Cinquant’anni fa su Città Nuova

Con Paolo da Cesarea a Roma.
San Paolo

Il pezzo, firmato da Sergio C. Lorit (pseudonimo usato per questa serie da Gino Lubich), è tratto da una ricostruzione del naufragio di san Paolo a Malta.

Nella foto, la cattura di Paolo a Gerusalemme. Particolare di un altorilievo del ’400 nelle Grotte Vaticane.

 

Raschiando sinistramente sul fondo, la prua si conficcò nella sabbia, la poppa si sollevò verso il cielo, e un cavallone gigantesco la investì. Uno schianto pauroso e la nave si sfaciò. Sul relitto della nave si svolgeva nel frattempo una scena altrettanto drammatica. I soldati della coorte Augusta sollecitavano dal centurione Giulio l’ordine di uccidere immediatamente tutti i prigionieri. Se avesse detto di sì, anche Paolo sarebbe caduto sotto i colpi di daga. Fece cenno di no. Si raggiunga terra assieme ai prigionieri, disse: e così fu. Più tardi, sulla spiaggia dell’isolotto di Salmoneta, davanti a Malta, i naufraghi si contarono: duecentosettantasei. C’erano tutti. Nessuno era perito in quattordici giorni di terrificante procella. Esattamente come Paolo aveva predetto.

Correva l’anno 60 d.C. Legato al soldato suo custode con una catena, Paolo s’imbarca un mattino dei primi di settembre, e a bordo salgono con lui Luca, medico e scrittore, e Aristarco di Tessalonica, amici suoi fedelissimi e fratelli della stessa fede. Lentamente, la nave riesce a raggiungere il porto di Mira. Qui, nella stagione cattiva, approdano molte delle navi che da Alessandria d’Egitto veleggiano alla volta dell’Italia: e Giulio ne requisisce una per accogliere nelle sue stive più grano possibile da trasportare a Roma.

Subito fuori del porto, le raffiche arruffano le vele, e le antenne cigolano sinistri presagi. «Per più giorni non si vide né sole né stelle, e la tempesta era sempre sì forte che noi perdemmo ogni speranza di salvezza», scrive Luca, annotando i terribili eventi di quei giorni.

Tutti disperano. Solo Paolo è sereno: sa già che per una promessa infallibile egli giungerà alla meta. E la quattordicesima notte di tempesta i marinai intuiscono che la terra è vicina. Alle prime luci del giorno appare finalmente non molto discosta, una baia sabbiosa e la nave avanza lentamente verso terra. Poi, all’improvviso, il disastro, davanti a Malta. Le onde compiono rapidamente l’opera demolendo il fasciame del mercantile. Ma sulla riva, sfiniti, laceri, i naufraghi si ritrovano tutti. Come il prigioniero aveva promesso.

Tre mesi dopo un pesante vascello alessandrino lascia Malta alla volta dell’Italia. A Pozzuoli Paolo può incontrarsi col primo nucleo di cristiani su suolo italiano. Alla fine, raggiungerà l’Urbe e gli sarà permesso affittare una stanza e di dimorarci, sorvegliato da un solo soldato. Da quella stanza, per due anni, Paolo sarà luce e vigore della prima Chiesa romana.

Sergio C. Lorit

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