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Mondo > In punta di penna

Cina e India insieme per fare grande l’Asia

di Michele Zanzucchi

- Fonte: Città Nuova

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Xi, Modi e Putin insieme per “fare l’Asia grande”. Anzi, lo è già, si tratta di renderla ancora più centrale nell’economia e nella politica globale. Lo spazio culturale

Il presidente cinese Xi Jinping (a destra), il primo ministro indiano Narendra Modi (al centro) e il presidente russo Vladimir Putin (a sinistra) al vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO) a Tianjin, Cina, 1 settembre 2025. Foto: EPA/ALEXANDER KAZAKOV/SPUTNIK/CREMLIN / POOL via Ansa

Nella città di Tianjin, 170 chilometri a nord di Pechino, si è svolto il vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO), alla presenza di tutti i maggiori leader asiatici, se si escludono Giappone e Corea del Sud. Nel 1996 l’originario Gruppo di Shanghai era composto da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan e Tajikistan, poi raggiunti dall’Uzbekistan nel 2001, anno della fondazione della SCO. Più tardi India, Pakistan, Iran e Bielorussia (adesione “politica” non giustificata geograficamente) hanno raggiunto l’organizzazione. Inoltre, al summit cinese erano presenti come osservatori anche Indonesia, Turchia, Malesia e quasi tutti gli Stati asiatici.

Da struttura di migliore comunicazione centrasiatica, la SCO sta diventando un colosso che, sotto la guida della Cina, ma ora con la presenza poderosa dell’India, certifica un fatto indubbio: l’Occidente, il cosiddetto Occidente, non regge più le sorti del pianeta. L’equilibrio mondiale si è progressivamente spostato verso il “continente giallo”, come si diceva una volta, che in realtà è multicolore. Equilibrio non solo economico, ma anche politico e, almeno in parte, culturale.  

Il summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai ha avuto come finalità dichiarata da Xi Jinping quella di assicurare «la salvaguardia della pace e della stabilità regionale», promuovendo «lo sviluppo di vari Paesi in un mondo di crescenti incertezze e cambiamenti accelerati». Unendo «le forze del sud del mondo» e spingendo per un «maggiore progresso della civiltà umana», la sfida è stata lanciata a livello globale. Anche la relativa sobrietà dei messaggi lanciati a Tianjin pare un modo per mostrare una forma di governare il mondo lontana dalle bizze e dalle emotività di Stati Uniti ed Europa.  

Xi e Modi hanno fatto la parte del leone, e persino Putin è apparso in secondo piano rispetto ai due colossi demografici ed economici di Cina e India. La «nuova amicizia» tra India e Cina – dopo secoli di contrasti – appare la chiave centrale del summit della SCO. «La scelta giusta è quella di essere partner piuttosto che rivali», promuovendo rapporti di «buon vicinato» ha detto Xi a Modi, e il leader indiano ha aderito all’invito, prendendosi pure la briga di tirare le orecchie a Putin, invitandolo a porre fine a una guerra che l’India ha sempre considerato «inutile».  

Sullo sfondo, ovviamente, c’è l’offensiva statunitense sui dazi, che in questo momento sembra concentrarsi sull’India che recalcitra alle imposizioni di Washington. La potenza di fuoco delle economie asiatiche, però, è apparsa così imponente da essere in grado di assorbire le conseguenze delle sovrattasse imposte da Washington, in attesa di “farla pagare” a Trump e alla sua politica. Ma con pazienza, al momento opportuno, senza le esagitazioni che sembrano coinvolgere i Paesi atlantici.

Insomma, la Cina, con l’appoggio dell’India, si propone come nuovo garante della pace internazionale, in qualche modo prendendo il posto degli Stati Uniti come “gendarme del mondo”. Ma la Cina lo fa in modo “confuciano”, cioè cercando di coinvolgere i partner senza voler loro imporre un’egemonia evidente. Forse l’espressione che più e meglio sintetizza quanto vissuto a Tianjin è «buon vicinato»: i Paesi membri della SCO si impegnano a trasformare l’Asia in un continente economicamente fortissimo, nella reciproca fiducia, con uno sguardo benvolente anche nei confronti dell’Occidente, ma pronti a una comune opposizione qualora il mondo occidentale si dimostrasse aggressivo.

Il summit certifica l’esistenza, in due terzi della popolazione mondiale, di sentimenti non più filostatunitensi, ma piuttosto scettici e diffidenti nei confronti di una regione del mondo che ha dominato il pianeta per decenni. I tempi sono cambiati, sembrano dire i leader riuniti a Tianjin, cooperiamo ma a condizione di parità.

E l’Europa? Probabilmente la strada da percorrere è quella di una nuova “via della seta” della cultura e dell’arte, visto che in campo economico e politico il Vecchio continente non ha la potenza di fuoco né della Cina, né degli Stati Uniti e nemmeno dell’India. L’Europa è ancora vista nel mondo intero come un esempio di eccellenza culturale, mai dimenticarlo.

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