Dal Marocco un “no” al burqa

Il ministero degli interni ha intimato ai produttori e ai commercianti di burqa di interrompere le loro attività. Ma il cambiamento duraturo può arrivare dalla crescita della coscienza civile 
AP Photo/Mustafa Najafizada

È stata vietata per legge in Marocco la produzione e la commercializzazione di burqa, cioè del “velo islamico” mutante in scafandro di tessuto. La misura, inutile dirlo, sembra giusta, nella direzione della salvaguardia dei diritti della donna e dell’uguaglianza (di diritti) tra uomini e donne.

In un Paese che peraltro è già più avanzato nel diritto di famiglia rispetto ad altri Paesi a maggioranza musulmana.

E tuttavia emerge un dubbio: d’accordo, meglio una misura così che niente. Ma non si riformano le società con i divieti.

La società marocchina per migliorare sul serio nell’ambito dei diritti umani credo dovrebbe soprattutto continuare a promuovere al suo interno una crescita culturale di coscienza civile che porti la popolazione stessa a rifiutare il burqa. Finché ci saranno uomini che decideranno di murare vive nei loro vestiti le donne, e finché ci saranno donne che acetteranno tale pratica, il problema non sarà risolto.

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