Cibo e qualità, un’alleanza per la salute

Frodi e veleni minacciano le nostre tavole: per difendersi da agromafie e contraffazioni servono leggi più severe, trasparenza e consapevolezza. Gli agricoltori propongono un patto con i consumatori

«Adoro il formaggio spalmabile di capra. L’altro giorno, al supermercato, ne ho acquistato uno. Siccome andavo di fretta, non mi sono soffermata a guardare l’etichetta. A casa l’ho letta e come primo ingrediente c’era il latte bovino! Ho subìto anche io una frode, perché leggendo la parola “capra” in grande sulla confezione, ci sono “cascata” e ho pagato a un prezzo più alto un formaggio che sarebbe dovuto costare molto meno». Come Giuseppina Marilia Tantillo, presidente della scuola di specializzazione in Ispezione degli alimenti di Bari (vedi intervista a seguire), può “cascarci” ciascuno di noi.

Ricordo ancora il trancio di tonno che si è scolorito rilasciando un sughetto fucsia e i fasolari che, in cottura, hanno rivelato un puzzo terribile, costringendoci a buttare il sugo per il pranzo. Colpa delle sofisticazioni, delle frodi, delle contraffazioni alimentari, di quanti spacciano per buoni alimenti alterati o di  bassa qualità. A garanzia dei prodotti italiani, con un emendamento al decreto legge “semplificazioni”, è stato proposto l’obbligo di indicare nell’etichetta l’origine di tutti gli alimenti: una svolta che aiuterebbe a compiere acquisti consapevoli. Il made in Italy, del resto, è un marchio di qualità che nel 2018 ha fruttato, con le importazioni dei prodotti agroalimentari, 42 miliardi di euro (vedi sotto intervista al presidente della Coldiretti, Prandini).

Ecco perché – spiegano nel libro C’è del marcio nel piatto (Piemme) il magistrato Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura, e Stefano Masini, docente di Diritto agroalimentare all’Università Tor Vergata – è preso di mira da «soggetti senza scrupoli pronti a sfruttare, sofisticare, adulterare. Le conseguenze? Opacità, scorrettezze e veleni». Le agromafie, nel 2017, hanno raggiunto un volume di affari di 21,8 miliardi di euro, con un aumento del 30%, mentre le contraffazioni hanno raggiunto i 100 miliardi.

Le minacce al nostro benessere si chiamano latte e formaggi con micotossine, pollo alla diossina, uova con i pesticidi, carne “fraca” brasiliana: scaduta, acidificata, sbiancata e messa in vendita! Niente di nuovo, come sa bene chi lavora nel settore alimentare. Nel libro Siete pazzi a mangiarlo! (Piemme), Christophe Brusset ricorda alcuni dei prodotti venduti quando lavorava come trader e direttore degli acquisti per grandi aziende francesi: lo zucchero liquido caramellato spacciato per miele, i precotti in cui finivano gli scarti, le spezie in polvere in cui macinavano di tutto come nelle puree, la marmellata di fragole senza fragole.

Colpisce la facilità con cui si cambia l’origine di un prodotto (facendolo transitare in un altro Paese o aggiungendo un po’ d’acqua), si modificano le scadenze (cambiando un tappo a un barattolo), si “aggiustano” le analisi, si gonfia un prosciutto e lo si affumica con gli additivi. Ce ne sono per ogni necessità: per dare colore, sapore, per conservare, addensare, far crocchiare… In certe quantità, sono autorizzati dalla legge. Ma i cocktail di “coadiuvanti tecnologici”, contaminanti (come il glifosato contenuto in alcune paste e i pesticidi in tanti tè), allergizzanti, sostanze neurotossiche o cancerogene (nitriti negli insaccati, benzopirene negli affumicati) ci faranno bene?

Per Brusset servirebbe una volontà politica forte di contrasto alle frodi alimentari, che punisca severamente chi truffa, e bisognerebbe standardizzare analisi, certificazioni e controlli. In Europa, esiste un sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi (Rasff ). Ogni giorno, arrivano quasi 10 allarmi. Nel 2017, secondo i dati del ministero della Salute, l’Italia è stato il primo Paese per segnalazioni inviate (548) e il sesto (secondo in Europa dopo la Spagna) per notifiche ricevute: 178.

