Convivenza o matrimonio?

“Tra qualche mese ci sposeremo. Molte coppie di nostri amici hanno scelto di convivere e qualche volta viene anche a noi il dubbio: ma vale la pena sposarsi? Che differenza c’è tra la convivenza e il matrimonio?”. Marco e Giulia – Milano Conosciamo anche noi alcune coppie che convivono da anni e ci siamo resi conto che ognuna ha fatto la sua scelta per le più diverse motivazioni come, per esempio, la paura di un rapporto a lungo termine, il desiderio di evitare complicazioni di tipo economico e legale nel caso di separazione, e così via. Alcune coppie hanno scelto la convivenza come reazione a certi matrimoni che si trascinano da anni, senza entusiasmo, senza vitalità, come se fossero degli scheletri senza anima. Abbiamo l’impressione che alcune di loro si amino addirittura di più rispetto ad altre regolarmente sposate e si sentano molto responsabili della crescita del loro amore e dell’educazione dei figli; esse rivendicano la centralità dell’amore nel rapporto di coppia, di un amore liberamente scelto giorno per giorno, senza alcuna costrizione legale. Certamente non è il matrimonio che crea l’amore. Se due non si amano e non si sforzano di custodire e di incrementare questo loro amore, non serve a niente essersi sposati in comune o anche in chiesa. È naturale allora chiedersi: perché sposarsi? Un uomo e una donna che si amano creano una nuova realtà, da cui può trarre vantaggio tutta la società, in quanto l’attenzione, che l’amore richiede per mantenere sempre vivo il rapporto coniugale, aiuta la coppia a vivere un impegno generoso in ogni ambiente. Non dimentichiamo poi che l’amore è di per sé diffusivo per cui, senza accorgersene, i due contribuiranno a trasformare quel pezzo di mondo in cui sono immersi. Inoltre dal loro rapporto possono nascere dei figli; e, se questi vivono in un ambiente sereno, possono crescere meglio e contribuire poi a loro volta alla crescita della società. Perciò lo stato avrebbe tutto l’interesse perché una famiglia funzioni. Gli sposi, scambiandosi pubblicamente il loro sì, promettono di custodire e di far crescere sempre di più il loro amore, che, come abbiamo visto, è molto importante per la società, e chiedono implicitamente allo stato di essere riconosciuti in questa loro nuova realtà di vita e di essere aiutati nel custodire questo loro amore e nella crescita dei figli.Accogliendo il sì di questi sposi, lo stato accetta questo impegno. Purtroppo nella attuale società tutto ciò non è più avvertito. La cultura individualista, in cui siamo immersi, la continua spinta al consumo che ci viene proposta dai mass media portano spesso la coppia a chiudersi nella sua intimità e orientano lo stato a privilegiare, attraverso le sue leggi, l’individuo anziché la famiglia. Per riscoprire il valore del matrimonio, bisogna riscoprire prima di tutto il valore dell’amore umano, che non è mai un fatto privato, in quanto l’essere umano è un essere strutturalmente relazionale e non esiste niente di così privato che non abbia in qualche modo ripercussioni sulle persone che ci circondano. Il discorso vale ancora di più per il matrimonio religioso. La chiesa vede nel sì di un uomo e una donna un riflesso dell’amore di Dio e si impegna perciò ad aiutarli perché il loro amore possa crescere sempre di più; contemporaneamente anche i due sposi si impegnano a realizzare il progetto di un amore “per sempre”, aperto ad una fecondità fisica e spirituale per il bene di tutta la comunità umana. Spaziofamiglia@cittanuova.it

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