Ma che c’è da ridere in prigione?

Insieme alla cugina criminologa, la giovane comico e youtuber Sofía Niño de Rivera ha avviato un progetto pilota per un gruppo di recluse insegnando loro a ridere e far ridere

 

Sofía Niño de Rivera è una delle prime interpreti donne della rinata stand-up comedy: un artista solo su un palco con il compito di divertire. Lo fa brillantemente, tanto che è la prima donna protagonista di uno special di Netflix in spagnolo, e il suo nuovo show, si intitola Non è quello di Netflix. E come si usa oggi, ride delle convenzioni, prende in giro se stessa e i difetti nazionali «che sono virtù per i comici». La fama conquistata l’ha proiettata anche come youtuber, e dal suo canale con 230 mila fans critica con simpatia pungente ma anche con serietà e durezza i mali della politica e della società messicana, sempre con un invito alla partecipazione cittadina e mettendo in luce il positivo. Ed impegnandosi in prima persona, ad esempio, per la raccolta di fondi del dopo terremoto.

Da qualche tempo, in seguito all’invito della cugina, la criminologa Saskia Niño de Rivera, ha iniziato un progetto di appoggio alle recluse del mega carcere di Santa Martha Acatitla di Città del Messico. Tutto cominciò con la richiesta della cugina di offrire uno show di beneficenza per la Ong che dirige Reinserta (reinserisci), che si occupa di prevenzione e reinserimento sociali degli ex detenuti, con attenzione particolare posta sugli adolescenti, in uno dei Paesi più violenti e con più carcerati del mondo. In risposta, Sofía propose di introdurre lo stand-up, o monologo comico, nelle carceri, convinta che imparare a ridere e a far ridere faccia bene a tutti e sia particolarmente necessario per chi vive rinchiuso, come strumento per superare frustrazioni, rabbia e depressione.

«Le donne in prigione non hanno praticamente nulla che le aiuti a gestire i loro problemi emotivi», asserisce la comico trentacinquenne. «Credo che lo stand-up possa aiutarle», perché «è uno strumento di catarsi. Mi ha aiutato molto nella vita», afferma. In effetti, nelle prigioni messicane si vive al limite della dignità: sovraffollamento, violenze di ogni tipo, minacce, estorsioni e abusi, anche da parte di secondini, sono all’ordine del giorno. E anche se le donne sono solo il 5% dei 211 mila abitanti dei penitenziari del Paese, ricevono meno visite ed hanno più probabilità di essere abbandonate dai loro familiari rispetto agli uomini, secondo una ricerca di Reinserta.

Saskia, la sua direttrice, spiega che le recluse accedono molto di rado all’accompagnamento psicologico e, anche quando ne hanno la possibilità, trovano molto problematico mettere in pratica i consigli degli specialisti quando devono pensare alla loro vera e propria sopravvivenza nelle loro celle. In questo contesto parrebbe proprio che non ci sia molto da ridere… Anzi, che sia proprio fuori luogo. Ma per le due cugine era una scommessa che si poteva vincere. Un punto a favore è il carattere del messicani, famosi nel mondo per essere amanti della fiesta e per ridere di tutto. «Persino della morte. Chi altri nel mondo lo fa?», suole dire Sofía. Si riferisce al celebre dia de muertos, l’originalissima maniera di celebrare il 2 novembre in ogni angolo del Paese: con feste, musica, balli e un cenone, accompagnati dai “cari estinti”, presenti in foto tra teschi e fiori, in appositi altari a più livelli. Una tradizione antichissima, sono in apparenza superficiale, che onora profondamente la vita.

Furono 10 allora le lezioni che la comico diede a un gruppo di recluse a Santa Marta Acatila durante l’estate. Saskia aveva convinto le autorità penitenziarie a provarci grazie al profilo pubblico della cugina e all’efficacia del lavoro carcerario di Reinserta. Fu più difficile trovare interne che volessero partecipare alle lezioni. «Lo stand-up è relativamente nuovo in Messico», spiega Saskia. E poi «le carcerate non sapevano chi era Sofía né cosa facesse». La commediante insegnò loro a ridere delle loro proprie esperienze e, per aiutarle, dovette farsele raccontare, cercare di introdurre elementi ironici o buffi e osservare come li applicavano e trovavano a loro volta i loro personali spunti comici. La comicità «è un utensile che non sapevano di possedere».

Ci volle del tempo, ma poco a poco, con tanta empatia, Sofía conquistò la loro fiducia. Non è mancato qualche contrattempo, perché il tempismo, nella commedia, è la chiave di tutto… Così una reclusa ha passato qualche tempo in isolamento per aver preso in giro la parlata di un secondino davanti a lui… Diciamo che sbagliando si impara. Tuttavia, l’esperimento è stato un successo. Il sottosegretario del sistema penitenziario della capitale, Hazael Ruíz, attesta che le lezioni di Sofia hanno aiutato a ridurre le tensioni a Santa Martha Acatitla, e sta organizzando lo stesso corso in un’altra prigione femminile. In seguito, probabilmente, toccherà anche agli uomini. «Le giovani che hanno partecipato hanno evidenziato un cambiamento attitudinale molto positivo, testimonia Ruiz. «Con lo stand-up hanno trovato un modo di canalizzare la negatività che sperimentano. Vanno più d’accordo fra di loro, con meno tensione, e – conclude – la loro nuova visione della vita è contagiosa».

Sofía si sente incoraggiata dai risultati, ma avverte che il Messico deve fare di più per generare condizioni più umane nelle carceri. «Il Paese ne beneficerebbe se la gente che vive in prigione si riabilitasse davvero e, quando uscisse, non consumasse droghe e non riprendesse la vita di prima», ha detto alla Bbc. È una convinzione pienamente condivisa anche da Saskia. Oggi le cugine lavorano a un documentario di sensibilizzazione sulle condizioni di vita delle carceri messicane. È essenziale, secondo loro, insieme a far capire che «criminali non si nasce: i criminali li fa la società, li facciamo noi», come afferma Saskia che, con Reinserta, sta trasformando ex carcerati in coraggiosi «agenti di cambiamento» nei loro stessi quartieri di provenienza.

 

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