Cattolici e ortodossi di nuovo in dialogo

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Èun indiscutibile segno di speranza per l’Europa la ripresa del dialogo tra cattolici e ortodossi. La situazione determinatasi nel Vecchio continente dopo il crollo dei muri, con la riconquistata libertà di culto per le Chiese orientali cattoliche in territorio a maggioranza ortodossa, ha riaperto, negli anni Novanta, ferite mai rimarginate nelle relazioni tra cattolici e ortodossi. E ciò ha provocato uno stallo nel dialogo della carità inaugurato da papa Paolo VI e da Atenagora I, poi proseguito con l’istituzione, per volontà di Giovanni Paolo II e di Demetrios I della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico. Benedetto XVI, all’indomani della sua elezione alla cattedra di Pietro, ha ribadito la volontà di procedere nell’impegno del dialogo ecumenico, volontà riaffermata nella dichiarazione da lui firmata con Bartolomeo I in occasione della visita di quest’ultimo in Vaticano, il 29 giugno 2005. E così, dal 13 al 16 dicembre, si è svolto a Roma l’incontro inaugurale di questa nuova fase di dialogo. In un clima di profonda intesa, si è proceduto alla preparazione della plenaria della commissione, ospite della Chiesa ortodossa di Serbia a Belgrado, nel settembre del 2006. Il tema che verrà affrontato è quello dell’ecclesiologia di comunione quale adeguato contesto per approfondire innanzi tutto le convergenze di fondo tra le due chiese, ma anche per inquadrare con pertinenza le questioni che restano controverse. Incontrando i partecipanti all’incontro, Benedetto XVI ha sottolineato: Non possiamo accontentarci di rimanere a stadi intermedi, ma dobbiamo cercare senza sosta, con coraggio, lucidità e umiltà, la volontà di Gesù Cristo, anche se questo non corrisponde ai nostri semplici progetti umani. Si riparte, dunque, resi più consapevoli, dopo le recenti difficoltà, che la via maestra da percorrere è quella dell’ecumenismo spirituale, e cioè di quell’attitudine alla reciproca accoglienza che rende possibile la presenza di Gesù risorto tra coloro che sono uniti nel suo nome, recando con sé i doni dello Spirito, unico artefice di autentica e duratura comunione. Del resto, sono le urgenze stesse che abitano la storia del nostro oggi a rendere ineludibile l’obiettivo della piena unità, nella legittima pluriformità, dei due polmoni che hanno animato la storia del cristianesimo in Europa. Solo in questo orizzonte, la testimonianza dei cristiani potrà porre le premesse perché l’Europa torni a svolgere, con competenza e profezia, il compito che le compete nel concerto dei popoli.

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