Chaplin e l’importanza di ridere con gli altri

Nasceva il 16 aprile del 1889 il grande maestro e poeta dell'umorismo che non ride mai degli altri, ma insieme agli altri.

Scrissero il Devoto e Oli che l’umorismo è quel tipo di espressione che implica una profonda simpatia umana. Infatti non è mai ostile, l’umorismo, ma si accosta alla realtà per coglierne gli aspetti più divertenti e strampalati, con un atteggiamento di indulgente partecipazione. L’umorismo è leggerezza. E spesso va braccetto con la serietà. Quando riesce a produrre una miscela misurata di lievità e gravità, diventa poesia, e tocca le corde più sensibili dell’animo umano suscitando risate liberatorie, sorrisi e anche qualche lacrima. L’umorismo rompe pregiudizi e dispone l’animo alla comprensione. Non va confuso con la beffa e con l’ironia. «Quando si fa dell’ironia si ride degli altri – affermava quel fine pensatore che era Cipolla -. Quando si fa umorismo si ride con gli altri». Non è neppure comicità, il cui fine è il solo divertimento, e per raggiungere il risultato spesso si abbassa a trovate facili, grossolane o oscene. Non è arguzia, che è un piacere snob gradito agli intellettuali. Non è satira, che è figlia del risentimento, e si prefigge scopi morali, che spesso però sono totalmente di parte.

CHAPLIN ON HIGHWIRE

L’umorismo invece è universale. Il termine “umorismo” deriva da “umore”  ed ha a che fare con quel qualcosa di “umido”, di recondito, che sta dentro ad ogni persona ed è lì pronto a essere liberato da un vero comico. Allora come un torrente in piena scoperchia i nostri blocchi con una irrefrenabile risata, e porta il cuore in alto, verso quanto di più bello c’è nella vita. Charlie Chaplin è stato “il maestro” dell’umorismo. Con lui ha toccato le vette più alte, è diventato poesia. Il comico francese Jacques Tati disse: «I suoi lavori sono sempre contemporanei, e allo stesso tempo eterni».  Guardando i suoi film si continua a rimanere contagiati dal sapore dell’eternità. In quel capolavoro che è Il Circo, a Charlot-Chaplin gliene capitano di tutti i colori. Alla fine deluso, tristissimo, siede su un scatolone, tenendo in mano un pezzo di stoffa strappata, con l’immagine  della stella del circo. La carovana circense intanto parte, e con essa la donna di cui si era innamorato, e per cui tanto ha fatto, e che ora è sposata con un altro. Lui rimane lì, solo, seduto sullo scatolone. Poi si alza. Si incammina su una strada polverosa. È inquadrato di spalle, all’interno di un cerchio nero che lentamente si restringe,, la sua andatura ondeggiante, il suo bastone sempre in movimento. Poi, a un tratto, sempre inquadrato di schiena, alza prima una gamba poi l’altra, con un lieve scalciare. Come per scrollarsi di dosso tutta quella tristezza, e ricominciare. Mai un moto dell’anima è stato rappresentato in modo così sublime, con un quasi impercettibile scalciare. In quella mossa, tutta la poesia di Charlie Chaplin. Che nasceva proprio  130 anni fa, nel 1889.

Scene dal film Il Circo

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