Chicco di grano che muore

Attraverso  quel vuoto, quel nulla, è  rifluita la grazia, la vita, da Dio all’uomo.

Davanti al grande mistero del dolore si resta come smarriti. C’è nella Bibbia un vertice del dolore, espresso da un “perché” gridato al cielo. Riferisce l’evangelista Matteo, nel racconto della morte di Gesù: «Verso le ore tre, Gesù gridò a gran voce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46). Cristo è arrivato a quel momento passando attraverso una gamma di sofferenze devastanti: la paura angosciosa, il tradimento el’abbandono dei suoi, un processo ingiusto e pilotato, la tortura, l’umiliazione, la condanna alla crocifissione, pena capitale riservata agli schiavi e che forse noi oggi non riusciamo a capire nella sua efferatezza, distruttrice della persona e della sua memoria. (…) In quella tremenda esperienza, quasi chicco divino di grano che marcisce e muore per ridarci la vita, egli ci svela anche la verità dell’amore più grande: essere capaci di dare tutto di sé, di farsi nulla per gli altri. «Il segno di Dio che annulla se stesso – scrive von Balthasar – facendosi uomo e morendo nel più completo abbandono, spiega perché Dio abbia accettato (…) tutto ciò: rispondeva alla sua natura manifestarsi come amore senza misura» (Solo l’amore è credibile, Torino 1991, p. 143).

Attraverso quel vuoto, quel nulla, è rifluita la grazia, la vita, da Dio all’uomo. Cristo ha rifatto unità tra Dio e il creato, ha ricomposto il disegno, ha fatto uomini nuovi e quindi anche nuove famiglie.

(da La dottrina spirituale, Roma 2006, pp. 277-278) a cura di Donato Falmi

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