Cosa c’entra La Pira con i produttori di armi?

Un commento alla presenza del presidente della Fondazione Med Or di Leonardo (ex Finmeccanica) nel comitato scientifico promosso dal comune di Firenze per l’incontro dei sindaci delle città del Mediterraneo nel nome della profezia di pace di Giorgio La Pira
La Pira e le armi . foto di caccia bombardiere F35 (AP Photo/Ben Margot, File)

Firenze, La Pira e Mediterraneo frontiera di pace. Dice il profeta Isaia, al capitolo 2: «Trasformate le vostre lance in falci e le vostre spade in vomeri». Ecco la grande trasformazione dalla guerra alla pace. Papa Francesco in una recente intervista televisiva afferma: «Con un anno senza fare armi si potrebbe dare da mangiare ed educazione a tutto il mondo».

Vediamo come si mobilitano le economie. La cosa più importante di oggi è la logica commerciale che alimenta la produzione, il commercio e l’uso delle armi. Ecco perché è necessario riproporre oggi la profezia di Isaia.  Ecco perché la memoria di La Pira non può essere inquinata da un rapporto astuto con l’industria delle armi in Italia, con la Fondazione Med-Or, la Fondazione di Leonardo (ex Finmeccanica, tra le maggiori società produttrici di armi, ndr)

Io non so se oggi si può ancora parlare del dolore di La Pira, ma i grandi dolori di La Pira sono l’affermarsi di una cultura della guerra, dall’Algeria all’Estremo Oriente, da Mosca a Pechino. Dice La Pira: «L’Europa dall’Atlantico agli Urali deve ritrovare la sua unità storica di fondo, essa deve almeno iniziare l’abbattimento del muro di divisione (Nato e Patto di Varsavia) e deve al posto del muro costruire un ponte.

Questo è indispensabile per l’unità del mondo: denuclearizzare l’Europa e il Mediterraneo, togliere dall’Europa e dal Mediterraneo le due tende del terrore (la Nato e il Patto di Varsavia) e piantare in essa, a servizio dei popoli del terzo mondo e di tutti i popoli della Terra, la tenda della pace». Ecco la strategia di La Pira. Ecco la distanza di La Pira con Leonardo.

Oggi ci sono i segni di una nuova cultura della pace: i portuali di Genova, collegati con altri lavoratori dei porti europei e mediterranei, che sperimentano una solidarietà che va oltre le frontiere.

Il Comitato per la Riconversione dell’industria militare in Sardegna in industria della pace: qui c’è il caso concreto del trasferimento di bombe di aereo dall’Italia all’Arabia Saudita, un’impresa italiana controllata da una multinazionale tedesca e per la prima volta in Italia si è costituito un comitato per la riconversione dalla guerra alla pace.

44 associazioni cattoliche a livello nazionale hanno chiesto al governo italiano di affrontare la questione delle armi nucleari che vanno bandite perché nel contesto attuale non regge neanche la minaccia della deterrenza reciproca.

Ma l’Italia continua ad essere una grande piattaforma militare. Diceva La Pira, nel 1975, alla fine della vita: «Tutti i problemi politici, culturali, spirituali sono legati a questa frontiera dell’Apocalisse: o finisce tutto o comincia tutto o eliminare l’atomica o siamo tutti eliminati globalmente».

Tutto questo per dire che Leonardo e Med-Or non c’entrano nulla con La Pira. E che La Pira non c’entra nulla con Leonardo e Med-Or. E che in Italia sta nascendo un movimento per la pace più consapevole, fatto di azioni concrete, fatto di no e di sì. Questo movimento non è disposto a chiudere gli occhi di fronte alla produzione e alla crescita del mercato delle armi. Le armi producono armi. La guerra produce la guerra. I sì e i no dei cristiani sono decisivi nel Mediterraneo, in questo crinale della storia. Davanti a Gerusalemme, a Beirut, ad Aleppo, a Gaza siamo chiamati davvero a sperare contro ogni speranza, spes contra spem.

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