Ho dato le chiavi di casa a Gesù

L’esperienza di ospitare a casa propria una persona straniera è servita a sviluppare un forte legame di reciproca stima.
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Foto Pexels

Circa 7 anni fa ho assunto come colf un giovane mauriziano. Marco – nome di fantasia – ha mostrato sin dal primo momento una buona versatilità per i servizi domestici, ma dopo alcuni mesi ho capito che era portato maggiormente per altri lavori, più consoni alla sua personalità.

Dopo un paio di anni, essendo provvisto di patente B, si è iscritto presso un’autoscuola per prendere la patente C per la guida dei Tir. Poiché l’autoscuola era situata fuori città e non servita da mezzi pubblici, gli ho prestato la mia macchina, per quasi 6 mesi. Appena conseguita la patente C, è stato assunto da una ditta di autotrasporti, lasciando in parte il servizio come colf solo a casa mia. Dopo pochi mesi, però, si è accorto che questo tipo di lavoro non faceva per lui e si è licenziato. In certi ambienti, purtroppo, il colore della pelle, essendo lui di pelle scura, può essere un fattore discriminante.

Dopo alcuni mesi, mentre lavorava di nuovo come colf, è stato assunto da una ditta che allestisce eventi con apparecchiature acustiche e luminose. Il posto di lavoro, però, è situato in un paese vicino alla mia città, ma in determinate ore è raggiungibile solo con una macchina. Alcune volte, infatti, si termina alle tre di notte, altre volte si prende servizio alle prime ore dell’alba. Così gli ho prestato l’intera somma, 2700 euro, per l’acquisto di un’auto usata, che mi sono stati restituiti un poco alla volta.

Marco è ancora celibe, pur avendo 45 anni; prima era alloggiato presso una sorella, in verità in modo molto arrangiato, dormiva su un divano in sala da pranzo. Una sera, senza preavviso, la sorella gli ha comunicato che aveva ricevuto lo sfratto esecutivo e che il giorno dopo avrebbe dovuto lasciare la casa, andando a vivere con il marito e la bambina in una casa più piccola. Marco, molto contrariato per questa notizia, prese le sue cose e decise di dormire in macchina. Io, però, avendolo saputo da una sua telefonata, anche se erano già le 22, gli offrii di dormire a casa mia.

Gli orari di lavoro, però, erano e sono tali che potevano “disturbare” i ritmi di vita di due pensionati come siamo io e mia moglie, ultraottantenni, che lo aspettavamo anche in tarda ora per accoglierlo. Abbiamo pensato perciò di dare a Marco le chiavi di casa, che lui ha tenuto per circa 3 mesi, compresi quelli estivi in cui è stato in casa mia da solo (“alloggiare i pellegrini”).

Il datore di lavoro poi, a ottobre, gli ha trovato un alloggio nel paese dove lavora e gli ha anticipato i primi 6 mesi di fitto, che poi non ha più voluto indietro, considerata la stima che nutre nei suoi confronti. Noi, però, continuiamo ad essere il suo punto di riferimento, grazie anche a telefonate quasi quotidiane.

Di Angelo De Giglio

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