Chiara Lubich e Martin Luther King

Dialoghi ipotetici, eppure plausibili, con personalità che Chiara non conobbe personalmente, ma che risultano in grande consonanza col suo pensiero. Pubblichiamo il sesto estratto dal libro di Lucia Abignente e Donato Falmi “Oltre il Novecento” (Città Nuova).

Chiara Lubich e Martin Luther King Jr. sono una donna e un uomo nati e cresciuti in città di provincia, lontano dai centri di potere, che però hanno sofferto sulla loro pelle, insieme agli uomini e alle donne dei loro tempi, le conseguenze nefaste, estreme, umilianti di una “cultura del nemico”. Le loro biografie si sviluppano dal profondo delle ferite aperte della storia, pur senza rimanerne vittime, anzi, essendo piuttosto un segno di contraddizione capace di sanare quelle ferite.

Entrambi sono leader che, invece di spargere sale sulle ferite, vi pongono un balsamo. E questo balsamo è la carità, l’agape, l’amore per eccellenza che ha radice nel Vangelo. Ed è l’adesione al messaggio e alla vita di Gesù che rende Chiara Lubich e Martin Luther King Jr., seppure in modi diversi, dei profeti anche per i nostri tempi. […]

Chiara

È l’intimità con un Dio che si è fatto abbandono che spinge Chiara Lubich all’amore al prossimo: un amore capace di “farsi uno” con ogni dolore, con ogni separazione, e poter così sanare. «Si tratta – scrive – di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama». È un amore che si fa reciproco e che si consuma in unità per poi traboccare sull’umanità e le sue ferite. Per questo, oltre a essere l’espressione di un impegno personale, questo amore è necessariamente anche un cammino e una esperienza collettiva, di un corpo sociale.
Paradossalmente, è quindi nella frattura, nei dolori personali e collettivi che Chiara Lubich riconosce la grande opportunità, e direi la via, per generare l’unità. […]

Martin

Anche per Martin Luther King Jr. l’agape è la via per sanare la ferita storica del razzismo e della segregazione negli Stati Uniti. È una conclusione alla quale il leader del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti arriva gradualmente. […]

Ma è proprio il boicottaggio degli autobus da parte degli afroamericani a Montgomery, in seguito all’arresto di Rosa Parks, che diventa l’occasione per Martin Luther King Jr. di convertirsi in un leader che scopre nella nonviolenza un formidabile ed efficace strumento di resistenza. Ma la nonviolenza per Luther King non è solo una tattica di resistenza.

Infatti, si apre in lui una dimensione mistica che è alla radice del suo attivismo e della sua lotta. Nei suoi sermoni predica che in ogni essere umano, nero o bianco, vi è, seppur flebile, una identificazione naturale con gli altri esseri umani, tanto da sperimentare che ciò che accade a un prossimo accade in qualche modo anche a noi. Dirà più tardi: «L’attività di resistenza passiva e della nonviolenza è il Vangelo di Gesù. Sono arrivato a Gandhi tramite Gesù». […]

Audacia

Ricordare Chiara Lubich e Martin Luther King Jr. è dunque riportare al nostro cuore l’attualità e l’audacia del loro pensiero e della loro azione. È riconoscere nella loro vita non solo un cammino spirituale, ma anche una coraggiosa proposta culturale e politica per i nostri tempi.

È un invito a guardare alla nostra umanità ferita con uno sguardo d’amore, compassione, comprensione. Per sanare e non ferire. Per unire e non dividere. Per aprirci agli altri invece che chiuderci in noi stessi. Riconoscendoci. Amandoci. «Allora tutto si rivoluziona – scriveva Chiara Lubich nel 1949 nel testo intitolato Resurrezione di Roma – politica e arte, scuola e religione, vita privata e divertimento. Tutto».

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Il testo completo di questo dialogo profetico è contenuto nel libro di Lucia Abignente e Donato Falmi “Oltre il Novecento” (Città Nuova 2022).

Per gli altri “dialoghi profetici” leggi:

Chiara Lubich e Michail Gorbačëv

Chiara Lubich e Dietrich Bonhoeffer

Chiara Lubich e Giorgio La Pira

Chiara Lubich e Gandhi

Chiara Lubich e Simone Weil

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