C’è un rapporto dietro ad ogni cosa

Giovani da tutta la Penisola si sono riuniti a Loppiano per mettere in pratica insieme un nuovo modo di fare arte, che metta al centro i rapporti umani.

Trenta ragazzi da tutta Italia, tre laboratori tenuti da altrettanti professionisti del settore, e uno spettacolo da costruire insieme nel giro di una settimana: con queste premesse il laboratorio artistico “C’è un rapporto dietro ad ogni cosa”, dal 27 luglio al 2 agosto a Loppiano, lanciava un’avventura non da poco. Organizzato dall’associazione culturale Modo di Udine, il workshop è stato pensato per far emergere un nuovo stile di fare arte: uno stile che metta al primo posto, prima del cosa si fa, il come lo si fa. Il modo, appunto. Con questo assunto di base i tre gruppi si sono divisi il lavoro per arrivare alla performance finale del sabato sera, coordinati dal coreografo Pierluigi Grison.

 

Il gruppo di scenografia guidato da Enzo Gagliardi, docente di scenotecnica all’Accademia di Belle Arti di Catania, si è fatto carico di costumi e installazioni di scena. Un lavoro basato su un confronto autentico: «È la prima volta che mi capita di trovare un ambiente così – ha affermato Anna, studentessa di Belle Arti – nelle altre realtà conta solo la produttività, il risultato da raggiungere. Non c’è mai modo di riflettere su quello che si sta facendo, e costruire attraverso questa riflessione dei rapporti umani».

 

A comporre le musiche originali per l’occasione ha pensato il laboratorio di musica, diretto da Sandro Crippa. Il gruppo, per quanto eterogeneo – vi facevano parte sia studenti di conservatorio che giovani che si avvicinavano per la prima volta alla composizione – ha da subito, è il caso di dirlo, trovato l’armonia: «Non importa se uno già ha scritto musica in passato e può dare cento, e uno invece non ne sa quasi nulla e può dare dieci – diceva spesso Crippa – qui le cose funzionano perché ognuno mette del suo. Comporre tutti insieme e con tempi così stretti è una cosa unica, non lo fa nessuno».

 

A dare un contributo ad installazioni, coreografie e video è stato il laboratorio di arti visive, tenuto da Daniele Fraccaro. «Non mi aspettavo che emergesse una tale quantità di idee – ha osservato Laura, studentessa di mosaico a Spilimbergo – né di trovare tanta disponibilità a mettere da parte la propria idea perché emerga quella del gruppo».

 

Certo non tutto è stato rose e fiori: sono emerse alcune “divergenze artistiche” che hanno scaldato non poco gli animi, e difficoltà organizzative che hanno fatto sì che si arrivasse alla sera dello spettacolo con molti punti interrogativi ancora aperti. Ma, complice l’incontro del giovedì mattina in cui i giovani si sono impegnati a ricominciare sotto una luce nuova, nessun ostacolo ha compromesso il risultato finale.

 

Lo spettacolo “Un giorno come una vita” è andato in scena nella suggestiva cornice del lago di Tracolle, illuminato dalla luna. Gli oltre 150 spettatori sono stati coinvolti in prima persona nella performance, divisa in vari momenti lungo la riva del lago. Un viaggio simbolico da un giorno ad una nuova alba passando attraverso la notte, che il pubblico ha dovuto fare anche fisicamente, spostandosi attorno allo specchio d’acqua. L’applauso finale è stato la conferma che il messaggio lanciato dai giovani aveva toccato gli spettatori, tanto che alcuni di loro hanno subito chiesto se ci fossero in programma delle repliche.

 

Il giorno dopo i partecipanti al laboratorio non hanno potuto fare a meno di chiedersi come fosse stato possibile che, nonostante i tempi stretti e gli inconvenienti tecnici, tutto fosse filato liscio. A rispondere è stato Sandro Crippa, ribadendo ciò che ripeteva da una settimana: «Tutto ha funzionato grazie alla capacità di ciascuno di mettersi in gioco fino in fondo, di non tirarsi indietro mai. Lo ripeto: quello che abbiamo fatto qui è una cosa unica».

 

I trenta giovani artisti, dopo aver fatto il punto su cosa è stato fatto bene e cosa avrebbe potuto essere fatto meglio, si sono lasciati con la promessa di mantenersi in contatto: non solo in vista di una futura seconda edizione del workshop, ma anche per possibili collaborazioni in campo artistico. Perché se un’arte basata sui rapporti umani arriva a toccare l’intimo delle persone, come è successo sabato sera a detta degli stessi spettatori, può dare davvero un prezioso contributo per migliorare il mondo in cui viviamo.

 

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