Demos, dopo il primo congresso nazionale

Quale è la visione di Demos in vista delle prossime elezioni politiche? Intervista al neo segretario nazionale Paolo Ciani. Il sistema elettorale, l’immigrazione, il rapporto con il Pd e la questione della guerra. «Siamo nel centro sinistra perché le nostre proposte, i nostri valori, la visione della società che ci anima è incompatibile con una destra post democratica, populista e neo nazionalista»
Demos, da sin . Paolo Ciani, Pietro Bartolo e Mario Giro Foto Fabio Cimaglia / LaPresse Solidale

Demos, sigla contratta di Democrazia solidale, è un partito che ha tenuto, dal 13 al 14 maggio, il suo primo congresso nazionale a Roma con la partecipazione e l’intervento di altri partiti: Enrico Letta per il Pd, Ettore Rosato per Iv, Arturo Scotto per articolo 1 e Filiberto Zaratti per i verdi europei.
Demos è nato per iniziativa di alcuni esponenti della Comunità di Sant’Egidio ma non è e neanche può essere, ovviamente, la rappresentanza politica di questa realtà ecclesiale nata a Roma da un gruppo di liceali nel 1968 e ormai diffusa a livello internazionale in più di 70 Paesi, con una visibilità accentuata dal fatto che il neo presidente di vescovi italiani, il vescovo di Bologna Matteo Zuppi, proviene da tale esperienza di “associazione pubblica di laici della Chiesa”.

Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio è Andrea Riccardi, autorevole docente universitario di storia, materia dove eccelle la presenza di esponenti della Comunità, segno di una visione culturale originale che lo ha portato a ricoprire, dal 2011 al 2013, l’incarico di ministro della cooperazione internazionale nel governo Monti e ad essere uno dei promotori nel 2013 di Scelta Civica, partito che si è poi disciolto nel 2019.

Nel congresso nazionale di Demos è stata centrale la relazione di Riccardi ma è da mettere in evidenza il ruolo che fin dall’inizio ricopre Mario Giro, esperto di politica internazionale, sottosegretario e poi viceministro agli Esteri dal 2013 al 2018, nonché l’adesione al nuovo partito da parte di Pietro Bartolo, famoso medico di Lampedusa, ora parlamentare europeo eletto con il Pd in quota Demos.

Esiste, inoltre, un nutrito numero di amministratori locali che sono espressione del partito come ad esempio Paolo Ciani, laureato in Storia, esperto di politica sociale e dell’immigrazione, consigliere regionale del Lazio dal 2018 e consigliere comunale di Roma dal 2011 nella maggioranza del sindaco dem Roberto Gualtieri. La coordinatrice romana di Demos, Barbara Funari, è assessore alle Politiche sociali e alla salute, 46 anni, laureata in Sociologia, dottorato in Educazione Sanitaria.
Gualtieri è stato tra gli invitati ufficiali al congresso nazionale del partito che ha eletto Ciani alla carica di segretario nazionale con il mandato evidente di gestire la prossima importante scadenza delle elezioni politiche fissate per la primavera 2023.
Abbiamo, quindi, intervistato Paolo Ciani per capire meglio la visione di Demos.

Che prospettiva si è data Demos dopo il suo primo congresso nazionale? La vostra partecipazione alle prossime elezioni politiche del 2023 è condizionata dalla modifica della legge elettorale?
Il congresso ha confermato ciò che ci auguravamo quando abbiamo fondato Demos: creare un partito “nuovo”, innovativo e con una proposta politica ben connotata che, in questi tre anni, ha trovato una risposta di consenso in tanti territori. D’altronde non sono cambiate le condizioni della politica dalla fondazione di Demos a oggi: sistema bloccato, partiti disorientati e scollegati dalle persone, sfiducia diffusa nella politica e, soprattutto, con scarsa penetrazione nella società civile e nelle periferie urbane e sociali. In compenso la pandemia ha confermato una nostra intuizione di fondo: bisogna investire sulle relazioni sociali e la lotta alle disuguaglianze.

