«C’è tanto da fare, ma dobbiamo farlo insieme»

Intervista a Emanuela Gitto, vicepresidente nazionale per il Settore giovani dell’Azione Cattolica, sul lavoro e la precarietà giovanile

Emanuela lavora a Cimea, un centro che si occupa della promozione della mobilità accademica, dove è impegnata in progetti europei. Il suo percorso di studi si è focalizzato nelle relazioni internazionali, con una triennale in Scienze internazionali e diplomatiche e una magistrale in Mediazione inter-mediterranea. In più, ha fatto dei soggiorni di studio e tirocinio in Estonia, Tunisia e Algeria.

Di cosa ti occupi nell’Azione Cattolica?

La nostra prima attività è far sì che i giovani si sentano accompagnati in un percorso di formazione che si realizza poi nei gruppi parrocchiali e nelle attività associative diocesane. C’è anche la cura dell’unitarietà, noi come giovani partecipiamo a tutti i lavori della presidenza nazionale e del consiglio nazionale. La nostra voce conta e prende forma insieme alla voce degli altri.

Come si fa, da giovane, a conciliare il lavoro, l’impegno associativo e la sfera privata?

L’associazione ci aiuta a rendere la nostra vita più salda. Come giovani il nostro posto è nel mondo. La sfida è di tenere tutto insieme, di essere coerente tra quello che fai e quello che sei, di evitare di vivere vite parallele. Siamo un tutt’uno.

Che importanza e che approccio dà l’AC al tema del lavoro?

Questo argomento ci interessa perché come laici siamo chiamati ad abitare gli ambienti di vita, quindi scuola, università e lavoro. Nello specifico, il lavoro è un ambito di impegno dove vivere in modo coerente la Parola.

Precarietà giovanile, fuga di cervelli, sfruttamento lavorativo; come invertire questa situazione?

Da un lato è vero che i dati sull’occupazione in Italia non sono rosei, soprattutto nell’ultimo periodo. Questo ci dice di una mancanza di progettualità su tutti i livelli che chiaramente deve essere risolta sul piano di scelte politiche che vadano in questa direzione di accompagnamento dei giovani nel mercato del lavoro. Dall’altro, come associazione, ci domandiamo come accompagnare queste persone a trovare loro stesse un percorso che abbia senso per le loro vite.

Cosa possono fare i giovani per crescere professionalmente?

C’è un discorso di base che è quello di far sentire i giovani pienamente coinvolti nella società, di farli sentire utili. Come giovani vogliamo dire intanto che ci siamo, che siamo competenti, che vogliamo dare il nostro contributo. Abbiamo anche bisogno, dall’altro lato, di adulti che siano disposti al dialogo e con cui si possa costruire qualcosa.

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