Che succede in Ucraina?

Siamo alla rivincita di Kiev? L’esercito di Mosca è in rotta? È presto per dirlo. La guerra non finirà tanto presto
Ukrainian troops retook a wide swath of territory from Russia (AP Photo/Kostiantyn Liberov)

Col senno del poi, si potrebbe pensare che l’offensiva russa sul gas destinato all’Unione europea fosse una mossa per anticipare le gravi difficoltà dell’esercito della federazione in Ucraina. Non sembra però che la cosa sia così semplice. Come non è certamente così semplice la lettura che indica l’avanzata ucraina al nord-est, con la riconquista di buona parte dei territori tra Kiev e il confine russo, come una grande vittoria dell’intelligence che ha nascosto le vere intenzioni di Kiev, facendo pensare a un’offensiva piuttosto verso il sud e Kherson.

Quel che è certo, è che la situazione sul campo è più equilibrata di quanto si potesse pensare sino a qualche settimana fa: la resistenza ucraina è solida, sostenuta com’è dai massicci invii di armi da parte delle potenze occidentali. Ma ancor più per il lavoro di assistenza fornito da Stati Uniti, Gran Bretagna e altri militari occidentali all’esercito ucraino dal 2014 in poi. Assistenza che ha altamente irritato Mosca e che è stata tra le principali ragioni dell’intervento russo in febbraio 2022.

Sul campo, a parte l’avanzata nel nord, la situazione sembra permanere in una fase di stallo. I russi hanno evidenti difficoltà logistiche, prima ancora che nelle dotazioni di armi: condurre una guerra lontano dai propri confini è sempre una sfida innanzitutto logistica, perché assicurare gli approvvigionamenti adeguati alla guerra richiede forti radicamenti nel territorio.

Se nel Donbass i russi avevano ed hanno le basi necessarie, soprattutto negli oblast di Donetsk e Lugansk, meno si può dire per Kharkiv (il nord-est) e Kherson (il sud). E non a caso l’attenzione dell’esercito ucraino si è concentrata su queste due regioni, quasi con il sogno di poter poi prendere a tenaglia in un secondo momento il Donbass e, chissà, forse anche la Crimea. Ma siamo ancora lontanissimi da questi scenari…

La repentina avanzata verso nord-est dell’esercito ucraino è stata certamente sostenuta da un intenso lavoro di intelligence (la cyber-guerra) così come dall’uso massiccio di armi sempre più sofisticate, in particolare droni intelligenti, che per la loro flessibilità e le dimensioni ridottissime riescono là dove le armi convenzionali non possono arrivare.

È da sottolineare, poi, come per via di questi armamenti “leggeri”, l’aviazione russa non riesca più a dominare i cieli ucraini. I Mig e i Sukoi, ormai, sono facilmente individuabili dallo scudo digitale che ricopre quasi l’intero territorio ucraino. Scudo che è gestito da una serie di aerei in volo costante ai confini con il territorio ucraino; al confine, perché gli occidentali stanno attentissimi a non “sforare”, per non dare a Mosca il pretesto di intervenire contro Paesi terzi). Ma la cyber-war sta dimostrando come in realtà i Paesi occidentali siano in guerra, eccome, a fianco degli alleati di Kiev. Se la guerra è il regno della menzogna, lo è anche dell’ipocrisia pubblica.

Cosa aspettarsi nei prossimi giorni, nelle prossime settimane? Probabilmente, dopo la fiammata al nord-est, vi sarà un momento di ripensamento e di fortificazione da parte degli ucraini della porzione di territorio riconquistata. Certamente il morale dalle parti di Mosca non deve essere dei migliori: ma le cancellerie occidentali sanno bene che non bisogna provocare oltre un certo limite l’orso russo, che potrebbe reagire con zampate pericolose, non escluse le armi nucleari tattiche, nel caso in cui la situazione precipitasse. Siamo ancora, allora, in una guerra di posizione. Nelle prossime settimane si capirà se la crisi logistica russa è tale da dover ripensare la perdita del Donbass per Kiev, data ormai per scontata negli ultimi mesi.

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