Da Brecht a Dio

Alessandra Pasquali, dalla passione per il teatro al Gen Verde.
Alessandra Pasquali

«Mi sto inserendo proprio ora nel coro», mi racconta Alessandra Pasquali, 35 anni, originaria della provincia di Viterbo, una cascata di riccioli a incorniciare un viso definito da grandi occhi azzurri. Tanzania e Brasile sono tra gli ultimi “acquisti” del Gen Verde – il gruppo musicale internazionale tutto al femminile del Movimento dei focolari –; ma anche lei, Alessandra, arrivata l’estate scorsa, che ha già iniziato a inserirsi nella scaletta dello spettacolo Maria.

 

Il mestiere precario dell’attore era la strada che aveva scelto subito dopo aver conseguito una laurea in sociologia. Prima un corso con il regista Giancarlo Sepe, poi il Centro internazionale “La cometa” di Roma, dove rivisita i classici di Brecht, Tennessee Williams e Čechov: «Il teatro è totalizzante – mi racconta Alessandra –, perché non solo richiede dedizione ma ti allena a diventare atleta dei muscoli e delle emozioni, nella sua varietà di gioie e dolori». Una via, quella del teatro, tracciata a binario doppio con l’altra via attraverso cui realizzarsi: semplicemente Dio. «Il mio rapporto con Dio – continua –, affonda nell’infanzia», ma nella prima metà degli anni Novanta due scoperte fungono da rivoluzioni copernicane del suo mondo. La prima avviene attraverso «i Focolari che mi hanno riportato alla genuinità dei rapporti, del volersi bene, del cristianesimo dei primordi».

 

È in quell’esperienza che intuisce «la necessità che io prendessi un’altra piega» e il primo banco di prova diventa la famiglia. L’altra è la recitazione con il primo approccio in una compagnia del paese. È teatro amatoriale, continuerà a seguirlo costantemente fino agli anni dell’università a Roma: «Una bella esperienza di comunità alla scoperta delle proprie radici».

 

In quegli stessi anni i colori flou dei capelli e delle magliette, le letture filosofiche e la musica di protesta diventano un affastellato e dirompente ricettacolo di vitalità e voglia di fare. Come quella volta in cui – assieme a un gruppo di amici –, erano riusciti ad avere dal comune soldi e permessi per poter rivalorizzare delle zone del paese realizzando dei murales. Un signore non era molto convinto del risultato e lei non si era di certo nascosta, ma aveva protestato vivacemente contro un giudizio di certo affrettato.

 

Eppure in quelle “zone franche” dell’animo adolescenziale si intravede una costante ricerca di assoluto. «Andavo per mostre e concerti con gente di tutti i tipi – continua Alessandra –, ma erano sempre occasioni per tanti rapporti profondi». Anche nelle feste, con la musica assordante, spesso si ritrovava a parlare ore e ore, a cercare dialogo, uscendone poi senza più un filo di voce a fine serata, perché «se è vero che la ribellione si esprimeva uscendo fuori dalle strutture, non ero pienamente convinta del modo». C’era comunque un velo di tristezza: «Non vedevo i miei sogni realizzati: la condivisione o il dialogo aperto in famiglia o con gli amici a 360 gradi, e nemmeno valori come la giustizia sociale che leggevo nei libri». A mancare erano proprio quegli ideali di comunità e di reciprocità che vengono dal cristianesimo e che la portavano a domandarsi anche se non fosse tutto finto. Oltre la barricata: «Vedevo silenzi e muri».

 

Dal corso con il regista Giancarlo Sepe, che si caratterizza da sempre per un teatro con finalità politiche e sociali, ai due anni di accademia «appoggiata da tutti perché vedevano che era la mia via professionale», la scelta più radicale di consacrarsi a Dio. Dal 2009 fino al 2011 è a Verona. Qui trascorre del tempo integrandosi molto nella comunità, rimettendo a fuoco e a frutto «quella mia capacità “sociale”». Ma «divisa tra attività in ludoteca con i bambini e la biblioteca, nel precariato lavorativo, di teatro neanche l’ombra. Pur sentendomi felice, mi son chiesta cosa Dio volesse da me se non avessi un ambito nel quale esprimermi». A quel punto arriva la proposta di entrare nel Gen Verde e un po’ tutto torna a congiungersi: scelta e passione si fondono in un’unica vocazione. «La gioia piena di una scelta: la rivoluzione che volevo con il Vangelo», conclude Alessandra.

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