A Colmar, in Alsazia, la Madonna di Schongauer

Alla scoperta di un’opera d’arte straordinaria,la Madonna del roseto di Martin Schongauer, pittore quattrocentesco nato e vissuto a Colmar piccola Venezia sull’acqua presso Strasburgo
Madonna di Martin Schongauer - The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH. ISBN: 3936122202., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=158818

Per chi è abituato alle soavi madonne di Perugino, Botticelli, Raffaello e Guido Reni sarà utile uscire dal panorama italiano e fare una puntata a Colmar, piccola Venezia sull’acqua presso Strasburgo. Terra di viaggi, di incontri tra civiltà: il mondo francese, fiammingo e tedesco.

Località distesa nella verde vallata tra i rossi Vosgi e la Foresta Nera, costeggiata dal Reno, fiume di miti e di leggende. A Colmar nella chiesa domenicana di San Martino, bianca dopo un riuscito restauro, troneggia nel presbiterio una tavola dai colori squillanti: la Madonna del roseto di Martin Schongauer.

Gli italiani, e non solo, ignorano forse questo pittore quattrocentesco nato e vissuto a Colmar, una luce per gli artisti suoi contemporanei come Durer e il misterioso Grunewald di cui la cittadina conserva l’immenso Polittico di Isenheim.

La Vergine col Bambino brilla di colori forti. La donna siede all’interno di un giardino fiorito in un pergolato di rose rosse e bianche – dipinte con un amore minuzioso, petalo per petalo –  tra cui si annidano i cardellini. È la Virgo humilis, bella, ha il volto pallido e lunare delle donne della zona, i capelli biondi sparsi sulle spalle, veste un immenso manto di color rosso vermiglio affascinante. È certo i l trionfo di un colore prezioso, smaltato, anche nei due angioletti in blu che portano la corona gotica sopra il capo di Maria. Lungo la cornice si snoda il concerto angelico scolpito con una leggiadria unica.

Maria trattiene con le mani dalle dita affusolate il piccolo biondo e sorridente. Nessun dolore, al contrario di tanta mestizia in molte madonne italiane dell’epoca, presaghe della Passione. Eppure i simboli della futura avventura dolorosa del Figlio e della Madre ci sono: il cardellino, le rose rosse- il sangue –  alternate alle bianche (la purezza di Maria), il manto rosso che è amore e sangue. Però c’è di più: i cardellini rappresentano non solo il dolore ma pure l’anima che sopravvive alla morte, per cui la tavola è un inno alla immortalità, alla protezione della Vergine contro le pestilenze ricorrenti.

Era l’anno 1473 e l’amore per la Madonna si esprimeva per tutta l’Europa con queste Vergini racchiuse in un giardino meraviglioso, anticipo del paradiso.

Ma non si tratta solo di un capolavoro di devozione, ma di bellezza in sé stessa. Il tipo di bellezza non italiano, perciò più lunare – la luna, altro simbolo mariano -, longilinea, di un pallore che è aristocrazia spirituale, centro di armonia dell’intera creazione: angeli, fiori, erbe e umani.

Seduti sulle panche di legno di fronte all’immagine si rimane presi dalla contemplazione, dal colore intenso che ci avvolge e dice sentimenti sereni. Una diversa armonia, un microcosmo dove la luce esalta ogni dettaglio e lo rende non solo vivo, ma vicino a noi.

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