Così fan tutte e autunno romano

Fidelio, di L. van Beethoven. Teatro dell’Opera. Raramente l’orchestra ha suonato con tanta partecipazione e, diciamolo pure, maestria. Un’ondata melodiosa, scattante, delicata saliva dalla buca, afferrata dal gesto ampio, incalzante di un direttore di rilievo come Will Humburg. C’erano momenti indimenticabili in una partitura sinfonica ove non esistono pause, perché il linguaggio passa da una sezione all’altra, al palco ininterrottamente, secondo la lezione di Mozart che sarà poi di Wagner. Così la storia di Leonora, travestita come servo Fidelio per liberare il marito Florestano ingiustamente imprigionato dal crudele Pizzarro – inno alla fedeltà coniugale e alla libertà dal male, temi carissimi al Maestro – appassiona per due atti grazie all’ottimo cast (Alan Titus/ Pizarro; Veronica Cangemi/ Marzelline; Stephen Gould/ Florestano e Susan Anthony/ Leonora) e al coro sommesso, così in sintonia con la buca. La bellezza musicale non ha sofferto troppo per l’allestimento tenebroso di Giovanni Agostinucci, che avremmo amato meno pessimista, in un dramma patetico e speranzoso fin dall’esordio, e talora con guizzi briosi. Dove la dimensione eroica di alcuni personaggi come Florestano è sempre aperta ad una incrollabile fiducia nel soprannaturale. Successo assai vivo e meritato. Idomeneo, di W. A. Mozart. Accademia Nazionale Santa Cecilia. Meravigliosa l’opera seria settecentesca quand’è eseguita con amore e composta da un genio armonioso. Il libretto, con i suoi numeri chiusi – arie recitativi cori – e il linguaggio fiorito che racconta di Idomeno re di Creta che si rifiuta di sacrificare il figlio a Nettuno (e la spunta, perché nel Settecento un’opera deve finire senza drammi) non è granché. Ma Mozart, forzando le secche dei versi e della struttura, regala pagine di alta ispirazione corale-drammatica. Dove il modello Bach- Haendel-Gluck, ben presente, è assorbito, fatto proprio con anticipazioni strumentali e vocali dal Don Giovanni al Flauto. Ci regala attimi di furore, leggiadria, dolore di rarefatta preziosità e cori neoclassici, con alcune venature drammatiche prev e r d i a n e . Musica di una bellezza statuaria, insomma, che Chung dirige con totale immedesimazione, così che l’orchestra risponde tutta con grande varietà di colori e di accenti: la musica si gusta b e n i s s i m o , grazie anche all’assenza di messinscena, una volta tanto utile. Superbo il coro ceciliano, deuteroprotagonista della storia (forse la parte più ispirata), molto buoni i solisti: Giuseppe Filianoti, saldo Idomeneo, le preziose voci di Magdalena Kosena, Eva Mei e la potente Carmela Remigio, l’infocato Arbace di Vittorio Grigolo (un’unica scabrosa aria eseguita con giusto furore) per un’esecuzione davvero storica del Mozart giovane, ma ricco di promesse. COSÌ FAN TUTTE Gira il mondo lo spettacolo di Giorgio Strehler (1997), approdato al romano Teatro Quirino. Una cosa bellissima l’accoppiata Mozart-Strehler, perché il regista – complici i costumi raffinati di Franca Squarciapino e le scene incantevoli di Ezio Frigerio – ricrea l’aura smagata del testo di Da Ponte, che la musica mozartiana contraddice con le sue pause estatiche: il brio dei concertati, l’eleganza delle arie volatilizza l’amaro della storia – due giovani coppie alle prese con l’infedeltà e la fragilità del loro stesso amore – per chiudere, come sempre, nel reciproco perdono. Nulla di inutile, caricato o artefatto: Strehler sorride, sospira, si inganna, sogna con i personaggi, fra commedia dell’arte e indagine psicologica.Vivacizza una musica già vivissima con mosse, controscene, invenzioni che danno unitarietà straordinaria allo spettacolo. Con una fantasia unica: penso al trillo orchestrale nel quartetto dei protagonisti (Dorabella, Fiordiligi, Guglielmo, Ferrando) prolungato all’infinito dai cantanti-attori, in modo esilarante ma non farsesco (l’avrà notato il vecchio Verdi del Falstaff?), perché con la musica di Mozart non si possono avere cadute di gusto. L’ha compreso la compagnia di canto ( Alexander Malta – Don Alfonso di rilievo, Mark Milhofer, – Ferrando vivacissimo, Gabriele Ribis (Guglielmo), le due sorelle Fiordiligi (Fiorella Burato e Terese Cullen molto brave) e l’orchestra Società dei Concerti di Bari diretta da Arnold Bosman. Pubblico di giovani e giovanissimi in festa.

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