Su Epicentro, il portale dell’epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità, si legge che nel 2016 c’è stato un aumento dei focolai delle malattie trasmesse dagli alimenti (+145% rispetto al 2015), nonché 179 casi di listeriosi, 4.138 di salmonella, un migliaio di infezioni da Campylobacter e il doppio di quelle da Escherichia coli-Stec (passate da 46 a 91). «Per tutti i focolai – si sottolinea – i veicoli alimentari più frequentemente implicati comprendevano prodotti della pesca, preparazioni alimentari combinate, uova e derivati, carne suina e derivati».

Ma allora, come difendersi? Gli esperti consigliano di diffidare dai prezzi troppo bassi. Di leggere con attenzione le etichette, non farsi abbindolare dalle pubblicità, di controllare scadenze (preferendo quelle più lunghe) e confezioni (evitando quelle riciclate con oli minerali e preferendo il vetro alle scatolette), di evitare i  prodotti di cui non si capisce l’origine. In questo modo il consumatore saprà orientarsi tra l’offerta massiccia e anonima dei supermercati, le nuove frontiere dell’industria alimentare (l’ultima trovata è l’hamburger 2.0 realizzato in laboratorio senza carne) e i prodotti rintracciabili, legati a un territorio di cui raccontano la storia, i valori, le buone pratiche.

I produttori della Coldiretti propongono un patto ai consumatori, assicurando alimenti genuini, certificazioni sicure, buone pratiche di lavorazione, un uso corretto di fitofarmaci, per conquistare la giusta  remunerazione e tutelare l’ambiente. Consigliano i prodotti a “km zero”, i gruppi di acquisto solidale, invitando i cittadini ad essere protagonisti delle proprie scelte alimentari, per far sì che davvero, come diceva Ippocrate, il padre della medicina, il cibo, sia la nostra medicina.

 

Prandini: successi e criticità del made in Italy

ettore-prandini-presidente-della-coldiretti-foto-ansaIntervista al presidente nazionale della Coldiretti

46 anni, lombardo, 3 figli, dal novembre 2018 Ettore Prandini è il nuovo presidente nazionale della Coldiretti. Imprenditore, guida un’azienda zootecnica e un’impresa vitivinicola.

Presidente, il made in Italy avanza…
Mai così tanto cibo e vino italiani sono stati consumati sulle tavole mondiali con il record storico per le esportazioni agroalimentari, che nel 2018 hanno raggiunto i 42 miliardi di euro grazie all’aumento del 3%. Un ottimo risultato che conferma le potenzialità del made in Italy per la ripresa economica e occupazionale del Paese. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari interessano i Paesi dell’Unione europea, dove il principale partner è la Germania; mentre fuori dai confini comunitari sono gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’italian food. A spingere la crescita sono i prodotti base della dieta mediterranea a partire dal vino, che è il prodotto più esportato con gli spumanti, che aumentano del 13%, e raggiungono un valore delle vendite all’estero superiore a 1,5 miliardi durante l’anno. A seguire l’ortofrutta fresca, mentre buone performance vedono protagonisti salumi, formaggi e pasta.

È possibile fare ancora meglio?
La situazione potrebbe migliorare con una più efficace tutela nei confronti dell’“agropirateria” internazionale, che fattura oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati. A preoccupare è la nuova stagione di accordi bilaterali inaugurata dall’Unione europea che, dal Ceta con il Canada al Giappone, sta legittimando il falso made in Italy. Occorre superare peraltro l’attuale frammentazione e la dispersione delle risorse per la promozione del vero made in Italy, puntando a un’Agenzia unica che accompagni le imprese nel mondo sul modello della Sopexa, e investire sulle ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati al numero dei contratti commerciali. Servono trasporti efficienti sulla linea ferroviaria e snodi aeroportuali che ci permettano di portare i nostri prodotti rapidamente dal Nord al Sud del Paese e in ogni angolo d’Europa e del mondo.

Restano delle criticità, come nel caso del settore oleario…
Con il crollo dei raccolti le importazioni sono destinate a superare abbondantemente il mezzo miliardo di chili, con il risultato che sul mercato nazionale più di 2 bottiglie di olio di oliva su 3, magari vendute sotto marchi italiani ceduti all’estero o con l’etichetta della grande distribuzione, conterranno un prodotto straniero, tunisino, spagnolo o greco. Con il crollo della produzione e l’aumento degli arrivi dall’estero è evidente il rischio di frodi e sofisticazioni.

