L’ultimo saluto a Giuseppe, il bimbo ucciso a Cardito

Le parole dell’arcivescovo di Pompei durante i funerali. Il ruolo della madre dei bambini

La chiesa parrocchiale “San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria”, casa di Dio tra le case degli uomini, costruzione moderna immersa tra i palazzi della periferia sud di Pompei, ha accolto, sabato 2 febbraio 2019, la bara bianca del piccolo Giuseppe Dorice, sette anni, ucciso a botte dal compagno della madre, domenica 27 gennaio 2019, nella loro casa di Cardito, cittadina a nord di Napoli.

La vicenda ha avuto una vasta eco mediatica per la violenza cieca del giovane assassino, il ventiquattrenne Tony Essobti Badre, che ha travolto anche la sorellina del piccolo, Noemi, di otto anni, ricoverata all’ospedale pediatrico “Santobono”. Sotto la lente dei mezzi di comunicazione e, soprattutto, dei social anche il ruolo della madre dei bambini, la trentenne Valentina Casa, originaria di Massalubrense, nella Penisola Sorrentina.

Alla donna viene contestata la mancata difesa dei figli dalla brutalità del compagno, al quale è riuscita a sottrarre soltanto la bambina più piccola, di quattro anni appena, già affidata ai Servizi Sociali. Anche in questo caso la Rete ha dato il peggio di sé con insulti e minacce, ripetuti anche dal vivo a Pompei, durante l’ingresso della donna in chiesa. La tensione è cresciuta con l’arrivo della famiglia del padre dei bambini, Felice Dorice, residente proprio nel quartiere Aldo Moro della città mariana, ragione per la quale vi si sono svolti i funerali.

In chiesa i due genitori si sono seduti in due file diverse: lei, assieme a due poliziotte e alla psicologa che la segue da una settimana; lui, stretto in una sciarpa bianca, era con i suoi familiari. La cerimonia è stata raccolta e partecipata, la liturgia ben curata, così come i canti eseguiti dal coro parrocchiale. Il parroco, don Giuseppe Ruggiero e tutta la comunità si sono stretti attorno alle famiglie straziate da questo immenso dolore.

All’inizio della celebrazione, l’arcivescovo di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, ha invitato tutti al silenzio e al raccoglimento, nella ricerca di una Parola più alta che «che getti una luce di speranza su questa vicenda tragica». Nell’omelia, il presule si è rivolto direttamente al piccolo Giuseppe, la cui morte ha definito “un irreparabile sfregio all’umanità”.

Nel silenzio carico di emozione sono risuonate fortemente le sue parole: «La vita ti è solo passata accanto; e ora che ti ha voltato così spaventosamente le spalle, di fronte all’orrore ma anche all’immensa pietà che la tua fine ha suscitato, viene da pensare che la nostalgia sia proprio per la vita che non hai potuto vivere. Non avevamo certo bisogno della tua morte, carissimo Giuseppe, per portare all’estremo, fin nel fondo dell’anima, questi pensieri che vogliono essere, e sono, di vita. Ma vorremmo che tu sapessi: non era per te, e non può essere per nessun altro, l’abisso che invece hai trovato sulla tua strada. Non è roba che può appartenere, o può venire, dagli uomini».

Mons. Caputo ha rivolto un pensiero anche alle sorelline di Giuseppe «vittime anche loro di una cieca violenza. Esse, sottratte, speriamo per sempre, alla brutalità e all’aggressione, sentiranno più di tutti la tua mancanza e ti porteranno sempre nel cuore. La nostra preghiera di oggi è, dunque, anche per loro, perché la vita possa finalmente sorridere loro».

Il prelato ha, poi, denunciato «una sempre più diffusa cognizione del male che, per assurdo, diventa leggera, eterea, lo banalizza, lo riduce a normalità. Quasi che non si prendesse nella giusta considerazione. Questo atteggiamento, inevitabilmente, porta a una lucida insania, a una folle abitudine al male. Ci fa diventare indifferenti e ci impedisce, inoltre, di cogliere i momenti e le situazioni di crisi. Anche le istituzioni fanno sempre più fatica ad approntare interventi adeguati e soprattutto a mettere in atto misure di prevenzione».

Per evitare che si ripetano eventi così terribili, l’arcivescovo di Pompei ha esortato i presenti ad avere «più attenzione per il prossimo, più cura per chi è in difficoltà. È doveroso, in questo momento di grande dolore collettivo, un sussulto di coraggio, riconoscerci e sentirci realmente fratelli, facendoci carico delle sofferenze degli altri. La forza per riuscire a farlo può venirci dall’Eucaristia che stiamo vivendo assieme, dal sacrificio di Cristo sulla croce, dalla sua Risurrezione, da questo momento di preghiera e di fratellanza, in cui il Bene, con tutta la sua forza e con la tenerezza che viene da Maria, insorge contro il male, per ricacciarlo nelle retrovie».

A concelebrare, il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, e il vicario generale della diocesi di Sorrento-Castellammare, per testimoniare la vicinanza delle altre due comunità ecclesiali colpite da questa tragedia. In chiesa anche i sindaci di Pompei, Cardito e Massalubrense, che hanno confermato il proprio impegno in favore delle sorelline di Giuseppe, e il sottosegretario con delega al Sud, Pina Castiello.

 

 

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