Il cinema: in sala o su smartphone?

La sfida in corso tra i colossi della cinematografia e le aziende di video giochi. Obiettivo soprattutto i giovani
(Photo by Casey Rodgers/Invision for Xbox/AP Images)

Nell’autunno della seconda ondata Covid, i colossi informatici Sony e Microsoft hanno lanciato contemporaneamente le due consolle più attese del decennio: Playstation5 e Xbox, entrambe in doppia versione (più o meno performante, con lettore ottico e senza). Milioni di adolescenti e giovani, in tutto il mondo, sono letteralmente incollati allo schermo, giocando o guardando altri che lo fanno attraverso piattaforme come Twitch. E non pensate si tratti di chissà cosa, potreste trovare Fedez che gioca alla versione digitale di Chi vuol esser milionario, seguito da oltre 10 mila persone.

Anche le piattaforme streaming fanno la voce grossa. In Italia, Netflix ha calato l’asso con la terza stagione di Suburra, mentre Disney+ ha rilanciato con la nuova stagione di The Mandalorian, a cui si aggiungeranno titoli in esclusiva on demand (visibili da casa a pagamento), come Soul, l’atteso film d’animazione inizialmente previsto per le sale cinematografiche.

Già, le sale. È lecito chiedersi se i giovani, dopo tutta questa scorpacciata di schermi, torneranno a vivere lo schermo più grande e se le stesse sale riusciranno a sopravvivere a tutto questo. Per cercare una risposta, da brava periferia culturale quale siamo, dobbiamo guardare oltre oceano. Negli Usa distribuzioni e sale sono in conflitto. Le prime hanno fatto uscire i film on demand durante la prima ondata di Covid, e hanno scoperto che l’operazione funziona. Le sale invece sono aperte a seconda del colore politico dello Stato di riferimento: tendenzialmente i proiettori sono accesi negli Stati a guida repubblicana.

Chiaramente la volontà degli esercenti aperti di avere il prodotto confligge con quella delle distribuzioni di uscire direttamente online. Amc, la più grande catena di multisale nordamericana, ha stretto un accordo con Universal: i film andranno on demand dopo 17 giorni dall’uscita in sala in cambio di una percentuale sugli incassi on demand riconosciuta alle sale Amc.

Un accordo che fa tremare le sale indipendenti, il cui valore commerciale è in caduta libera. In questo scenario è facile pensare che qualche major cinematografica potrebbe speculare acquistandole a prezzi stracciati per poi aprirle e chiuderle a seconda della convenienza, sfruttando l’integrazione verticale per massimizzare i profitti. Manovre che comunque tendono a non escludere la sala dalla filiera.

Le sale quindi forse riapriranno, in numero ridotto ma con qualità maggiore. Saranno ancora attrattive grazie a titoli di richiamo e riusciranno, ma solo per qualche giorno all’anno, a riportare i giovani davanti al grande schermo.

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