Credenti e no: iniziamo dal rispetto

Il confronto tra persone di convinzioni divrese spesso è solo scontro. Ma Città Nuova deve avere iun altro stile. La parola ai lettori.
Giornalisti

Il confronto tra persone di convinzioni diverse spesso è solo scontro, ma “Città nuova” non può agire della sorte. Lo stile deve essere un altro.

 

A che pro? «Egregio Direttore, sono un amico di Città nuova. Ho sempre apprezzato lo stile e il rispetto per le persone di altre fedi e per quanti si dichiarano come me “laico senza riferimenti religiosi”. Mi è stato detto più volte che il Movimento dei focolari, di cui Città nuova è espressione, porta avanti un dialogo con quanti non hanno una fede e che addirittura ci sono nel movimento persone che si professano di credo non religioso. Devo dire però che leggendo, con un po’ di ritardo per la verità, il numero 20 del 2008 della rivista, trovandomi davanti l’articolo “Sacerdoti del sarcasmo”, sono rimasto alquanto perplesso sul titolo, che esprimeva un giudizio non positivo sulla non credenza. Ma lì dove sono rimasto sconcertato è stato nel leggere l’articolo “Delusione Augias”, dove, al di là del titolo che mi è sembrato appropriato, ho sentito un giudizio poco rispettoso per Augias, lì dove si dà allo scrittore l’appellativo di “astuto”, oppure quando si afferma che Augias “sottilmente finge”. Non credo che questo articolo aiuti Augias a rispettare i credenti, nè a porsi nei confronti di chi ha fede religiosa in maniera più aperta. Allora, se questo fine l’articolo non lo raggiunge, perchè è stato scritto? Solo per dire ai lettori di non comprare il libro di Augias perché sta imbrogliando? Ma è questo lo stile che il Movimento dei focolari ha verso chi non solo è ateo ma si professa anche nemico della Chiesa?».

Enrico Di Giovanni

 

Accoglierci a vicenda «Leggendo Città nuova con alcuni amici, abbiamo notato un linguaggio non accogliente in un articolo del n. 20 con il titolo “Delusione Augias”. Un po’ tutto l’articolo ha questo tono, ma particolarmente nella prima riga del terzo capoverso dove chiama Augias “astuto”, oppure nella prima riga del terz’ultimo capoverso dove dice “finge”. Chiederei, se fosse possibile, nello scrivere gli articoli, di tener conto che magari queste persone hanno avuto un’esperienza negativa con la Chiesa e con noi credenti che non ci siamo comportati con carità verso di loro. E comunque forse combattono perché sono alla ricerca. Non dovremmo quindi parlarne con disprezzo, ma con obiettività e amore, come se si parlasse direttamente, faccia a faccia: effettivamente se li incontrassimo useremmo l’arte di amare che Chiara Lubich ci ha dato da esercitare con tutti, nessuno escluso, bianco o nero, grande o piccolo, credente o non credente. Dobbiamo aiutarci a vicenda, credenti e no, per saperci accogliere e stabilire un vero dialogo».

C.D.R. – Roma

 

Ringraziamo i lettori per queste loro note. Effettivamente anche “lo stile” è importante per Città nuova, e su questo possiamo sempre migliorare. Grazie.

Al di là degli aggettivi e dei verbi, però, bisogna guardare anche al merito di quel che si trova nell’uno o nell’altro articolo. «Con obiettività e amore», questo sì, quindi anche con obiettività. E il libro di Augias non pare a questo proposito esente da pecche, anche perché l’autore non mi sembra sia uno specialista di storia del cristianesimo né di teologia cristiana. (m.z.)

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons