Cottarelli: la manovra non basta, servono gli Eurobond

Il governo ha varato il cosiddetto decreto "Cura Italia", che stanzia 25 miliardi per far fronte all'emergenza Coronavirus e prevede investimenti per 350 miliardi di euro. Intervista a Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, per il quale serve un intervento forte della Banca centrale europea.
Carlo Cottarelli, foto Valerio Portelli/LaPresse

Il governo ha presentato il cosiddetto decreto “Cura Italia” per risollevare il Paese dal crollo provocato dall’emergenza Coronavirus che, secondo i dati diffusi questa sera dalla Protezione civile, ha provocato 2.158 morti,  23.073 malati e, in totale, 27.980 contagiati (compresi deceduti e guariti).

Un provvedimento che prevede lo stanziamento di 25 miliardi, con possibili finanziamenti per 350 miliardi di euro, in particolare per la sanità, la protezione civile, i lavoratori autonomi, le imprese e le famiglie. «È una manovra economica poderosa – ha spiegato il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa, – non abbiamo pensato e non pensiamo di combattere un’alluvione con gli stracci. Stiamo cercando di costruire una diga per proteggere imprese, famiglie e lavoratori». La crisi economica provocata dal Coronavirus, tuttavia, difficilmente potrà essere arginata. Ce lo spiega Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani (CPI) e già direttore del Fiscal affairs Department del Fondo monetario internazionale (Fmi), per il quale servirebbe un intervento drastico dell’Unione europea, con l’emissione degli Eurobond.

Direttore, ha avuto modo di vedere la bozza del decreto Cura Italia del governo?
No, di solito io guardo i provvedimenti quando sono stati approvati. Prima non li guardo in dettaglio, perché appunto sono bozze. Più o meno ho visto quello che riportano i giornali, ma non l’ho guardato in modo approfondito.

A livello di cifre si parla di 25 miliardi da stanziare subito e di finanziamenti da mobilitare per 350 miliardi. Potrebbe essere una prima misura valida?
Non si sa ancora quanto servirà alla fine e 25 miliardi, a occhio, per evitare una recessione al momento sembra difficile che siano sufficienti, ma certo attenuano le spinte recessive. Per essere al sicuro penso che probabilmente ci vorrebbe anche di più. Il solito problema è che purtroppo i momenti di crisi sono anche il momento in cui diventa più difficile per lo Stato prendere a prestito, i tassi di interesse aumentano e stanno aumentando. Ancora sono a livelli bassi e questo non ci deve al momento impedire di stanziare 25 miliardi, anzi la reazione dei mercati è stata abbastanza contenuta, però credo che un effetto recessivo comunque ci sarà, perché se la crisi medica va avanti ancora c’è poco da fare. Se la gente sta a casa la possibilità di produrre viene ridotta, però perlomeno gli effetti sulla domanda, sulla fiducia, possono essere attenutati da un maggior deficit. Quello che non mi convince è quello che succede al tasso di interesse. Per tener bassi i tassi di interesse l’unica possibilità sarebbe un intervento da parte della Banca centrale europea.

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Christine Lagarde, foto LaPresse

A proposito della Bce, una frase dell’intervento della presidente Christine Lagarde («Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni») è stata decisamente criticata…
La Lagarde ha fatto chiaramente una gaffe, questo lo hanno detto tutti. Lagarde ha poi fatto una parziale rettifica («Sono pienamente impegnata ad evitare qualsiasi frammentazione dell’area euro in un momento difficile. Gli spread elevati inficiano la trasmissione della politica monetaria», ndr), ma una volta che si è rotto il bicchiere è difficile rimettere i pezzi insieme. Quindi la rettifica non è servita a molto.

C’è il rischio che l’Unione europea, che già presenta delle criticità, si perda proprio sull’aspetto economico-finanziario, in questo momento così difficile?
Io è da tanto tempo che lo dico. Era chiaro che l’ennesima crisi economica in Europa – e si sa che le crisi prima o poi arrivano – avrebbe causato enormi tensioni all’interno dell’area, soprattutto riguardo all’Italia, perché c’è questo sentimento che si sta sviluppando nel nostro Paese contro l’Europa, anche se non si sa bene a che cosa si riferisca: se agli altri Paesi o alle istituzioni europee o a un mix di tutte e due. Questo sentimento non si è ancora sviluppato in altri Paesi: lo abbiamo noi e, forse, altri Paesi del Mediterraneo. Il problema più grosso è l’Italia, da questo punto di vista, ma ci sono stati anche degli errori, infatti questo della Banca centrale europea è stato un gravissimo errore.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha parlato di flessibilità, maggiore liquidità, aiuti di Stato… Lei che ne pensa?
L’Europa ha pochi soldi. Il bilancio dell’Unione europea è pari all’1% del Pil, quindi l’Europa di per sé di soldi ne ha proprio pochi. Dovrebbe fare qualcosa che non ha mai fatto, ma che i Paesi europei al momento sembrerebbero disposti ad accettare e cioè che la Commissione europea, che ha un bilancio in deficit, si finanzi emettendo Eurobond. Quello farebbe una grossa differenza, anche psicologica, e non è detto che non si arrivi, però spesso in Europa alle cose ci si arriva, anche in una crisi, ma tardi. Però la colpa non è delle istituzioni europee, la colpa è dei singoli Paesi.

In che senso?
Ogni Paese tende a fare i propri interessi e non gli interessi dell’Europa e quindi non c’è ancora spirito europeo. Noi in questo momento chiediamo aiuti dall’Europa e ogni Paese si comporta in maniera egoistica e anche noi forse ci comporteremmo allo stesso modo. Non c’è ancora uno spirito europeo e se non c’è diventa difficile emettere debito in comune, gli Eurobond, e quindi temo che non succederà neanche stavolta, però la soluzione sarebbe quella: l’indebitamento a livello europeo, così ci sarebbe un’ampia domanda di titoli Eurobond, ma questo richiederebbe un comportamento coordinato di cui non mi sembra che ci sia la volontà al momento e temo che ogni Paese andrà per conto suo, ma non è detto che andrà così. Anche nella crisi del 2012 ci sono stati dei cambiamenti e delle azioni comuni, solo che ci si è arrivati tardi, quando già la crisi era scoppiata.

E ora, c’è ancora tempo?
E ora siamo nel bel mezzo della crisi, in qualche modo è già tardi anche adesso.

 

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