Comunione fraterna, non disunità (Evangelii Gaudium 98-101)

Non guerre, contese, invidie e gelosie, ma una testimonianza autentica di amore fraterno chiede il pontefice ai cristiani di tutto il mondo, una «comunione che diventi attraente e luminosa». La presidente del Movimento dei Focolari commenta alcuni punti dell'Evangelii Gaudium
Budapest

Disunità (Evangelii Gaudium 98-101)

Questo breve paragrafo in cui papa Francesco parla dei danni che derivano dalle guerre tra di noi, mi è sembrato molto bello perché in quattro punti il papa spiega che cosa lui intende per "Chiesa-comunione". La frase-chiave è quella contenuta al punto 99: «Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa». Lo chiede ai cristiani, a coloro che si trovano in tutte le comunità, e quindi lo chiede alla Chiesa. E chiede che, nelle varie comunità dove si trovano, essi diano una testimonianza di amore reciproco, diano una testimonianza di comunione fraterna.

Parlando di queste comunità si pensa subito a dei gruppi particolari, mentre mi sembra che il papa abbia uno guardo più ampio quando dice: «I cristiani che si trovano nelle diverse comunità». Possono cioè essere anche cristiani che si trovano in comunità non cristiane o in comunità dove ancora si deve cominciare l'annuncio del Vangelo; o cristiani che si trovano riuniti insieme in un convento, in un'associazione, in una famiglia. A tutti i cristiani, in qualsiasi comunità essi si trovino, il papa chiede questa cosa.

Perché la chiede? Lo spiegano le sue due ultime parole: «Che diventi (questa comunione fraterna) attraente e luminosa». Quindi sotto c'è sempre l'ansia dell'evangelizzazione, che sia una “prima” evangelizzazione o che sia “nuova”: la comunione fraterna fra i cristiani deve essere capace di attrarre con la sua semplice testimonianza.

Che cosa può impedire tale comunione fraterna? Lo dice nel paragrafo precedente, è la mondanità spirituale: «La mondanità spirituale consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale» (95). Consiste quindi nell'egoismo, nel guardare a sé stessi invece che a Dio, invece che agli altri; consiste nel cercare la sicurezza nelle cose di questa terra, nel denaro, nel potere, nelle raccomandazioni, piuttosto che nell’affidarsi completamente a Dio. Questa mondanità spirituale impedisce in radice ai cristiani di avere fra di loro una comunione fraterna. Quindi bisogna andare contro questa mondanità spirituale.

Naturalmente il papa stigmatizza particolarmente le contese e le invidie, le gelosie che possono nascere fra cristiani, specialmente se sono all'interno di comunità religiose o di comunità di persone che in qualche modo sono impegnate nella via della testimonianza del Vangelo. Dice il papa: chi mai pensiamo di evangelizzare in questo modo? Non c'è nessuna possibilità di fecondità se da queste comunità cristiane non parte una testimonianza autentica di amore fraterno.

È molto bello, inoltre, il fatto che il papa renda molto concreta questa visione della Chiesa-comunione: invita a cominciare. Cominciamo col pregare per quella persona, uomo o donna, che in questo momento ci sta antipatica, che non vorremmo amare. Cioè invita a fare un primo passo, anche minimo, anche semplicemente quello di ricordarlo nella preghiera. Ciò aiuta a superare ogni ostacolo vivendo la comunione fraterna al di là di tutto fra cristiani delle diverse comunità; ciò rende possibile anche a coloro che sono distrutti da odi e rancori, che hanno sofferto per inimicizie e tradimenti un «gioioso ritorno».

Ecco, la gioia mi sembra un'altra caratteristica che pervade tutta la lettera del papa: il Vangelo si testimonia nella gioia, una gioia che è suscitata dalla comunione fraterna. Una gioia del Vangelo che si può sperimentare se c'è una base di comunione fraterna.

Mi è tornato alla mente un pensiero di Chiara: «A noi – diceva a degli animatori parrocchiali nel 2005 – il Signore ha donato un carisma per il mondo di oggi, il carisma dell’unità. Sono sicura che esso può aiutare anche le comunità parrocchiali a rinnovarsi, a diventare quello che dovrebbero essere: Chiesa viva, dove tutti trovano Gesù. Sentiamo allora la responsabilità d'aver ricevuto un tale dono di Dio e abbiamo il coraggio di diffondere la spiritualità dell'unità, specialmente ora che Giovanni Paolo II l’ha lanciata per tutta la Chiesa come “spiritualità di comunione” (NMI 43)». Mi è sembrato significativo perché il papa dice che si può cominciare col pregare per quella persona che ti sta antipatica. Certamente, è un primo atto di amore doveroso, necessario; ma se abbiamo ricevuto il “carisma dell'unità” non è sufficiente, bisogna fare un passo ulteriore: essere coscienti che siamo portatori di un carisma e possiamo quindi contribuire a tessere legami di comunione fraterna in tutte le comunità dove ci troviamo, sia all'interno del nostro Movimento e sia fuori.

Maria Voce
presidente del Movimento dei Focolari

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