Noi continueremo nel nostro percorso, lungo, difficile ma affascinante: radicarci sui territori, crescere coinvolgendo giovani, donne, migranti. Andando nelle periferie geografiche ed esistenziali a portare aria nuova! In merito alle prossime politiche la risposta è che stiamo valutando le varie opzioni possibili: all’interno di una coalizione potremmo anche partecipare con questa legge in vigore (il Rosatellum,ndr)

Avete una preferenza per un preciso sistema elettorale?
Le ultime leggi elettorali sono parte delle cause dello scollamento tra società e partiti ed è altrettanto evidente che il “maggioritario”, in Italia, non ha mai dato i frutti sperati: finte coalizioni che non reggono alla prova di governo, individualismo e leaderismo. Un’ipotesi potrebbe essere quella di tornare ad un proporzionale con le preferenze o ad un maggioritario con piccoli collegi: insomma qualcosa più adeguato per rappresentare la pluralità della società italiana che in democrazia è una ricchezza, non un disvalore e che riavvicini gli eletti alle persone. Ho però forti dubbi che la legge sarà cambiata in questa legislatura.

Si può definire Demos con la formula classica di partito politico di ispirazione cristiana?
Forse sono formule che possono fuorviare perché rimandano ad un passato che non c’è più. È innegabile che Demos, sia sul piano ideale che nelle esperienze personali di molti di noi, vuole essere erede del miglior cattolicesimo democratico e cristianesimo sociale italiano. Ma è altrettanto vero che non intendiamo essere un partito confessionale. Vogliamo essere un partito aperto nel quale si possano riconoscere anche i “nuovi italiani”, così come tanti laici non ideologici che hanno perso riferimenti partitici e apprezzano le idealità di Demos. Mi colpisce come tanti – credenti e non – abbiano apprezzato i messaggi di papa Francesco contenuti nella Laudato sì o nella Fratelli tutti: il problema però è non banalizzare i suoi insegnamenti (quanti citano il papa “sbocconcellando” i suoi messaggi), ma trasformarli in proposte per una società più giusta, aperta, inclusiva, rispettosa di tutte le differenze, che ascolti il grido della terra e quello dei poveri, che si ribelli alla cultura dello scarto.

La società (e la politica) non hanno bisogno di riaffermare identità contrapposte, ma di testimoni che vivano quello in cui credono.

Come si può definire la collocazione di Demos all’interno del centrosinistra? Quali sono i rapporti con il Pd? Si può dire che esiste una modalità simile a quella operata dai radicali di +Europa?
Demos è collocato nel centro sinistra perché le nostre proposte, i nostri valori, la visione della società che ci anima è incompatibile con una destra post democratica, populista e neo nazionalista. Siamo un partito modernamente antifascista nel senso che il fascismo non è morto con il Partito Fascista italiano ma trova sempre nuove forme e nuove modalità di espressione.

Rispetto al Pd, i rapporti sono buoni come hannp dimostrato la partecipazione e le parole di stima che ci ha rivolto il segretario del Pd Enrico Letta al nostro Congresso. Abbiamo aderito come partito con convinzione alle Agorà e stiamo dando il nostro contributo per costruire un vero “campo largo”. Chiaro, il PD non è un monolite, e purtroppo talvolta nei territori i rapporti non sono sempre fluidi e correnti: un atteggiamento tra il paternalista e l’egemonico alcune volte non aiuta. Ma generalmente c’è rispetto e nei più “illuminati” una sana consapevolezza: il Pd da solo non basta e in un tempo di distanza dalla politica è opportuno favorire la presenza anche attraverso altri partiti coalizzati. Peraltro noi di Demos siamo corretti: siamo tra i pochi che non cercano visibilità nel parlare male degli altri.

Avete evidenziato tra i punti determinanti del vostro programma l’adozione dello ius Culturae. Quali altri obiettivi concreti ritenete necessari per definire la linea della vostra forza politica?
Potemmo sembrare un partito moderato nel comportamento e nella postura: non ci piace la politica urlata, la polemica fine a se stessa, il non arrivare mai ad una sintesi. Ma su alcuni temi siamo radicali: la cittadinanza è uno di questi perché è strettamente connesso e determinante nel costruire l’Italia e l’Europa del domani: Ius Culturae o Ius Scholae, sui quali la politica tentenna o si oppone, sono per noi passaggi obbligati verso il futuro perché vivere bene tra diversi è il destino.

Avete una posizione definita sulla questione della fornitura di armi all’Ucraina?
Guerra e armi sono un binomio tragico ed indissolubile: le seconde alimentano e rendono possibile la prima. In questo senso siamo contrari al riarmo, al bellicismo, perché le armi sono sempre strumenti di morte e distruzione. Esiste il diritto degli ucraini a difendersi ma occorre anche pensare al dopo: costruire già ora le premesse della pace. Per questo la guerra va fermata: è durata anche troppo, è ora di negoziare.

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