Coppie col bollino rosso?

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Una grande porzione di umanità è ormai composta da separati. Situazioni magari diverse, ma che nascondono tutte una grande sofferenza. Oltre all’amarezza per un rapporto che va in frantumi, i separati si sentono giudicati da tutti, a volte osteggiati anche all’interno della Chiesa e alle prese con mille problemi: le ripercussioni sui figli, la casa, il tribunale, le spese, ecc. Senza dimenticare il devastante impatto della solitudine. La recente lettera del cardinale Tettamanzi – Vicini a chi ha il cuore ferito -, ha espresso con forza la sollecitudine e la presenza della Chiesa accanto alle persone in queste situazioni. L’intervento si conclude con un appello: Anche da voi la Chiesa attende una presenza attiva, sia nel grande compito educativo, sia come testimonianza e aiuto ad altri che attraversano situazioni simili alle vostre. Esistono già, al riguardo, iniziative puntuali, soprattutto a livello locale, di grande merito, che mostrano una Chiesa attenta alle ferite dell’umanità e al singolo sofferente. Nel movimento Famiglie Nuove, tre anni fa era nata l’idea di organizzare weekend per separati orientati alla fedeltà. Momenti di comunione, sulla base della convinzione che il separato è la figura di Gesù abbandonato . Momenti di riflessione e di incoraggiamento a rimanere fedeli al sacramento. In questi weekend non erano stati coinvolti separati risposati, anche se molti di questi avevano manifestato il desiderio e il bisogno di un momento di condivisione. Successivamente, però, nel gennaio 2008 Famiglie Nuove ha organizzato un incontro per coppie in nuova unione. Ne parliamo con Annamaria e Danilo Zanzucchi, responsabili della segreteria centrale di Famiglie Nuove. Come è maturata la decisione di questo incontro? Danilo Zanzucchi: Siamo stati incoraggiati da due forti motivazioni. La prima risale a ben undici anni fa. Leggendo la relazione finale dell’assemblea del Pontificio consiglio per la famiglia sui divorziati risposati, e impressionata da quanto emerso e dalle difficoltà di queste persone, Chiara Lubich ci disse: Soffrono per non ricevere i sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia e questo fa loro onore, si vede che amano Gesù e la Chiesa. Bisogna far conoscere a queste persone anche le altre fonti di Dio: la Parola, il fratello, ecc. Il loro è un dolore che va valorizzato, perché, come in ogni dolore, sotto c’è il volto di Gesù crocifisso e abbandonato. Da allora, nei nostri contatti personali abbiamo sempre cercato di offrire questa visione, aiutando così tante persone a non abbandonare la fede e restare nella Chiesa. E la seconda motivazione? Ci siamo sentiti chiamati a fare qualcosa dalle recenti parole di Benedetto XVI. Nel 2005 ha detto: Il Cristo sofferente abbraccia in modo particolare queste persone e comunica con loro in un altro modo e possono sentirsi abbracciate dal Signore crocifisso che cade e ricade in terra e muore e soffre per loro, con loro. Poi successivamente, nel 2007: Anche in questa situazione la presenza del sacerdote, delle fa- miglie, dei movimenti, la comunione personale e comunitaria, l’aiuto dell’amore del prossimo, un amore molto specifico, è di grandissima importanza. E penso che solo questo amore sentito della Chiesa, che si realizza in un accompagnamento molteplice, possa aiutare queste persone a riconoscersi amate da Cristo, membri della Chiesa anche in una situazione difficile e così vivere la fede. Recentemente ne avete parlato anche con il papa… Annamaria Zanzucchi: Nell’udienza che ha concesso a Famiglie Nuove per il 40° del movimento, Benedetto XVI, conoscendo la nostra realtà, ci ha invitato a cercare nuove strategie proprio per queste situazioni irregolari. Abbiamo subito messo in atto questo suggerimento, preparando il programma dell’incontro incentrato, oltre che su preghiera e dialogo, sulla Parola e su Gesù crocifisso e abbandonato, risposta ad ogni perché dell’uomo. Naturalmente non avevamo la presunzione di dare a ciascuno la soluzione dei suoi problemi, tanto diversi l’uno dall’altro, e neanche di dare spiegazioni che togliessero magicamente ogni dubbio e ogni difficoltà a comprendere. Desideravamo solo far sentire a ciascuno l’amore della Chiesa, dando una mano con l’indicazione di un cammino che aiutasse in ogni situazione a trovare o ad approfondire il giusto rapporto con Dio. Giorni intensi e delicati, suppongo… Ogni parola che si diceva aveva un peso enorme, per la grande sensibilità di queste persone, scavate in modo particolare dal dolore di separazioni