Curdi senza protettori

Il vertice nato di Madrid ripropone in primo piano il dramma di un popolo da sempre senza un suo territorio
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan al vertice della NATO a Madrid, in Spagna, giovedì 30 giugno 2022. Foto: AP/Manu Fernandez

Li trovi ovunque nel mondo, i curdi. Perché secoli di condizioni politiche avverse hanno spinto milioni di suoi figli ad abbandonare le tradizionali terre da loro abitate da sempre, per cercare fortuna altrove. Lo sappiamo: i 35-40 milioni di curdi sono suddivisi tra quattro Paesi: Turchia, Iran, Siria e Iraq. Si parla esplicitamente di Kurdistan siriano e iracheno, mentre i curdi sono tollerati in Iran, mentre anche solo parlare di Kurdistan turco è una bestemmia politica, nonostante in Turchia vivano più di 10 milioni di curdi. In Siria il Kurdistan è in gran parte attualmente occupato dalle truppe turche, mentre in Iraq il territorio attorno a Erbil è abitato dai curdi locali, ma è sopportato male dai politici di Baghdad, soprattutto i sunniti. La questione curda, va chiarito, ha scarse dimensioni religiose, essendo piuttosto un affare politico: esistono curdi sunniti, la maggioranza, sciiti e anche cristiani.

Ora, la pur lontana guerra in Ucraina mette ancora in difficoltà il popolo curdo. Di nuovo. Al solito, l’artefice del malessere è in primis il capo del governo turco, Erdogan, il più acerrimo nemico dei curdi, per via della presenza politica in Turchia del PKK, fondato nel 1978 da Ochalan con venature marxiste, ma poi trasformatosi in un partito socialista ed ecologista. Ebbene, ancora al solito, Erdogan ha approfittato della sua posizione strategicamente fondamentale nella guerra russo-ucraina − innanzitutto per la posizione geografica, come gendarme del Bosforo; poi per la sua azione diplomatica a favore dello sblocco del grano ucraino; e, ancora, per la sua presenza attiva sullo scacchiere siriano e conseguentemente per il controllo dei flussi migratori −, per ricattare i suoi partner, questa volta la NATO, che voleva accogliere tra i suoi membri Svezia e Finlandia. Ha così ottenuto da parte dei due nuovi Paesi ammessi nell’Alleanza atlantica un impegno certificato contro il terrorismo curdo. E ha ottenuto la promessa del presidente Biden di sbloccare la vendita degli aerei F 16, i ben noti bombardieri di ultima generazione, o forse piuttosto di penultima, ad Ankara.

Vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro in Medio Oriente, i curdi sono il quarto gruppo etnico nella regione, dopo arabi, persiani e turchi; il popolo curdo, ancora una volta, viene oggi immolato sui confessabili e inconfessabili interessi internazionali. Nello scacchiere geopolitico non hanno mai avuto dei veri protettori: né statunitensi, né i russi, né sauditi, né iraniani e nemmeno i cinesi si sono mai assunto il ruolo di paladini del popolo curdo. Gli europei hanno tentato di farlo negli anni Ottanta e Novanta, provocando solo la reazione delle potenze regionali del Medio Oriente, dovendo quindi fare marcia indietro, fino all’epilogo tristissimo di Madrid.

I curdi non sono santi, tutt’altro, ma bisogna capire la loro storia travagliatissima, senza patria e perseguitati. Purtroppo, delle condizioni politiche ed economiche della regione sembrano oggi condannare i curdi a rimanere ancora a lungo nel guado.

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