Covid 19 e la governance oltre “Metropolis”

Con governi senza grandi risorse, il rischio è che la pandemia accentui le disuguaglianze, come nelle due città del celebre film di Fritz Lang: i più benestanti nel loro mondo con alti standard di sanità mentre il resto si accontenta del sistema pubblico, spesso deficiente  
AP Photo/Rodrigo Abd

Era chiaro fin dall’inizio che il Covid-19 avrebbe trovato in America Latina un contesto completamente differente, che avrebbe avuto un effetto catalizzatore sui contagi.

Intanto la struttura sanitaria tra i Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo è impossibile da paragonare. Lo mostra la situazione della città brasiliana di Manaus, nel nord amazzonico, dove i medici – che hanno avuto un numero di positivi elevato – ormai dalla metà di marzo lavorano senza soste cercando di fare miracoli, senza gli strumenti necessari e magari, come accade nell’ospedale “28 agosto”, senza ricevere lo stipendio da febbraio.

Nella città i decessi si sono moltiplicati per tre o per quattro, e si allestiscono tombe comuni. Se in Europa, spesso, le piccole città significano anche migliori servizi, più a misura umana, allontanandosi dalle grandi metropoli latinoamericane, lo stato è sempre meno presente e meno efficiente. Il Brasile non ne è eccezione. E mentre Jair Bolsonaro appare concentrato nelle picconate contro i principi repubblicani dello Stato di cui è presidente, intervenendo in manifestazioni contro il parlamento e la giustizia, i contagi sono quasi 100 mila e 7 mila i decessi.

I ministeri della Sanità della regione hanno risorse limitate e i tamponi costano. L’esperienza europea, vedi Germania, insegna che i test vanno fatti a tappeto per assicurarsi la tracciabilità. Ma solo da pochi giorni in Cile se ne fanno più di 6 mila al giorno e sono numerosi i casi di persone con sintomi rispedite a casa dai consultori medici che non hanno come realizzarli e questi sono gestiti solo dagli ospedali pubblici.

In merito poi all’isolamento domiciliare, non è facile realizzarlo in una regione dove con frequenza le famiglie sono numerose, si vive in case di dimensioni ridotte in un clima dalle alte temperature durante gran parte dell’anno.

Le baraccopoli brasiliane, alcune concentrano anche più di 200 mila persone, quelle argentine, colombiane o peruviane non sono certo ambienti dove poter isolare un infettato. Se a questo uniamo condizioni igieniche e sanitarie precarie, ci possiamo trovare di fronte a situazioni potenzialmente esplosive. E se i ministeri fanno oggi fatica a inviare il materiale necessario, meno ancora si può pensare alla possibilità di mandare i malati in un hotel durante due settimane.

Il rischio è quello che il virus accentui ulteriormente le disuguaglianze, dato che i settori benestanti possono contare su una sanità privata dagli standard da primo mondo, mentre quelli meno abbienti, più esposti al contagio non avranno alternativa che una sanità pubblica, spesso agli antipodi.

Come i benestanti di Santiago che nella settimana di Pasqua hanno preso l’elicottero per eludere i controlli della polizia e trascorrere nelle case al mare le feste, come se niente stesse accadendo attorno a loro, felici, in un mondo a parte.

Una dinamica sociale che ricorda il film di Fritz Lang, Metropolis, dove una città edonista e festaiola vive nel lusso grazie al lavoro degli operai, sfruttati e condannati a vivere in un sottosuolo asfissiante.

Ne è una foto fedele la decisione, indecente ma legale, della holding cilena Cencosud, proprietaria di catene di grandi magazzini e supermercati, che 20 giorni fa ha chiesto di avere accesso al sussidio di disoccupazione, sospendendo i contratti di migliaia di lavoratori, per poi distribuire la settimana seguente più di 210 milioni di euro in utili ai propri azionisti (il 53% alla famiglia proprietaria del gruppo): come dire, socialisti nel ripartire costi e capitalisti nel ripartire utili.

Sono alcune delle sfide di questa regione, dove pure si avverte che la crisi sta risvegliando un senso profondo della solidarietà. Dipenderà molto dalla capacità dei governanti di canalizzare tali spinte ed i loro valori nelle strategie di azione per affrontare la crisi, ricorrendo sia ad esperti che alla società civile.

Passare cioè dal governo alla governance. Sarà forse il fattore che consentirà di superare questo momento facendo passi in avanti nella qualità democratica. Governatori di Stato e sindaci stanno intravvedendo più chiaramente questa prospettiva. Forse perché più vicini alla gente.

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