Clelia Barbieri e la nuova evangelizzazione

Fare del bene e attirare le anime a Dio: fu la costante preoccupazione di Clelia Barbieri, che, a soli 21 anni, fondò le Suore Minime dell’Addolorata. È lei la più giovane fondatrice nella storia della Chiesa.
Clelia Barbieri

I santi sono persone suscitate dallo Spirito per una missione particolare nella Chiesa in un determinato contesto storico. La loro vita, il carisma ricevuto e la sua attualizzazione sono sempre una risposta d’amore che si incarna nel tempo, come seme fecondo che genera frutti di bene.

Così è stato per Clelia Barbieri, fondatrice delle Suore Minime dell’Addolorata, la più giovane fondatrice della storia della Chiesa, vissuta tra il 1847 ed il 1870, morta a soli 23 anni. La sua vita fu brevissima ma intensa, limitata al suo paese natale, Le Budrie, nei pressi di San Giovanni in Persiceto (Bologna). Una vita trascorsa in mezzo alla sua gente, in casa con la sua mamma presto vedova e con la sorellina; vicina ai vicini di casa, sollecita e laboriosa. Frequenta la chiesa e le amiche che la intuiscono ben presto loro madre spirituale. Tutti, specialmente i più sofferenti e disadatta-ti, se la trovano vicino al momento opportuno, delicata ma pur tanto forte nella sua dolcezza.

In tempi molto difficili per la Chiesa, contrastata e turbata dal nascente Stato italiano, che aveva attivato una politica di soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose attraverso un clima di ostilità e sospetti, con abilità diplomatica Clelia Barbieri e il parroco Gaetano Guidi riuscirono ad ottenere l’approvazione per un “Ritiro per giovanette”, una sorta di scuola morale per insegnare a leggere e scrivere, comunicare la dottrina alle fanciulle, donare dignità e fiducia a chi ne era privo.

Clelia sente profondamente la comunità rurale in cui vive: in quella comunità vi si immerge e, con le ragazze che ormai hanno il suo spirito, ne diventa il centro, attraverso una testimonianza evangelica di povertà e di carità, di promozione sociale vissuta nell’umiltà e nell’unione con Dio.

Nel periodo risorgimentale dell’Italia, la risalita della donna a responsabilità comunitaria prefigura un vero risorgimento al femminile, silenzioso e nascosto, ma coerente ed efficace.

Clelia attinge dalla sua famiglia, povera, laboriosa ed onesta, i primi e solidi concetti della fede. Una fede semplice genuina che incide profondamente nella sua anima sensibile.

A solo 8 anni pone alla mamma una domanda significativa: “Mamma, come posso farmi santa?”. Il corso della vita darà la risposta a quella domanda.

Il cammino spirituale di Clelia Barbieri è umile, quotidiano, ha il profumo della giovinezza, del coraggio, della forza interiore che scaturisce dall’Eucaristia. Per un breve tempo quale fu la sua vita questa piccola ragazza riuscì a prendere sul serio il Vangelo: in anni tanto difficili ha quasi dello straordinario e ha  tutte le caratteristiche del nuovo. Si mette a disposizione del suo parroco e della comunità in cui vive, per ogni tipo di bisogno.

Il servizio missionario di Clelia è ad ampio raggio: non solo è rivolto a tutti, ma diviene contemporaneamente e concretamente opera di carità e di misericordia. Afferma Giovanni Paolo II il giorno della canonizzazione di santa Clelia: “L’Eucaristia è il luogo teologico sia delle esperienze mistiche di santa Clelia dalla prima Comunione al termine della sua vita, sia di quella realtà che essa stessa denominerà l’ispirazione grande, il carisma di fondazione. Dalla devozione eucaristica scaturisce la sua polivalente presenza caritativa, in chiave di evangelizzazione e di educazione, di assistenza e di pronto intervento a favore dei poveri, dei malati e degli emarginati, con una creatività semplice e geniale, che le fa meritare dalla sua gente il titolo di Madre! Madre Clelia”.

