Coronavirus, abbiamo deciso di restare nella zona rossa

Abbiamo intervistato Margherita Mongiovì, 24 anni, che vive e studia a Bologna. Si è trasferita da Palermo, la sua città natale, per frequentare la facoltà di Filologia classica nel capoluogo emiliano. Ci racconta come cerca di trasformare la scelta di non essere tornata a casa, la settimana scorsa, quando in Lombardia e in 14 province è stata dichiarata la zona rossa. Un'occasione di fraternità

 

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Per lei assumono un sapore diverso queste settimane di emergenza sanitaria in tutto il nostro Paese. Forse permane  un velo di preoccupazione nel farsi carico di una responsabilità nuova, mai provata prima.

Margherita condivide insieme ad altri 50 studenti l’esperienza di vivere in un pensionato universitario alle porte di Bologna. Sono rimasti in 30; gli altri ragazzi, come normalmente accade, erano tornati a casa dopo la sessione di febbraio e vi sono rimasti.

Margherita avrebbe potuto prendere il primo mezzo di trasporto per raggiungere la propria famiglia, ma la scelta è stata ponderata, scelta maturata insieme alla sua famiglia e agli altri suoi 30 colleghi.

«Nel momento in cui vedevamo che tanti nostri colleghi scendevano dalle regioni rosse per tornare al Sud, presi dal panico generale, noi abbiamo deciso di restare. Avremmo messo a rischio non soltanto la nostra salute ma anche quella dei nostri familiari. Proveniendo da una zona rossa saremmo dovuti stare in quarantena e costringere tutta la famiglia a subire questa nostra scelta qualora fossimi arrivati a casa».

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È sempre doloroso e faticoso affrontare nuove sfide, ma è così che si cresce, che si percorrono nuove strade e si aprono nuovi cammini.

In questo pensionato ciascuno cerca di vivere ben distanziato dagli altri, secondo le disposizioni di questi giorni, si evitano le uscite, si studia tramite le lezioni a distanza, che si svolgono regolarmente, si pranza facendo i turni. La sera ci si riunisce in piccoli gruppi negli spazi comuni, sempre distanziati, per avere almeno un po’ di conforto almeno nel vedersi. Certamente non è sempre facile che qualcuno rinunci alle proprie abitudini, ma c’è comunque lo sforzo di ricominciare.

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Molto gettonate sono le conversazioni video con i familiari e con gli amici fuori sede sparsi in tutta Italia che magari vivono a casa da soli. Ci si incoraggia, si ride, si racconta la propria quotidianità, fatta adesso da piccole, semplicissime cose.

Tra i colleghi di Margherita ci sono 4 studenti in medicina che, anch’essi collegati via web, frequentano le lezioni di infettivologia e poi delucidano gli altri studenti, condividendo notizie e aggiornamenti sulla situazione ed «è impressionante quello che ci raccontano – racconta Margherita –. L’emergenza sanitaria è davvero molto seria e la nostra responsabilità è fare la nostra parte per prendere tutte le precauzioni».

«In questi giorni sento che sta succedendo qualcosa di importante – continua Margherita –: mi chiedo spesso come trasformare questa emergenza in occasione di fraternità. C’è una nuova responsabilità civica che la nostra generazione sta assumendo, non avendola mai potuto esercitare come è successo per le altre generazioni».

La prossima settimana Margherita si laurea. La proclamazione solenne e i festeggiamenti a data da destinarsi. Tanti auguri di cuore!

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