Copti e musulmani convivenza possibile?

Dopo l’attentato ad Alessandria si cerca di tornare alla normalità. Restano però timore e tristezza. Le testimonianze di un sacerdote copto e di una religiosa
Proteste a difesa comunità copta

Un Natale anomalo, quello di quest’anno per la Chiesa Copta. Si piangono ancora le vittime dell’attentato del primo gennaio che ha provocato la morte di 21 fedeli, appena fuori dalla chiesa dei Santi, a conclusione della messa. Il 7 gennaio, giorno di Natale per i cristiani copti, l’atmosfera che si respirava ad Alessandria non era esattamente quella delle feste. Il grande imam della moschea di Al Azhar, Ahmed El Tayyeb si è recato alla cattedrale di San Marco al Cairo prima della messa per porgere gli auguri di Natale al patriarca Shenuda III,  per stemperare il clima di tensione, ma rimane alto l’allarme, per un attacco ingiustificato che ha sorpreso sia la comunità islamica che quella cristiana.

 

Padre Mina, sacerdote copto, racconta: «Ora la situazione è tranquilla. Nei giorni scorsi ci sono stati altri tentativi di attacchi ma varie persone sono state arrestate». Non è semplice capire che volto assume nell’immaginario della comunità cristiana il “pericolo”. Appena si parla infatti dei vicini musulmani, nel quartiere dove il sacerdote vive, le risposte sono cariche di affetto. «I musulmani sono delle brave persone. Ci hanno dimostrato solidarietà in questi giorni».
 

Suor Maria De Kevelaer è una suora argentina dell’istituto del Verbo Incarnato e vive a King Maryout a 15 kilometri di distanza da Alessandria, in un collegio dove vengono accolte ragazze al di sotto dei 18 anni, che vogliono iniziare un’esperienza religiosa. La sua è una congregazione di rito cattolico latino ma, come mi spiega, «qui c’è un forte spirito di unione di fondo fra cristiani. In Occidente siamo abituati ad distinguere fra le varie confessioni cristiane, ma qui essendo in un paese a maggioranza musulmana, i cristiani, anche se di differenti riti, sono più uniti e si aiutano tutti fra di loro». Nell’aspirantato di Santa Caterina dove si trova Suor Maria vivono attualmente 24 ragazze e fra i cristiani rimasti uccisi ad Alessandria c’erano persone che le giovani conoscevano personalmente e non è difficile immaginarlo quando una comunità è così coesa. «I genitori delle ragazze che abitano da noi e che vengono prevalentemente dal Sud si sono spaventati quando hanno sentito dell’attentato perché questo è stato più grande degli altri attacchi, ma in realtà non è stato l’unico – spiega suor Maria -. Questo è arrivato alla stampa internazionale perché ha fatto molte vittime ma ci sono vari attacchi di dimensioni minori di cui nessuno parla».

 

La convivenza tra le due religioni è una realtà quotidiana in Egitto e questo rende forse più difficile dare un volto all’aggressore. «C’è molta gente qui che lavora per far stare bene insieme musulmani e cristiani – dice suor Maria – però ci stanno anche i terroristi». In questo panorama molti si interrogano sul ruolo del governo egiziano. «Il governo sta facendo tutto quello che è in suo potere. Questo presidente è attento alle minoranze cristiane – afferma Suor Maria – e proprio per questo i terroristi non sono d’accordo». La percezione di padre Mina si muove nella stessa direzione. «Il Governo sta lavorando attivamente e ha promesso che verranno elaborate alcune leggi per permettere ai copti e ai musulmani di convivere in condizioni migliori», conclude.

 

Nonostante la percezione positiva della convivenza con la popolazione musulmana e dell’azione dello Stato, le realtà di ingiustizia e discriminazione non passano inosservate agli occhi della comunità cristiana.

Padre Mina spera in leggi che permettano di costruire le chiese così come viene permesso di costruire le moschee, mentre suor Maria parla di discriminazione nella scuola, nella ricerca di lavoro e nell’esercito. «Sulla carta d’identità c’è scritto che siamo cristiani e questo comporta a un trattamento differente».

 

Il Figlio di Dio ultimo fra gli ultimi, differente, emarginato, che il Natale continua ricordarci non è differente da questi cristiani. «Quest’anno – confessa padre Mina – preghiamo, pieni di tristezza, per i nostri cari rimasti uccisi. C’è proprio la fatica di credere alla salvezza».

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