C’è posta per tutti

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Metropoli: una grande città moderna, neanche tanto difficile da immaginare, i cui abitanti avevano deciso di circolare tutti con i pattini a rotelle per poter andare ancora più in fretta e fare, fare, fare un sacco di cose. Le persone sfrecciavano via per le strade come saette e se a qualcuno capitava di incontrare un conoscente, non faceva in tempo a salutarlo perché quello aveva già svoltato l’angolo.

 

Una notte, qualcuno arrivò a Metropoli e appese una cassetta per le lettere all’inizio e alla fine di ogni strada, facendo ben attenzione a non dimenticarne neppure una.

Il mattino dopo gli abitanti di Metropoli si alzarono e incominciarono a correre, come sempre. Anche Matteo infilò i pattini a rotelle e uscì di casa, per recarsi a scuola. Naturalmente non vide subito la cassetta per le lettere perché andava troppo di corsa, ma dopo avere percorso quattro strade, la notò. Era una cassetta a righe gialle e arancioni e sopra portava scritto, in oro: «Lettere per un amico». Matteo si domandò: «E chi è un amico?». Poi riprese a correre sui suoi pattini. Intanto altre persone avevano notato le cassette per le lettere e tutti si erano incuriositi davanti alla scritta.

 

La sera, dopo aver terminato i compiti, Matteo ripensò alla cassetta per le lettere e al suo sconosciuto destinatario, prese in mano un foglio di carta e incominciò a scrivere: «Caro Amico, anche se non so chi sei, il tuo nome mi piace molto. Io mi chiamo Matteo, ho sette anni, vado a scuola e sono bravo. Io delle volte mi annoio a giocare sempre da solo, così mi piacerebbe tanto avere un gattino. Lo chiamerei Biscotto, lo curerei molto bene e gli darei sempre il fegato da mangiare (perché a me non piace). Ciao da Matteo».

 

Intanto, in un’altra casa, una bambina che si chiamava Barbara stava piangendo da sola, al buio, nel suo lettino. Ad un tratto, accese la luce, si alzò, strappò un foglio dal suo quaderno e scrisse così: «Caro Amico,            io sono Barbara e tu? So solo che ti chiami Amico, ma devi essere molto buono perché le cassette per le lettere che hai appeso in tutta la città sono molto belle. Perciò ti scrivo per dirti una cosa che non ho avuto il coragio di dire al papà, per paura di essere sgridata: oggi a scuola ho preso una brutta insufficenza in italiano. Mi puoi consolarmi? Ti saluta la tua amica Barbara».

 

Mentre Barbara spegneva la luce e tornava più serena nel suo lettino, all’ultimo piano della stessa casa una signora stava contando i soldi nel suo borsellino e scuoteva la testa, con aria triste e preoccupata. Finalmente si decise a prendere in mano un foglio azzurrino e scrisse: «Caro Amico,              non so se sei giovane o vecchio e se hai il tempo di ascoltare le lamentele di una vecchia signora. Ma io non so a chi dire che sono molto preoccupata perché non ho abbastanza soldi per poter fare la spesa domani. Dovrò mettermi su una strada a chiedere la carità? Ma mi vergogno tanto! Grazie per avermi ascoltata, anche se non puoi fare niente per me perché non ci conosciamo. Un caro saluto da Rosetta». 

Quando Matteo, Barbara e la signora Rosetta imbucarono le loro lettere, notarono che molte persone si fermavano agli angoli delle strade a imbucare buste di tutti i colori e di tutti i formati.

 

Il giorno dopo, Matteo trovò davanti alla porta di casa un cestino dal quale proveniva un leggero miagolìo. Sul cestino c’era questo biglietto: «Caro Matteo, sei fortunato! Proprio in questi giorni, Chicca, la mia gatta, ha fatto quattro gattini. Per me sono troppi da tenere, perciò sono contento di regalartene uno, perché so che lo terrai con cura. Il tuo Amico».

Matteo era felice, lesse e rilesse il bigliettino ed esclamò: «Ma questa è la scrittura del mio maestro!».

Prese un quaderno di scuola per controllare i “Distinto. Bravo! Ottimo”, scritti sotto i suoi compiti e concluse: «Sì, è proprio lui, è lui il mio amico, devo andare a ringraziarlo!».

 

Barbara invece trovò una letterina sul comodino che diceva così: «Cara Barbara, può capitare a tutti di prendere un’insufficienza (con la “i”!). L’importante è non scoraggiarsi e mettercela tutta per migliorare. Io so che tu ti impegni, perciò ti dico: coraggio (con due “g”!), vai avanti! Io ti aiuterò. Ti voglio tanto bene! Il tuo Amico».

Barbara riconobbe subito la scrittura del suo papà e ridendo e piangendo insieme, corse in camera dei genitori, saltò sul lettone e gridò: «Oh, papà, papà, sei tu il mio amico!».

 

Anche la signora Rosetta trovò una busta, infilata sotto la porta. Dentro alla busta c’erano alcune banconote e un biglietto scritto a macchina che diceva così: «Cara signora Rosetta,                   sono contento di poter fare qualcosa per lei, anzi le chiedo scusa per non essermi accorto prima delle sue difficoltà. D’ora in avanti sappia che, nei momenti difficili, potrà sempre contare su di me. Il suo Amico».

Letto il biglietto, la signora Rosetta si disse: «Deve avermelo mandato quello scrittore dall’aria così gentile che abita di fianco a me. Lo sento sempre battere a macchina!».

 

Insomma, non ci fu nessuno quel giorno, in città, che non ricevette una lettera scritta da qualcuno che conosceva. Ma allora tutti erano amici: il lattaio, il maestro, il medico, il vicino di casa, il farmacista, il papà. E dopo questa bella scoperta, sapete cosa fecero gli abitanti di Metropoli? Buttarono tutti i pattini a rotelle nella pattumiera perché adesso, per strada, dovevano fermarsi a salutare un sacco di amici.

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