Cinquant’anni fuori dal Tibet

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Chissà cosa pensano questo lama del monastero di Kopan, a Katmandu, nel Nepal, e il bambinetto che gli corre dinanzi. È il 10 marzo 2009. Certamente nella mente del primo c’è il ricordo del 10 marzo 1959: il Dalai Lama, signore del “Tetto del mondo”, fu costretto a fuggire dal suo Palazzo Potala di Lhasa dall’arrivo delle truppe cinesi che avevano occupato il Tibet sin dal 1950, provocando un sollevamento popolare represso in quelle ore nel sangue di circa 80 mila tibetani. Nel momento della nuova crisi sino-tibetana, la corsa del bambinomonaco può essere presa come auspicio per uno scatto in avanti, per una risoluzione finalmente concordata della contesa, per la libertà del popolo tibetano e per una convivenza pacifica nell’altipiano. La “questione Tibet” si gioca tutta, infatti, tra il diritto di un popolo all’autodeterminazione e le esigenze di integrità territoriale di uno Stato multietnico.

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