, secondo alcuni, il rischio del consociativismo che riemerge, secondo altri.

 

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