Come si può intervenire?
Occorre difendere l’extravergine italiano nell’ambito dei negoziati internazionali dove l’agroalimentare italiano viene troppo spesso usato come moneta di scambio per interessi diversi. A livello nazionale occorre stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare, che l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono più pericolosi. Consiglio di diffidare dei prezzi troppo bassi, di guardare con più attenzione le etichette.

A tal fine, promuovete anche la campagna Stop al cibo anonimo…
La Coldiretti sta promuovendo insieme ad altre 9 organizzazioni l’iniziativa europea dei cittadini “EatORIGINal-Smaschera il tuo cibo” con una raccolta di firme per estendere l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti. L’iniziativa gode di ampio sostegno: dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), dall’italiana Slow Food a Gaia (associazione degli agricoltori greci), da Campagna amica a Fondazione Univerde, fino a Green protein (Ong svedese). Per il cittadino la firma è a difesa della propria salute e del proprio diritto di essere informato con trasparenza su quello che porta in tavola, che mangia e che fa mangiare ai propri figli. È possibile aderire firmando su coldiretti.it o www.campagnamica.it.

Conoscere le frodi per difendersi

Giuseppina Marilia Tantillo, professoressa ordinaria presso il dipartimento di Medicina veterinaria dell’Università di Bari e presidente della scuola di specializzazione in Ispezione degli Alimenti

professoressa-giuseppina-marilia-tantilloSi susseguono i sequestri di cibi adulterati, sofisticati, contraffatti. Sono pericolosi per la nostra salute?
Sicuramente un rischio c’è, se l’alimento ha avuto un deterioramento microbico. Su un organismo che ha un sistema immunitario non compromesso, i microbi possono provocare mal di pancia, diarrea, ma nulla di più. Se, invece, questi alimenti colpiscono consumatori deboli (bimbi, malati, anziani…), hanno una ripercussione maggiore. La sicurezza degli alimenti è determinata dalla qualità sanitaria: non ci devono essere batteri patogeni come botulino, listeria… che, invece, sono molto frequenti perché c’è poca attenzione da parte delle aziende, i prodotti durano molto sul mercato, vengono conservati male o subiscono abusi termici e questo può portare alla presenza di microrganismi patogeni che creano nocumento alla salute del consumatore.

Poi ci sono le frodi…
Soprattutto di tipo commerciale: si dà al consumatore un prodotto descritto come di alta qualità, che invece quella qualità non ce l’ha. Il caso più eclatante è tra i prodotti della pesca, ad esempio con le zanchette, che costano pochi euro, vendute nelle pescherie al posto delle sogliole, molto più care. È una frode perché si mettono le mani nelle tasche dei consumatori. Le frodi possono riguardare anche prodotti italiani che tali non sono, come miele, pasta, formaggi, olio extravergine di oliva. Se però si leggono le etichette, si può ben capire se è un prodotto italiano o no! Poi ci sono le frodi sanitarie, che si verificano spesso nel campo della pesca per i prodotti tolettati. Nel Mediterraneo si sono insediate diverse specie tossiche di pesci che finiscono sui mercati senza testa e pelle. Tre, quattro anni fa ci sono stati decessi tra persone che pensavano di aver acquistato una coda di rospo, mentre era un pesce palla velenoso.

Cosa preferire e cosa evitare per stare bene?
Il mio consiglio è: cambiamo spesso alimento, non mangiamo sempre le stesse cose. Alla dieta mediterranea aggiungiamo una grande attività fisica e cambiamo spesso il colore delle verdure che mangiamo. Ogni verdura ha un principio attivo che ci fa stare bene, una “sostanza funzionale” o, addirittura, “nutraceutica”, che aiuta il nostro organismo con le proprietà naturalmente presenti negli alimenti, soprattutto in ortaggi, frutta e legumi. Vanno invece evitati i dolci, gli zuccheri, soprattutto il saccarosio. Meglio dolcificare con il miele. Bisogna evitare di mangiare carne tutti i giorni, non unire mai due alimenti proteici, per esempio formaggio e carne, perché appesantiscono la nostra digestione, e soprattutto mangiare alimenti con le fibre, essenziali per il microbiota intestinale e per il benessere di tutto l’organismo.

(Sull’argomento leggi anche: Difendersi dalle frodi alimentari)

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