Covid-19, come rotolare il masso su per la collina

Dalla conferenza stampa della Protezione civile abbiamo appreso che si registrano 2.477 contagiati in più di ieri. Veniamo così a un numero di pazienti attuali di 85.388. 119.827 i casi totali, 19.758 le persone guarite, 14.681 i morti. Oggi prendiamo spunto dal mito di Sisifo, perché come lui stiamo cercando di risalire la china e far discendere il numero di contagi

Una parte considerevole del fascino della cultura classica sta nella sagacia dei suoi miti; le vicende degli uomini e degli dei si intrecciano nel mondo reale con una quotidianità disarmante.

I tanti segni della presenza della divinità hanno ben poco di trascendente e soprannaturale, almeno nel senso che intendiamo nella nostra cultura; anzi, il carattere e le contraddizioni dei numi hanno qualcosa di talmente umano che quei miti fanno riferimento a un contesto assai poco magico, che è una continua metafora dell’esistenza umana. Insomma, le disgrazie dei nostri eroi classici e le loro peripezie ci parlano di noi e ci raccontano qualcosa di quel che possiamo, a volte, procurarci con le nostre mani.

Oggi, guardando i numeri quotidiani, trovo particolarmente istruttivo quel che è successo a Sisifo (e non per colpa sua).

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Ora, poiché i miti son complicati e lo spazio digitale a mia disposizione scarseggia, ve la faccio corta, tanto la storia completa si trova in Rete. Il nostro eroe, erede al trono di Tessaglia, combina ogni sorta di audacia e furberia ai danni delle divinità olimpiche. La lista delle marachelle include l’aver spiato Zeus in atteggiamenti inequivocabili con una ninfa compiacente, una truffa al dio Asopo per ottenere una sorgente d’acqua, l’aver fatto ubriacare e imprigionato il dio Thanatos mandato a catturarlo (impedendo così alla morte di fare il suo corso), un’evasione dall’Ade e la violazione del patto di tornarci dopo i 3 giorni stabiliti. Insomma, alla fine della storia il conto era lungo e il padre degli dei decise per una punizione esemplare: la condanna prevede la fatica di spingere un grosso masso fino alla sommità di un monte. Ma ogni volta che il disgraziato porta a termine la fatica, questo rotola giù, costringendolo a ripetere in eterno il supplizio.

Una situazione nella quale non è difficile scorgere paralleli con la condizione umana.

Anche noi stiamo spingendo il COVID-19 su per la china della sua curva logistica, allo scopo di farlo “scollinare” e rotolare giù.

Per il Servizio sanitario nazionale, la montagna più ripida e dura è quella che descrive il numero di pazienti ospedalizzati e soprattutto dei pazienti in terapia intensiva.

Come per gli attualmente positivi, ogni giorno in ospedale troveremo:

Attualmente ricoverati = (ricoverati ieri) + (nuovi ricoveri) – (dimissioni per guarigione) – (decessi)

Sembrerebbe intuitivo che, se aumenteranno i casi, finiranno per aumentare anche i ricoveri (visto che una percentuale più o meno costante di persone che contraggono il virus purtroppo finisce per aggravarsi).

La situazione odierna in Italia è questa:

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Tuttavia se mettiamo a confronto l’incremento dei casi con quello dei ricoveri, vediamo che le curve tendono ad avere un andamento diverso. 

Questo è perché i casi asintomatici sono tanti, molti di più di quelli noti (uno studio recente parla addirittura di 6 milioni di contagiati). Inoltre nell’ultimo periodo si stanno facendo moltissimi sforzi per trovarli tutti, quindi i casi aumentano di più di quanto crescano i ricoveri.

Se i casi li evidenziamo, cambiamo il rapporto fra coloro che hanno la malattia e coloro che:

  • si ricoverano (ricoveri/casi –> tasso di ospedalizzazione per patologia)
  • muoiono per le sue conseguenze (morti/casi –> tasso di letalità)

In base a quelli che conosciamo, al 3 aprile abbiamo una letalità del 12,25% (14681 morti 119827 casi); se prendiamo la stima dello studio dei 6 milioni di contagi, questa scenderebbe allo 0,24%. In realtà quello che possiamo dire ora è l’ovvietà che il numero giusto sta da qualche parte in mezzo a questi due. 

Una buona notizia, certo. Ma sapendo che abbiamo una forte componente di popolazione anziana e che in giro ci sono molti più infetti di quelli che conosciamo, capiamo facilmente che è essenziale proteggerli riducendo la circolazione del virus. Di qui si torna all’importanza di stare a casa.

In sintesi, cosa possiamo ricavare da tutte queste informazioni?

Per trarre una conclusione, dobbiamo prima di tutto ricordarci che i dati descritti sono una sommatoria di realtà molto differenti a livello regionale, sia per le diversità in termini di fasi dell’epidemia, sia perché ci sono criteri e situazioni locali non sempre confrontabili.

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse
Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

Però una cosa l’abbiamo capita tutti: se il virus dovesse riprendere a circolare (incremento di R0), i nuovi casi sintomatici e quindi i ricoveri salirebbero moltissimo, perché ci sono ancora tante persone non contagiate. La curva a campana farebbe una bruttissima “protuberanza” e riprenderebbe a salire. La saturazione dei servizi sanitari finirebbe per peggiorare molto il tasso di letalità, considerando anche le tante persone anziane che compongono la nostra popolazione; ma questo scenario può rendere difficile l’assistenza ai malati per tante altre patologie (infarti, tumori, ictus) o anche per eventi più lieti, come i parti che necessitano di un supporto medico.

Quindi il problema riguarda tutti, ma proprio tutti. Siamo ancora nella fase in salita della nostra curva a campana. Stiamo spingendo tutti insieme un gigantesco masso su per quella collina. Non possiamo certo mollare ora: ci tornerebbe addosso, e rischieremo di farci tutti molto male.

Ma non possiamo nemmeno pensare che, una volta iniziata la discesa, possiamo smettere di preoccuparci del problema perché tutto si risolverà da sé; ci vorrà molta, molta responsabilità e coesione sociale, per gestire la fase successiva. Non a caso si parla di convivenza con l’epidemia: dovremo modificare molte abitudini e trovare alcuni nuovi modi di vivere.

Ed ecco che anche oggi i miti ci parlano: ignorare il problema ci porterebbe a ricominciare tutto da capo, come il disgraziato eroe, e riprendere la durissima salita con il masso. Con una differenza: per le sue disgrazie, Sisifo ebbe la magra consolazione di poter incolpare Zeus: a noi, nemmeno questo sarebbe di conforto.

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