C’è o non c’è

Era un giovedì sera e viaggiavo in treno diretto a Baar, in Svizzera, per incontrare alcuni miei amici. E intanto leggevo il libro che mi aveva prestato Luca, Se Dio c’è (di Sergio Zavoli e Piero Coda). Il treno era pieno di gente; al mio fianco era seduta una ragazza, di fronte due uomini. Ad un certo punto lei, che doveva aver notato il titolo del libro, mi dice: “Allora, qual è la risposta?”. Non immaginavo parlasse l’italiano. L’ho guardata con un’espressione interrogativa. “C’è o non c’è?” si è spiegata la ragazza. L’uomo di fronte (evidentemente anche lui parlava italiano) ha drizzato le orecchie. Le ho sorriso: “Sì, c’è”. “Ne sei proprio sicuro? Al cento per cento?” (credo che ci siamo dati del tu subito). “Sono sicuro che Lui c’è, come sono sicuro che adesso ci troviamo su un treno”, ho risposto. “E cosa ti dà questa certezza? ” ha insistito lei, mentre l’altro si faceva più attento. Ho riflettuto un po’, poi: “So che c’è perché l’ho incontrato”, ho risposto con una serietà divertita (quel giorno Gesù si era fatto trovare con una fedeltà insospettata in un momento di difficoltà; e poi l’avevo appena ricevuto alla messa). “L’hai incontrato? E quando?”. “La prima volta è stato tanto tempo fa – ho continuato -, ma anche oggi; e in un modo molto particolare!”. “Ed è bello incontrarlo? Come lo si riconosce? È sempre uguale?”. “Beh, no. Anzi si presenta spesso in modo diverso. Ma ogni volta ha una tattica sua per conquistarti”. “Che domande!”, ha osservato il signore di fronte, manifestando la sua conoscenza della mia lingua. “E tu cosa ne pensi?” gli si è rivolta la ragazza. L’altro, con calma, alzando la testa: “Credo, credo… che abbia ragione lui” e ha indicato me. “Allora siamo in tre a crederci”, ha osservato lei, fra le risate. “Ma potremmo anche chiederlo a lei” ha aggiunto il compagno, indicando una suora che si trovava in fondo al treno. A un certo punto ho detto: “Perché non ci presentiamo? Sappiamo di chi parliamo, ma non sappiamo con chi parliamo!”. “Maria”, “Antonio”, “Andrea”. “E tu che lavoro fai?” mi ha chiesto Maria. Gliel’ho spiegato. “Ma allora non c’entra con la religione! “. Non direttamente, ma la religione c’entra con tutto, e quindi…”. “E tu cosa fai?” “Frequento una scuola di belle arti “. A sua volta Antonio ha spiegato che faceva il sarto. E la conversazione si è animata. Alla fine io dovevo scendere a Zurigo, mentre loro continuavano per Lucerna. Mentre mi alzavo, salutando, ho ancora aggiunto: “Ciao, Maria; ciao, Antonio. Allora… auguro anche a voi di incontrarlo”. “L’abbiamo appena incontrato!” ha soggiunto la ragazza.

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