Operaia del Vangelo

Fare del bene e attirare le anime a Dio fu la preoccupazione di Clelia per tutta la sua vita. Come operaia del Vangelo si dedicava soprattutto ai bambini con il catechismo. Non ci sono scritti delle sue catechesi, ma ci sono tante testimonianze che parlano di lei e della sua capacità di far penetrare i bambini nel mistero eucaristico, il mistero della vita. Il catechismo è uno degli aspetti più costanti e più dolci del suo servizio; tutti indistintamente la ricordano con i bimbi e le bimbe intorno, tanto da sembrare una chioccia con i suoi pulcini! Il paragone è di Raffaella Garagnani che con tenerezza così si esprime: “Con amore, con premura, con grazia, con entusiasmo…”: sono queste le caratteristiche del metodo d’insegnamento di Clelia, riportate dall’uno o dall’altro dei suoi ascoltatori o osservatori. Non era la cultura, ma il suo stile di vita che evangelizzava.

Certamente Clelia era piena di Spirito Santo, quando parlava di Dio aveva una capacità di trasmissione che faceva sollevare su di lei gli occhi dei bimbi e degli adulti. Era una catechista itinerante che sapeva trasmettere a tutti il Vangelo e legare il catechismo alla vita.

L’ora segnata da Dio

Nella vita di Clelia c’è un’ora che dà significato a tutta la sua persona, alla sua spiritualità. È l’ora in cui Dio compie la Sua opera attraverso di lei, giovane ventunenne, illetterata, povera e malata di tbc, ma ricca di Spirito Santo e forte di un desiderio di essere sempre più un dono per Cristo e per i fratelli. Sotto la guida sapiente del suo parroco e per una illuminazione dello Spirito, dopo diverse peripezie e sofferenze il 1° maggio 1868 può realizzare il sogno da tempo vagheggiato: “Riunirsi con altre tre ragazze per vivere insieme una vita di preghiera e di servizio, nella povertà e nella letizia nell’ambito della parrocchia”. È questo il carisma ed il fondamento della nascente Congregazione delle Minime dell’Addolorata, che nel tempo crescerà e si espanderà in diversi continenti. La famiglia religiosa nata da santa Clelia conserva un particolare legame ed una innata partecipazione alla vita, alle ansie, alla missione della Chiesa, con una spiritualità popolare, discreta, attenta ad ogni persona nel bisogno. La profonda familiarità con la Parola di Dio, la forza dell’Eucaristia, la comunanza di vita fraterna, sostengono l’impegno di ogni sorella nelle situazioni più difficili. Lo spirito missionario rende possibile la comunione multietnica delle varie comunità.

Una giovane di ieri per oggi

Afferma il Card. Giacomo Biffi che la vita e la spiritualità di santa Clelia rappresentano il modello di azione penetrante per la nuova evangelizzazione.

La catechesi fu per santa Clelia l’impegno apostolico più noto e più fruttuoso, una dimensione di annuncio che oggi potremmo chiamare “nuovo”. Infatti, una catechesi disincarnata dalla verità del nostro tempo non direbbe più nulla, essa deve tener presente la situazione delle persone a cui viene rivolto il messaggio. Dice mons. Gherardi: santa Clelia ha fatto il catechismo, il catechismo ha fatto santa Clelia e le sue figlie. A ragione santa Clelia nel 1990 è stata nominata patrona dei catechisti dell’Emilia Romagna.

Una santità possibile

Clelia è consapevole di avere in sé un potenziale d’amore stupendo e lo esprime in tante circostanze, ma è soprattutto nel rapporto con lo Sposo Gesù che effonde il suo cuore nel desiderio appassionato di essere una cosa sola con Lui e formula così la sua preghiera: “Signore, aprite il vostro cuore e buttate fuori una quantità di fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio, fate che io bruci d’amore”; è una frase del suo unico scritto lasciatoci.

Ecco la via della santità che santa Clelia ci indica e che oggi è possibile ai giovani e a tutti noi. Occorre lasciarsi infiammare d’amore da Colui nel quale crediamo. Come è stato detto in precedenza, tutta la ricchezza interiore di Clelia deriva dal contatto personale con Dio nella preghiera e particolarmente dall’incontro con Cristo nell’Eucaristia. Come la Chiesa attinge la sua vitalità dal sacrificio eucaristico, anche Clelia si alimenta incessantemente a questa mensa, e si sviluppa in lei l’amore ardente verso Dio e quell’ansia di farsi santa.

