Chiamatemi Anna

A settantacinque anni dalla morte dell’autrice, Netflix rilancia una nuova versione di Anna Shirley, Chiamatemi Anna, dedicati a un grande classico della letteratura per ragazzi rivolto agli adulti  

Anna dai capelli rossi (Anne of Green Gables) è un grande classico della letteratura per ragazzi. Scritto nel 1908 dalla canadese Lucy Maud Montgomery, ha dato vita, nel tempo, a numerosi adattamenti audiovisivi, primo fra tutti un film dell’epoca del muto, nel 1919. Gli adattamenti più celebri sono però senz’altro la serie canadese del 1985, prodotta e diretta da Kevin Sullivan, con Megan Follow, e l’anime giapponese diretto dal maestro Takahata del 1979.

A settantacinque anni dalla morte dell’autrice, Netflix rilancia una nuova versione di Anna Shirley, Chiamatemi Anna, sette episodi da cinquanta minuti l’uno disponibili online dal 12 maggio. La serie, di cui è in cantiere una seconda stagione, ha finora raccolto critiche molto positive. Rispetto alla serie animata giapponese i toni sono più cupi e inclini al dramma. Gli attori principali, che interpretano rispettivamente i personaggi dell’orfana Anna e dei suoi genitori adottivi (tra loro fratelli), Marilla e Matthew Cuthbert, sono eccezionali. Le loro personalità vengono scandagliate con verità e passione, restituendo profondità a un romanzo che ha segnato l’infanzia di molte generazioni.

La serie canadese, coprodotta con Netflix, è molto fedele al romanzo di partenza, di cui riprende anche numerosi dialoghi. Il passato di Anna, prima dell’arrivo dai Cuthbert, è ripercorso attraverso drammatici flashback, che aiutano lo spettatore a comprendere la sfaccettata personalità della ragazzina dai capelli e dalle lentiggini rosse. Le immagini della serie, ambientata nell’Isola del Principe Edoardo, in Canada (anche se alcune riprese sono state realizzate in Ontario), sono inoltre magnifiche e maestose e rispecchiano l’immaginazione e lo spirito di avventura della protagonista.

Adattare un classico datato nel tempo non è un’operazione scontata. Se la storia già nota al pubblico è facile richiamo per l’audience e promette guadagni assicurati, la sfida è sempre quella di rendere attuale e appetibile per il pubblico moderno una vicenda datata nel tempo e restituire in immagini e in emozioni visive ciò che è racchiuso nelle pagine di carta di un libro di inizio ‘900.

 

Rispetto al romanzo originale e agli adattamenti finora realizzati, però, Chiamatemi Anna, propone un’eroina femminile particolarmente moderna nello spirito. Sebbene il racconto sia ambientato a fine ‘800, Anna sogna un futuro dove potersi realizzare umanamente e professionalmente. Definita da molti “bruttina”, Anna cresce con la convinzione di non essere fatta per il matrimonio. Nonostante faccia credere anche a se stessa che l’amore non le interessi, non è esente in realtà dai suoi turbamenti, anche se questo non le impedisce di sognare una vita in cui possa immaginarsi al tempo stesso una principessa con un vestito con le maniche a sbuffo, come le sue amiche, e una studiosa avida di scoprire il mondo. Anna ha una fervida immaginazione, non smette un attimo di parlare e riesce a trasformare in meglio la vita di chi le sta accanto, in particolare di Matthew e Marilla. Soprattutto il rapporto con quest’ultima, algida e rigida, non è subito roseo e facile, ma il carattere di Anna e la sua resilienza sono in grado di vincere anche i cuori più duri.

Non è raro, tra fine ‘800 e inizio ‘900, ritrovare il tema della trasformazione spirituale di un adulto per opera di un bambino, basti pensare a opere come Heidi (Spyri, 1880) o Pollyanna (Porter, 1913).

Ciò che rende diverso questo racconto dai precedenti è però il pubblico di riferimento. Il formato, i toni più cupi e il senso di angoscia che spesso accompagna gli episodi in un crescendo drammatico, si rivolgono a un pubblico più adulto, attraverso lo stratagemma narrativo della nostalgia. Attirati da un titolo a noi già noto, appartenente alle letture e alle serie televisive della nostra infanzia, siamo subito interessati dall’ennesima riproposizione, che ha però il merito di presentarsi, fin da subito, molto accattivante, proprio perché diversa dalle precedenti rivisitazioni. Ai fan più attenti non mancherà il piacere di riconoscere, tra una scena e l’altra e nello scambio di dialoghi tra i personaggi, molto di ciò che è stato ideato dalla felice penna di Lucy Montgomery.

 

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