spesso traumatiche, rapporti difficili con i figli, difficoltà economiche per dover sostenere anche la famiglia precedente. Soprattutto abbiamo visto persone che portavano nell’anima la lacerazione di non essere in piena comunione con la Chiesa. Ci sono stati momenti difficili, in cui non pochi hanno manifestato la pena di sentirsi giudicati da tutti, di sentirsi coppie col bollino rosso, di non sapere cosa rispondere ai figli quando chiedono perché li portano alla comunione mentre loro non la fanno, o quando i figli vengono rifiutati nelle feste di famiglie regolari, perché figli di divorziati . Situazioni concrete difficilissime… Danilo Zanzucchi: Se considerate secondo il Codice di diritto canonico, avevamo davanti a noi persone in situazione di adulterio. Lette con il codice della carità, erano invece 85 situazioni drammatiche, una più dolorosa dell’altra. Al di là delle formulette giuridiche, la realtà è che la donna e l’uomo hanno in ogni caso la croce sulle spalle. Timore di fallire? Non è mancata in effetti un po’ di inquietudine. Lo scopo dell’incontro non era quello di dare una legittimazione alla loro situazione, cosa che eventualmente compete ad altre istanze ecclesiali. Da come si sono espressi alla fine dell’incontro, e soprattutto dalle loro testimonianze scritte, abbiamo costatato che, pur restando nella spaccatura e rimanendo in situazioni oggettivamente irreversibili, perché magari ci sono di mezzo figli, hanno tuttavia trovato una luce. Concretamente cosa avete loro proposto? Annamaria Zanzucchi: Avevamo davanti persone che sono amate da Dio e volevamo dirglielo. Nello stesso tempo, amare significa anche essere nella verità: quindi non abbiamo detto cose diverse da quello che dice la Chiesa cattolica. Abbiamo però sottolineato che essa li ama, come dimostrava proprio questo incontro, fatto per loro e con loro, non su di loro. L’accoglienza nella reciproca comunione, il proporre strumenti concreti per rispondere a questo amore – per esempio vivere concretamente la parola di Dio e condividere con chi sta vicino – è stata una grande novità per i partecipanti. Soprattutto la scoperta che è possibile valorizzare il dolore che essi vivono, una sofferenza mai sterile e inutile. Anzi, una sofferenza che, più è valorizzata, più è accolta, più diventa feconda e fruttifica dentro di te, dandoti la capacità di essere persona. Solo loro, tra l’altro, hanno la capacità di comprendere fino in fondo la grande sofferenza che c’è in giro oggi. Come vi siete salutati? Sono partiti in uno stato di grande commozione: si cercavano, si scambiavano gli indirizzi, si riconoscevano fratelli. Tutti hanno chiesto di continuare questi incontri, di non rimanere soli. IL DOLORE DELLA SEPARAZIONE Amata e non giudicata. Per la prima volta mi sono sentita amata e non giudicata ed ho imparato che ci sono tanti modi di vivere il mio rapporto con Dio e Gesù, non solo il momento dell’Eucarestia. Barbara Noi soffriamo per gli altri. Questo Amore deve un giorno illuminare tutti, anche quelli più fortunati di noi. Forse è vero: noi soffriamo anche per loro . Tania In cammino. Ci avete fatto sentire uniti ma soprattutto in cammino. È come fossimo usciti da un labirinto dove stavamo girando a seconda della voce che sentivamo. Loris e Lucia Solitudine. La solitudine mi prendeva in chiesa, nella Chiesa che ha segnato i passaggi della mia vita, nella comunità in cui ora crescono le mie figlie. Mi sono allontanata dalla Chiesa. Ora ho capito che non è essa che isola, punta il dito, ma gli esseri che la compongono che si ergono a giudici per qualcosa che non conoscono, per un dolore che superi perché eri disperato . Loredana Tanti interrogativi. Presenti a questo incontro come divorziati, viviamo in coppia da 20 anni. Bisogna mettere a posto una nuova famiglia, c’è bisogno di tanto tempo, con non pochi interrogativi, soprattutto per l’educazione dei figli, per il posto che devono avere i genitori adottivi. I chiarimenti donatici sulle regole della Chiesa in questo contesto ci sono apparsi molto importanti, ma anche difficili da comprendere . Jean Luc Dio è un Padre che ama sempre. L’incontro è la risposta a tantissime preghiere in cui chiedevo a Dio aiuto, per cercare una soluzione alla sofferenza di chi è separato, divorziato in nuova unione. La sofferenza più grande che si vive è la percezione di sentirsi esclusi dalla misericordia di Dio. Ma in cuor mio sentivo che non era così: Dio è Amore, è un Padre che ama sempre i suoi figli, con tutti i nostri errori… ci ama così come siamo. Elisa1

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