Ha affermato il Card. Carlo Caffarra il 13 luglio 2009, nell’anniversario della morte di santa Clelia, rivolgendosi in primo luogo ai giovani, che santa Clelia a ventitré anni aveva già raggiunto la pienezza della santità cristiana, quindi la sua figura deve essere uno stimolo per i giovani, affinché non si accontentino di scelte mediocri, ma puntino in alto, nella ricerca della piena realizzazione della loro personale chiamata.

L’addio

Come per tutti i santi anche per Clelia la strada della perfezione s’identifica con la strada del completo inserimento in Cristo e nella conformità a Lui. La fiducia illimitata di Clelia in Colui con il quale ormai è una cosa sola viene manifestata in maniera particolare quando nel 1870 a soli 23 anni, minata dalla tubercolosi, consapevole che i suoi giorni sono contati, e quando si direbbe che i suoi sogni stanno svanendo e i progetti crollano, con spirito profetico indica alle sorelle un futuro luminoso: “Una casa sorgerà per voi (…) Vi spanderete per monti e per mari a lavorare nella vigna del Signore. Questo luogo sarà un luogo di preghiera per tanti”. Mai come in questo momento di pre-agonia Clelia è viva ed esuberante di vita perché ormai sa che non c’è la sua povera persona ad agire, ma lo Spirito continuerà la sua opera.

Clelia con la sua vita presto conclusa, con il suo animo semplice di contadina, con la sua sempre precaria salute, è stata appunto un granellino di senape, che necessariamente dovette apparire alla valutazione mondana il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra, cioè la più trascurabile delle creature, la più insignificante delle donne agli occhi di una cultura che è solita cercare il pregio e la grandezza nella efficienza dei potenti, nel sapere dei dotti, nella capacità di distinguersi socialmente e di affermarsi. Ma a Dio piace scegliere “ciò che è nulla per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1 Cor 1, 28-29).

Clelia muore il 13 luglio 1870, viene beatificata da Paolo VI il 27 ottobre 1968 e canonizzata da Giovanni Paolo II il 9 aprile 1989.

Il suo carisma trasmesso alle sue compagne delle Budrie nonostante le difficoltà, le trasformazioni e gli adattamenti alle nuove esigenze sociali e culturali che sono seguite alla primitiva esperienza, continua a vivere e ad operare nelle Suore Minime dell’Addolorata non solo nella zona emiliana, dove è sorto, ma anche in India, Africa, Brasile (come lei aveva predetto), dove continua ad affascinare come modello ancora attuale di vita femminile pienamente realizzata.
“Caro il mio Sposo Gesù. Una memoria voglio scrivere per averla sempre in memoria. Grandi sono le grazie che Iddio mi fa il giorno 31 del mese di Gennaio 1869. Nel mentre che io mi trovava in chiesa a udire la Santa Messa, mi sentii una ispirazione grande di mortificare la mia volontà in tutte le cose, per piacere sempre più al Signore. E io mi sento la volontà di farlo, ma le mie forze non ne ò bastanza grandi. Oh grande Iddio, voi vedete la mia volontà che è quella di amarvi e di cercare sempre di stare lontano dalla vostra offesa: ma la mia miseria è tanto grande che sempre vi offendo. Signore, aprite il vostro cuore e buttate fuori una quantità di fiamme d’amore; e con queste fiamme accendete il mio, fate che io bruci d’amore. Ah, cara la mia buona figlia tu non puoi credere quanto sia grande l’amore che ti porto, il bene straordinario che ti voglio, la speranza che ho di vederti santa e straordinaria, dunque coraggio nei combattimenti, sì, fatti pure coraggio che tutto andrà bene. E quando tu hai delle cose che ti disturbano fatti coraggio a confidarmelo e io con l’aiuto del Signore cercherò di chetarti amate Iddio e non ti dimenticare di me povera peccatora. Sono la tua serva Clelia Barbieri”1.

1 Lettera Memoriale di Clelia allo Sposo Gesù, www.santuarioclelia.it/letteramemoriale.

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