Decreto lavoro, adesso è legge

Dopo due mesi per l’esame di Camera e Senato, tre letture e tre voti di fiducia, il decreto Poletti è stato convertito definitivamente in legge. Adesso il Jobs Act è atteso alla prossima sfida. Alla Camera, con voto palese e maggioranze inedite, passa anche l’autorizzazione all’arresto per il deputato Pd Genovese
Camera dei Deputati

Dall’annuncio alla prima fiducia della Camera. È l’8 gennaio quando il premier Matteo Renzi annuncia il Jobs Act, un piano di riforme ad ampio spettro del mercato del lavoro, di cui il Decreto lavoro costituisce il primo step. Il 12 marzo il Decreto lavoro viene varato dal Consiglio dei ministri. Il testo, firmato dal ministro Giuliano Poletti, passa in Commissione lavoro di Montecitorio, dove subisce alcune modifiche, volute soprattutto da alcuni esponenti del Pd. Il Nuovo centrodestra e gli altri partiti della maggioranza (ma anche Forza Italia) si oppongono a queste modifiche proponendosi di voler tornare in Senato al testo originale del decreto. Il Movimento 5 stelle rifiuta fin dall’inizio l’intero provvedimento, come pure Sel.

Il 23 aprile passa alla Camera la prima fiducia posta sul provvedimento (con 344 voti favorevoli e 184 contrari), dopo le divisioni nate all’interno della maggioranza, con Nuovo centrodestra e Scelta civica in posizione critica: ma alla fine entrambi i partiti votano la fiducia. Il giorno successivo la Camera approva la conversione in legge del decreto (con 283 voti favorevoli, 161 voti contrari e un astenuto).

Il Senato introduce modifiche e vota la seconda fiducia. Il testo passa all’esame del Senato. La Commissione lavoro di palazzo Madama introduce delle modifiche al testo approvato dalla Camera: il ripristino dell'apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento delle attività stagionali; il ritorno della quota obbligatoria di stabilizzazione di apprendisti (20 per cento) per le aziende con oltre 50 dipendenti (prima erano 30); il riconoscimento di un ruolo sussidiario delle imprese nella formazione (solo se l'azienda si dichiara disponibile).

Il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, a nome del governo, pone la questione di fiducia sul maxi emendamento presentato dall'esecutivo, e il 6 maggio il Senato vota la seconda fiducia al governo sul Decreto lavoro (con 158 sì e 122 no), che torna quindi  alla Camera in terza lettura per il via libera definitivo.

In tre convulse giornate il passaggio conclusivo alla Camera. Il 13 maggio la Camera vota la terza fiducia al governo sul decreto (con 333 voti favorevoli e 159 contrari) e rinvia al giorno seguente l’approvazione definitiva del provvedimento. Il 14 maggio la Camera prosegue i lavori con l’esame dei numerosi ordini del giorno inerenti il decreto. Il M5S sceglie di ritirare gran parte dei propri e chiede di rinviare il testo in Commissione, al fine di accelerare – afferma – la pronuncia sull’autorizzazione all’arresto del deputato Pd Genovese: ma la Camera dice di no. Sel, dal canto suo, prosegue nell’ostruzionismo ad oltranza. La votazione viene rinviata all’indomani.

Sono da poco passate le ore 13 di giovedi 15 maggio quando si giunge al voto finale della Camera che ratifica il via libero definitivo al testo, con maggioranza e opposizione che votano in modo compatto in coerenza con le proprie dichiarazioni di voto espresse in aula (279 i voti favorevoli, 143 i contrari). Dopo il braccio di ferro delle scorse settimane fra Pd e Nuovo centrodestra, le forze di governo si trovano concordi nel valutare positivamente le norme innovative della legge, mentre quelle di opposizione ritengono che esse anziché favorire nuova occupazione aumenteranno la precarietà.

In sintesi i contenuti della legge. Si modifica profondamente la precedente normativa sui contratti a termine e sull'apprendistato. Le disposizioni si applicano ai rapporti di lavoro costituiti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto.

l contratti a termine non possono avere una durata superiore a 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe, per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione. Il numero complessivo di contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1 gennaio dell'anno di assunzione, prevedendo anche sanzioni amministrative per le aziende che violano detto limite.

Per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti, l'assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, di almeno il 20 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte, nell'arco dei complessivi 36 mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi.

Il diritto di precedenza all'assunzione del lavoratore precario, che ha svolto attività a tempo determinato per almeno sei mesi con la stessa mansione, nonché per gli stagionali, deve essere espressamente richiamato dall'azienda nell'atto scritto che avvia il contratto di lavoro. Lo stesso beneficio si estende alle donne in congedo per maternità, che possono conteggiare anche la gravidanza nella durata del contratto a termine. 

I datori di lavoro che stipulano un contratto di solidarietà hanno diritto, nei limiti delle disponibilità preordinate nel Fondo per l'occupazione, per un periodo non superiore ai 24 mesi, a una riduzione dell'ammontare della contribuzione previdenziale e assistenziale ad essi dovuta per i lavoratori interessati dalla riduzione dell'orario di lavoro in misura superiore al 35 percento.

In appendice, il caso Genovese. Alle 16.30 dello stesso giorno i lavori nell’aula di Montecitorio riprendono per la pronuncia in merito all’autorizzazione all’arresto del deputato Pd Francantonio Genovese, avanzata dal Gip di Messina su richiesta della Procura peloritana, con l’accusa di associazione per delinquere, truffa e frode fiscale. Nel frattempo Renzi annuncia che il Pd intende procedere alla votazione, subito e a scrutinio palese, per l’autorizzazione all’arresto. Dopo un’ora e mezza di bagarre (con insulti e accuse trasversali), si passa alla votazione: la Camera dice sì all’arresto con 371 voti favorevoli, 39 contrari e 13 astenuti. L’esito della votazione è accolto da un silenzio composto, anche dai banchi del Movimento 5 Stelle, senza commenti né applausi.

Singolare, nella circostanza di questa votazione, la scomposizione/ricomposizione a geometria variabile della maggioranza e dell’opposizione. Favorevoli all’autorizzazione all’arresto: larga parte del Pd, Scelta civica, il Movimento 5 Stelle, Sel, Fratelli d’Italia. Contrari: Forza Italia, Nuovo Centrodestra e anche sei deputati Pd (che si aggiungono ad una astensione, ai 33 che non hanno partecipato al voto, e ai 13 assenti perché in missione).

Appresa la notizia, in serata il deputato Genovese si è costituito nel carcere di Gazzi.


 

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